Il Messaggero, 13 maggio 2024
Siri, hai un problema: Apple vuole pensionarti
Da quando OpenAI ha reso pubblico ChatGPT, il 30 novembre 2022, decine di gruppi tech e startup hanno investito miliardi di dollari e sviluppato la loro risposta al chatbot, nella speranza di non perdere la corsa alla next big thing che potrebbe cambiare la storia dell’umanità. Google ha messo sul mercato Bard e poi Gemini, Meta ha sviluppato LLaMA, la startup Anthropic ha invece creato Claude, mentre IBM ha dato a Watson le funzioni di un chatbot. Tutti tranne Apple. Come sempre il colosso californiano non ha rivelato molto riguardo la sua strategia sull’intelligenza artificiale, limitandosi a dichiarazioni prive di dettagli e dati sugli investimenti.
L’ANNUNCIO
Questo fino all’inizio di maggio quando, presentando i conti del primo trimestre dell’anno, l’amministratore delegato Tim Cook ha detto di considerare «l’intelligenza artificiale generale un’opportunità fondamentale per i nostri prodotti e crediamo di avere vantaggi che, in teoria, ci distinguono dagli altri. Ne parleremo più approfonditamente nelle prossime settimane».
Da qui le notizie sui piani di Apple per l’AI si sono moltiplicate con la certezza che il 10 giugno ci sarà un annuncio nel corso della conferenza per gli sviluppatori di San Francisco: Apple starebbe lavorando a una partnership sia con OpenAI che con Google e allo stesso tempo portando l’intelligenza artificiale generale anche sull’assistente vocale Siri. Proprio nei giorni scorsi Bloomberg ha scritto di un accordo «molto vicino» tra Apple e OpenAI che renderà disponibile ChatGPT nel nuovo sistema operativo iOS 18.
LE FONTI
Secondo le fonti anonime citate da Bloomberg, i due gruppi stanno ancora discutendo i dettagli del piano anche se, nonostante già da aprile le discussioni si siano fatte più intense, non c’è alcuna certezza che l’eventuale accordo sarà annunciato a breve. In tutto questo OpenAI sta lavorando a un assistente vocale e non è chiaro se parte delle conversazioni tra le due aziende siano legate a un altro grande problema di Cupertino: l’invecchiamento precoce di Siri. Tim Cook l’anno scorso ha detto di usare personalmente ChatGPT, sostenendo però che ci fossero ancora «diversi problemi da risolvere». Gli stessi top manager del gruppo, Craig Federighi e John Giannandrea, per settimane avrebbero fatto test sul chatbot di OpenAI per capire quali fossero gli elementi mancanti da iPhone. E in questo modo sono arrivati a una conclusione abbastanza logica: Siri è un prodotto lanciato nel 2011 che se confrontato con i nuovi chatbot, non solo sembra un pezzo di tecnologia di un’altra epoca, ma rende iPhone un prodotto antiquato, rischiando di far diminuire le vendite già in calo.
I PROBLEMI
Siri non è capace di intrattenere una conversazione, fa spesso errori o non riesce a capire le domande fatte dagli utenti. Per questo il secondo punto su cui Apple starebbe lavorando è un rilancio dell’assistente vocale, integrando l’AI generale. Il New York Times parla di un «trapianto di cervello» per Siri, cosa che insieme alle minacce di ChatGPT e degli altri chatbot, ha spinto il colosso a rendere le iniziative nel campo dell’AI un tent pole project, un progetto in cui investire miliardi di dollari con una visione di almeno dieci anni: ovviamente Apple non ha parlato di denaro in modo diretto, nonostante il direttore finanziario Luca Maestri abbia detto che l’azienda ha investito 100 milioni di dollari in ricerca e sviluppo negli ultimi cinque anni. È anche vero che non sono stati specificati i soldi usati solo per l’AI e quelli spesi per la realtà aumentata e il visore Vision Pro o per Project Titan, il veicolo autonomo su cui avrebbe investito un miliardo di dollari in dieci anni e che è stato fermato nel 2024 proprio per fare spazio all’AI.
LE TRATTATIVE
C’è poi la questione di Google: le trattative sono aperte da marzo ma anche in questo caso non ci sarebbe ancora una decisione. Apple infine vorrebbe puntare su due altri elementi per cercare di emergere nel settore: lo sviluppo di chip AI sempre più sofisticati che saranno usati nei data center del gruppo e «una forte attenzione per la privacy», come ha ripetuto di recente Cook parlando con i giornalisti. L’amministratore delegato ha anche detto che, a differenza degli altri colossi tech, Apple si trova in una posizione privilegiata perché è in grado di fare una «perfetta integrazione di hardware, software e servizi». Senza investimenti adeguati, infatti, il rischio è quello di trasformare iPhone dal prodotto che controlla l’85% degli utili del mercato degli smartphone a un inutile pezzo di archeologia tecnologica.