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 2024  maggio 13 Lunedì calendario

Lettera di Chico Forti

Pubblichiamo una lettera che Chico Forti, da 24 anni detenuto in carcere negli Stati Uniti, ha scritto alla propria madre 96enne in occasione della «festa della mamma». Forti, condannato in Florida per l’omicidio di Tony Pike, è in attesa dell’estradizione in Italia, come annunciato dal premier Giorgia Meloni.

Ero poco più che bambino e altro che Pierino, ogni giorno ne combinavo una: scavavo una grotta nel tappeto, bruciavo le tende col piccolo chimico, mettevo le scarpe da calcio di mio padre con un rotolo di carta igienica per riempire gli spazi...
Mi trovavo a Lavazè, il passo che separa il mio amato Trentino dall’Alto Adige, per la consueta vacanza estiva con mia madre, mio padre, mio fratello e la mia famiglia estesa, i Podetti. Nel laghetto che al tempo consideravo un mare, avevo visto una salamandra e mi era piaciuta. Diversa dai soliti animali che avevo adottato fino ad allora sul poggiolo di casa: gatto, riccio, criceto, pipistrello, coniglietto, pesciolino rosso... Decisi di raccoglierla. Avevo però bisogno di un contenitore dove poter mettere un po’ d’acqua del lago per permetterle di sopravvivere. Lì vicino nulla, in quegli anni (spero tutt’ora) nelle valli trentine non esisteva inquinamento, vetro o plastica che fosse.
Rimasi ad osservarla per un po’, rassicurandomi che non fosse un esemplare nomade. Convinto di ritrovarla, rientrai all’albergo, corsi in stanza, determinato progenitore di Indiana Jones, e – trovata una bottiglietta per l’uso contemplato -, ne versai il contenuto, di aroma gradevole, nel lavandino. Corsi al laghetto, raccolsi la salamandra ignara della sua sorte. Rientrando fiero, mostrai la mia nuova mascotte a Fiore e Tiziana Da Damos, figlie del titolare degli impianti di risalita. Nonostante avessero una decina di anni più di me, con un precoce concetto di proprietà, le annoveravo tra le mie amiche speciali. Entrambe, perplesse, mi chiesero dove avessi preso quella bottiglietta. Nessun riferimento al mio nuovo animaletto rossonero che avevo chiamato Rivera (avevo dato per scontato, nonostante il nome finisse con la lettera A, fosse un maschietto).
Imperterrito, alla Snoopy, io proseguii a mostrare a chiunque quel mio nuovo trofeo. Nell’entrare al «Dolomiti», per tradizione il nostro albergo, vidi Adriana Podetti, per me una seconda mamma, (com’è piccolo il mondo, in passato lei aveva raggiunto la finale di Miss Italia di Mirigliani). Anche lei portava sul volto un’espressione preoccupata.
Entrato in stanza, il mio sorriso rimase stampato sul palmo della mano di mia madre. Il tintinnio nelle orecchie mi impedì di sentire del tutto la sua infuriata accompagnatoria. Comunque compresi d’aver svuotato la sua bottiglia di profumo favorito!
Una reazione giustificata, provocata da un bambino terremoto che aveva la pelle dura per gli schiaffoni – normalmente indirizzati verso il deretano, raramente al viso.
Immediatamente compresi di averne fatta un’altra delle mie. Con l’impronta delle dita in faccia, ma senza troppo dolore, relegato in stanza in punizione, solitario (Rivera era passato a miglior vita, ebbro di fumi di profumo come Mick Jagger prima di un concerto). Facendo capolino, vidi mia madre piangere. E quello fu molto più doloroso dello schiaffone. Zia Adriana, poco dopo, elaborò ciò che avevo già compreso: quello schiaffone aveva provocato molto più dolore a mia madre che a me. Lei pentita, stava soffrendo per me.
Oggi, dove mi trovo io, una punizione fisica può avere conseguenze severe. Eppure io sono convinto che il dolore di mia madre avrebbe superato ogni sentenza giuridica. In quell’istante mi resi conto dell’intensità dell’amore di una madre nei confronti del figlio. La reazione a quel suo gesto inusualmente irrazionale, servì a farmi diventare un uomo migliore, ma soprattutto a crescere i miei figli perseguendo il concetto di giusto e giustizia. Mai una volta né io Heather abbiamo punito fisicamente i nostri figli, non solamente per autocontrollo, ma perché non sussisteva motivazione. Tanto del merito ricade su mia madre.
Il compito di madre, non è un’impresa priva d’impegno e sacrifici, al contrario. Come in ogni lavoro faticoso, alla fine i frutti si raccolgono.
Nella giornata dedicata alle mamme, il mio affetto non solo è rivolto a mia madre, ma anche alle milioni di madri che non di rado soffrono per poter dare un futuro migliore ai propri figli.