Il Messaggero, 13 maggio 2024
Fenomenologia di una chitarra
Ci sono oggetti in grado di trascendere la loro forma fisica e di trasformarsi in simboli, icone, sinonimi. Ci sono oggetti il cui nome proprio diventa nome comune. Il walkman, per dirne uno, non era un modello Sony di registratore a cassette portatile, era diventato il registratore stesso. È raro, ma a volte accade. Come quella volta che, settant’anni fa, il liutaio americano Leo Fender abbozzò sul tovagliolo di un bar la forma di una chitarra elettrica, una “solid body”, come si chiamano quelle senza cassa armonica. Quello schizzo sarebbe diventato la Stratocaster, ovvero la chitarra, anzi, il rock per eccellenza.
L’EVOLUZIONE
Fender veniva dal successo della sua Telecaster, una chitarra massiccia che sarebbe diventata sinonimo di country nonché una delle elettriche più longeve della storia, ancora oggi apprezzata nella sua purezza. La Stratocaster doveva esserne l’evoluzione: un corpo sinuoso, più maneggevole e leggero, tre pick-up invece di due per dare più variazioni al suono e un ponte mobile, con una leva che permette quel particolare effetto che è il vibrato. Forse non immaginava, Fender, che in quella semplice ricetta c’era l’essenziale per dar vita alla rivoluzione del rock, quello che sarebbe entrato nelle case di milioni di persone e che avrebbe terremotato indelebilmente l’immaginario di tutte loro, cambiando per sempre il concetto stesso di musica pop.
L’EVENTO
Probabilmente non lo aveva ancora capito quando, il 15 maggio del 1954, la “Strat” fu commercializzata, né quando, nel 1957, Buddy Holly la scelse per apparire in tv all’Ed Sullivan Show. E neppure quando la adottò George Harrison dei Beatles. Forse lo capì davvero solo dopo aver ceduto la sua azienda alla Cbs nel 1965, quando Jimi Hendrix salì sul palco del Festival di Woodstock imbracciandone una al contrario, visto che era mancino. Era il 18 agosto 1969, e lo sciamano del rock eseguì sul palco una versione dell’inno statunitense che sarebbe rimasta nella storia della cultura popolare. Con il suo rituale (che comprendeva spesso il dare fuoco allo strumento) lo sciamano trasformò la Stratocaster in un simbolo, e lo stesso fecero tanti altri artisti, da Jeff Beck a Mark Knopfler, da David Gilmour a Stevie Ray Vaughan, da Eric Clapton fino a John Frusciante e Tom Morello (quest’ultimo è anche uno dei testimonial della linea speciale di chitarre appena realizzata da Fender per il 70esimo anniversario della Stratocaster). Un simbolo che oggi è nell’Olimpo del rock insieme a un altro modello iconico, la Gibson Les Paul.
IL LEGNO
«La Strat è uno strumento molto semplice rispetto alla Les Paul», spiega lo storico chitarrista di Litfiba e Ligabue (oltre che collezionista di chitarre), il 56enne Federico Poggipollini, «sono due pezzi di legno messi assieme, eppure è la chitarra più avvolgente e versatile che ci sia. Puoi suonarci tanto in acustico quanto in distorto. Ed è anche personalizzabile: puoi cambiare con facilità ogni componente e renderla davvero tua. Per non parlare del vibrato: Jeff Beck lo ha portato a livelli altissimi con la sua versione di Stratocaster “Plus”, creando un suono contagioso per molti chitarristi come me, facendo assomigliare questo strumento a un violino. Ho tantissime chitarre, ma se devo sceglierne una, scelgo la Strat». «Ha un design geniale», sottolinea Enrico “Drigo” Salvi, 55 anni, chitarrista dei Negrita, «è uno strumento femminile e sexy, mentre la Les Paul è più maschile, tanto nelle forme quanto nel suono. Ho sognato una Stratocaster per tanto tempo quando ero adolescente, ad Arezzo. Me la regalarono per il mio 18esimo compleanno, e quella chitarra la conservo ancora, la tramanderò a mio figlio. Hendrix, Clapton, Knopfler, Beck, Gilmour sono i miei principali riferimenti, e la loro musica risuona anche in me».
LA SCIA
Ed è ciò che pensa anche lo storico chitarrista degli Stadio, Ricky Portera, 70 anni compiuti lo scorso 12 maggio, solo tre giorni prima della Stratocaster: «Sono nato insieme a lei», ride, e poi spiega: «è una chitarra che ti offre milioni di possibilità. Per anni ho usato una Ibanez, uno strumento fantastico ma che ti permette di suonare solo il rock pesante. Con la Strat puoi fare ciò che vuoi». Versatile, leggera, femminile, riconoscibile. Eppure la ricetta dell’immortalità, quella vera, è un’altra, e Portera la spiega bene: «La Stratocaster per me è Hendrix, è Beck. Io non voglio imitarli, ma quando suono chiudo gli occhi e sogno di essere come loro. Sogno, insomma, di lasciare una scia».