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 2024  maggio 14 Martedì calendario

Per scalare l’everest si pagano diecimila euro

Lo chiamano «Everest man» e domenica mattina, alle 7.25 locali, ha ricordato a tutto il mondo dell’alpinismo il perché. Kami Rita, sherpa nepalese di 54 anni, ha battuto di nuovo il record di salita della montagna più alta del mondo mettendo piede per la 29esima volta sulla vetta. Il primato, in realtà, era già suo: lo ha riconquistato lo scorso anno, scalando per due volte l’Everest. Con la prima ascensione – ovvero la 27esima – ha raggiunto il suo eterno rivale e amico Pasang Dawa, un altro sherpa. Con la seconda, si è ripreso il record e il titolo di «uomo dell’Everest».
Rita è uno dei più conosciuti veterani del gigante di roccia e ghiaccio: raggiunse per la prima volta gli 8.848 metri della vetta nel 1994 e da allora vi ha fatto ritorno quasi ogni anno, con tre eccezioni. E ogni volta lo ha fatto per accompagnare uno dei suoi clienti: «Per loro è un sogno, per me è un lavoro», ha scritto la guida sulla sua pagina Instagram la scorsa settimana, per annunciare dal campo base il suo ennesimo tentativo.
Sempre domenica, un altro record è stato infranto sulla montagna più alta del mondo: l’inglese Kenton Cool, 50 anni, con la sua 18esima salita è il non nepalese ad averne compiute di più. Per lui, però, il suo primato non è nulla di eccezionale: «Tutto l’interesse per le mie ascese mi stupisce: molti sherpa ne hanno compiute più di me», aveva detto all’Afp nel 2022. E dire che Cool, originario del Gloucestershire (una regione inglese sul confine col Galles), nel 1996 si ruppe entrambi i calcagni in una caduta durante un’arrampicata su roccia.
Anche lui è una delle guide più conosciute dell’Himalaya, anche lui era in compagnia di un cliente. Come Rita, anche Cool è salito per la via che corre lungo la cresta sud-est, quella aperta nel 1953 dai primi salitori dell’Everest: il neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa Tenzing Norgay. Da allora, la montagna più alta della terra è stata terreno di conquista per i più grandi alpinisti e teatro di imprese ai limiti dell’umano: da ricordare quelle compiute da Reinhold Messner, che nel 1978 fu il primo ad arrivare in cima senza ossigeno e due anni dopo la raggiunse di nuovo scalando in solitaria. Come in tutte le sue salite himalayane, l’altoatesino restò fedele allo «stile alpino»: nessun portatore, nessuna corda fissa, nessun campo d’alta quota allestito in precedenza.
In pratica, il contrario di quanto accade oggi sull’Everest: ogni anno centinaia di alpinisti, ma anche amatori, chiedono alle autorità il permesso per tentare la salita. Per averlo pagano migliaia di dollari (circa diecimila), poi si affidano a guide (come Rita e Cool) che li accompagnano passo dopo passo fino alla cima, trovando lungo il percorso tutto il necessario già predisposto. Bombole d’ossigeno comprese. L’anno scorso, per dire, sono arrivate in vetta 600 persone. Anche l’Everest, insomma, è ormai un’attrazione turistica dove si fa la coda. A 8.800 metri.