La Stampa, 13 maggio 2024
Le mamme assassine non vengono quasi mai condannate all’ergastolo
Fine pena mai per tutte le madri che uccidono i propri figli? La storia giudiziaria del nostro Paese dimostra che l’ergastolo raramente viene inflitto alle mamme assassine. Certo, nel caso di Alessia Pifferi siamo ancora al primo grado di giudizio, dovremo attendere l’appello e la Cassazione per una sentenza definitiva, ma tra le 37 ergastolane detenute in Italia non ci siano mamme che si sono macchiate del figlicidio. Contro 1.887 ergastolani, le 37 donne che non usciranno più dal carcere sono terroriste o mafiose.
Alessia Pifferi, invece, viene punita con la condanna più severa. L’ultimo verdetto esemplare riguarda Veronica Panarello, che uccise il figlio Loris: 30 anni di prigione già in primo grado poi confermati dagli Ermellini. Per Anna Maria Franzoni, che ammazzò il figlio Samuele, 16 anni di cella scesi poi a 10 per effetto dell’indulto e della buona condotta.
Secondo il professor Franco Coppi «quella della Pifferi era una sentenza annunciata, non solo per le aggravanti, a partire dal rapporto filiale, ma anche per le modalità dell’omicidio. Ha commesso un’azione agghiacciante, abbandonando la piccola di soli 18 mesi per 6 giorni. Credo che sull’ergastolo abbia influito molto la sua condotta: i fatti parlano da soli. Ergastolo è una parola che mette paura, ma non puoi lasciare sola una bimba così piccola. Tanto più se sei stata ritenuta capace di intendere e di volere». In merito a uno sconto di pena per i prossimi due gradi, il penalista ipotizza che «molto dipenderà dalle motivazioni della sentenza. Siamo comunque di fronte a un fatto macroscopico».
Non la pensa allo stesso modo un altro penalista, l’avvocato Nicola Madia: «Credo che in appello la pena verrà ridotta. Purtroppo, questo ergastolo è il frutto di un populismo giudiziario che fatica a riconoscere l’incapacità di intendere e di volere. Si pensa che se l’imputato viene considerato non lucido la fa franca, mentre invece viene giustamente trasferito in una Rems dove può essere curato. Inoltre, nel caso della Pifferi non si è tenuto conto della lezione di Basaglia per cui una deviazione caratteriale può creare una patologia tanto quanto una schizofrenia».
A un possibile futuro sconto di pena guarda anche lo psichiatra forense Massimo Picozzi: «In primo grado l’ergastolo, con la perizia che l’ha giudicata capace di intendere e di volere, era inevitabile. Ma non so se nei prossimi due gradi i giudici saranno così rigorosi, soprattutto se ci sarà un’integrazione di perizia sulla storia clinica». Il professor Picozzi aggiunge inoltre che «considerata l’efferatezza dell’uccisione di un figlio la si bolla come un pensiero intollerabile dove l’etichetta del mostro prevale su quella del folle».
A un’assistenza psicologica in carcere per Alessia Pifferi punta l’ex Garante nazionale per i detenuti Mauro Palma: «La giustizia deve fare il suo corso, ma il fatto che sia stato imposto l’ergastolo invece che il ricovero in una Rems non significa che non si debba offrire tutto il supporto psicologico necessario. Anche perché chi compie un delitto così atroce come togliere la vita alla propria figlia, può anche fare del male a se stessa. Sono fiducioso sull’assistenza psicologica nel carcere di San Vittore».
È invece destinata a non subire l’ergastolo Adalgisa Gamba, ritenuta ieri incapace di intendere e volere per una psicosi quando la sera del 2 gennaio 2022 a Torre del Greco, in provincia di Napoli, ha ucciso suo figlio. La sua condizione è sostenuta dai tre superperiti a cui alla fine dello scorso gennaio la prima sezione della Corte di Assise di Napoli ha affidato il compito di fare definitivamente luce sul presunto vizio di mente dell’imputata, sotto processo per l’omicidio del suo secondogenito.
Per quanto riguarda, infine, le ergastolane, tra le più note ricordiamo le brigatiste Nadia Lioce, Susanna Berardi, Maria Cappello, Barbara Fabrizi, Rossella Lupo e Vincenza Vaccaro, tutte con un curriculum ricco di arresti, sparatorie, omicidi e rivendicazioni. Spiccano anche due mafiose. La prima boss della ‘ndrangheta, Nella Serpa e lady Camorra Maria Licciardi, entrambe al carcere duro del 41 bis.