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 2024  maggio 13 Lunedì calendario

Tra la Schlein da Salone e lo Scurati da tormentone

«Arriva all’Oval alle 10». «No, viene nel pomeriggio». «Scusa: hanno cambiato programma: sarà in Sala Rossa a mezzogiorno». «O allo stand della Città di Torino». «Attenzione, sono le 11: stanno partendo dall’aeroporto». «No: sta entrando adesso dal Padiglione 1».
Elly Schlein è così: non la si vede mai arrivare. E a volte non la si vede neppure quando è lì. Gentile, sorridente, parla con tutti, non dice niente. Quarto giorno di Salone, secondo leader di partito a fare il giro degli stand, perché se sei un politico i libri puoi non leggerli anche se li scrivi, ma non puoi non farti vedere che li sfogli. E così, dopo Matteo Salvini, che venerdì ha fatto passerella alla Fiera del Libro di Torino, ieri è toccato a Elly Schlein, la Segretaria del Partito democratico. È qui accompagnata dalla candidata del centrosinistra alla Regione Piemonte, Gianna Pentenero. Uno spot elettorale. Elly è rimasta dentro il Lingotto per un interminabile giro di due ore, è stata accolta dal Presidente del Salone del Libro, Silvio Viale, così come organizzato per Salvini, ma questa volta come chaperon c’è il sindaco piddino di Torino, Stefano Lo Russo. Baci, selfie, strette di mano, occhiate curiose – «Guarda! C’è la Sclein... la Slain, la... quella del Pd», «Hai visto?! È passata la ministra...» – e soste dagli editori amici: Marotta& Cafiero, giovane casa editrice indipendente, «terrona Made in Scampia»; la Feltrinelli: con abbraccio di Chiara Valerio. Lo stand della Stampa (con la maiuscola), dove difende la stampa (con la minuscola): «La libertà di informazione è a rischio: noi continueremo a difenderla»... Poi un giro al Bookstock, il padiglione dedicato ai ragazzi, dove un adulto le urla «Siete dei fascisti di sinistra». E quindi la visita più importante della giornata, allo stand di Repubblica, proprio mentre Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, sta parlando in un incontro pubblico di patriarcato e violenza sulle donne (il padre Gino Cecchettin invece il suo libro lo ha presentato ieri). Ah: l’incontro era appena stato interrotto dalle proteste di una antiabortista che ha gridato slogan «pro Vita» e antifemministi. Comunque, la sosta serve a Elly per parlare coi giornalisti della protesta, ieri qui a Torino, dei gruppi «Pro Palestina» che hanno tentato di forzare il blocco di polizia per entrare al Salone. «Bisogna fermare la follia di Netanyahu e insistere sul cessate il fuoco immediato in Medio Oriente», ha detto la Segretaria del Pd. «È bello essere in un Salone che favorisce un intreccio di pensiero, riflessione, libri, cultura: ma dobbiamo pensare che c’è una guerra che priva di futuro bambine e bambini». Ah: Elly parla anche della battaglia del Pd per il salario minimo a 9 euro l’ora. Che è una cosa bellissima. «Ma lo dice a noi – sussurra una collega di un sito online pagata a pezzo – che prendiamo 10 euro lordi ad articolo?!». E poi Elly, prima di uscire, incontra e saluta festosamente anche Enrico Mentana, che è qui coi suoi cagnolini. Lilli e Gruber.
DA TORINO AD HAIFA
A proposito di Salone «Pro Palestina» e Salone «Pro Israele». Ieri la scrittrice Valeria Forte, come aveva annunciato sui social, ha deciso di rinunciare allo spazio di presentazione del suo libro per cederlo a un gruppo di attivisti «Per Gaza». Poi assieme all’influencer italo-palestinese Karem from Haifa ha portato una bandiera della Palestina all’evento in cui stava parlando il direttore di Repubblica Maurizio Molinari (di famiglia di origine ebraica). Degli attivisti pro Palestina hanno anche interrotto l’incontro a cui partecipava Fedez, ieri pomeriggio.
PAROLE DA (NON) DIRE
Alla fine, in modi e spazi diversi, sia i «Pro Palestina» sia gli scrittori israeliani, hanno potuto dire la loro qui al Salone. Dove, per natura stessa della manifestazione, che tenendo dentro di tutto non può escludere niente, tutti hanno diritto di parola. Anche Antonio Scurati, protagonista assoluto del mondo del libro nelle ultime settimane, il quale alla presentazione del suo libro Fascismo e populismo (Bompiani) ha potuto ri-dire che «Gli intellettuali liberi, scrittori, artisti e studiosi in Italia vengono indicati dall’attuale governo come nemici». Quello che doveva tenere in Rai non è un monologo. È un tormentone.
EDIZIONE DA RECORD (?)
Il vero tormentone, però, è come chiuderà il Salone: con più o meno visitatori degli anni scorsi? In realtà, è da quando è nata che la Fiera di Torino dichiara un nuovo record, edizione dopo edizione. È ragionevole pensare che sarà così anche questa volta (le cifre finali si sapranno oggi). È il mistero di un Paese che non legge ma prende d’assalto le fiere dei libri. Del resto sono tante le cose che non sappiamo quando giriamo per il Salone. E questa è una delle ragioni che rendono il Salone grande.
ABBASSO LA CARTA
Poi ci sono le piccole cose che non funzionano; e che ci permettiamo – da cronisti – di segnalare. Dell’esigenza di potenziare parcheggi e servizi igienici qui al Salone si è già detto molto. Aggiungiamo due cose. Una per i visitatori: aver tolto il libro di carta con il programma proprio nel tempio del libro di carta, non è solo una contraddizione, ma una terribile scomodità. Guida e evidenziatore erano il simbolo della fiera. Peccato. E una per i giornalisti: la sala stampa, sempre più nascosta e ridotta, è più o meno una stanza per gli interrogatori della Stasi, in quella Germania dell’Est degli anni ’70 tanto simile alla Torino del Lingotto di oggi. Ma forse è giusto così. In Italia, più inutili dei libri ci sono solo i giornalisti.