La Stampa, 13 maggio 2024
L’Elena di Rushdie
Nel corso delle giornate torinesi di Salman Rushdie, incentrate sulla presentazione del libro sull’attentato di cui è stato vittima due anni fa, Coltello, un libro che è la storia di un delitto, ma che è anche una bellissima love story (la storia d’amore tra Rushdie e la sua giovane moglie Eliza), si è creata l’occasione, a margine dei grandi eventi del Salone, per una chiacchierata informale. Si è parlato degli autori più letti e frequentati – da Don Delillo a Italo Calvino – e a un certo punto gli ho chiesto che cosa ne era stato di quel progetto di un libro sulla figura di Elena di Troia di cui mi aveva parlato nell’intervista online fatta in occasione della Fiera del libro durante il lockdown. «L’ho realizzato, è un dramma in versi, con tanto di Coro, come nel teatro greco». Ma lo ha proposto a molti, ha confidato, e a nessuno è parso convincente.In effetti lo si può capire: un dramma in versi, dopo che il creatore del genere in età contemporanea, T. S. Eliot, aveva rinunciato a scriverne altri già settant’anni fa, difficilmente può convincere un impresario a metterlo in scena oggi. Poi però, casualmente, Rushdie ha dato da leggere il suo dramma “greco” al suo amico Pete Townshend, leader e chitarrista dello storico gruppo The Who, che gli ha detto che era un testo formidabile, un perfetto musical, di cui adesso sta componendo le musiche. In effetti c’è già un precedente musicale nella carriera di Rushdie: gli U2 avevano infatti scritto la musica di una canzone relativa al suo romanzo La terra sotto i suoi piedi. Ma un conto è una canzone, un altro è un intero musical.La ragione per cui Rushdie si è interessato alla figura di Elena, così ha spiegato, era la sua “assenza” nella mitologia greca dopo che con Paride era fuggita da Sparta a Troia. Per la verità non è esattamente così. Euripide, ad esempio, scrisse una tragicommedia in cui racconta che Elena non era mai andata a Troia, perché il dio Ermes aveva creato «un fantasma dotato di respiro, un vuoto miraggio», identico a Elena. Paride aveva portato con sé a Troia quell’avatar, mentre Ermes aveva poi nascosto l’Elena in carne ed ossa in Egitto. Ma, in ogni caso, a Rushdie interessa un altro aspetto della tradizione mitologica legata ad Elena, quello che si ritrova nella versione più consolidata della vicenda, con Paride che porta con sé a Troia la donna più bella del mondo. A Sparta, fa notare Rushdie, il ruolo di donna e di moglie era insignificante, mentre a Troia le donne godevano di ben altra considerazione. Ed è anche per questo che Elena era stata felice di accettare la corte di Paride. Non si trattava soltanto di lasciare un marito/padrone, ma di iniziare una nuova vita con un uomo e in un luogo dove le donne non avevano una posizione così sottomessa come a Sparta.L’intenzione di Rushdie, avallando la scelta di Elena, è poi quella di proclamare che non fu affatto lei la causa della guerra. Questo lo dice nell’Iliade lo stesso re Priamo: «Alcuna / non hai colpa tu meco, ma gli Dei, / che contra mi destar le lagrimose / arme de’ Greci». Rushdie, però, a ragione, non dà la colpa agli Dei e fa notare che quel cialtrone di Menelao dichiarò di volere «lavare l’onta» anni dopo che lei era fuggita da Sparta insieme a Paride. Balle, dice Rushdie, le corna erano il pretesto per una guerra di conquista. La sua interpretazione, affidata al dramma in versi che Pete Townshend sta musicando, offrirà quindi da un lato una versione per così dire femminista della figura di Elena, mentre dall’altro sottolineerà le ragioni imperialistiche della guerra di Troia.A proposito di questo secondo aspetto, non si può non notare come la storia sia piena di pretesti per giustificare una guerra, sciaguratamente anche di recente. Speriamo dunque che Pete Townshend trovi le note giuste per accompagnare la versione di Rushdie sia sulle cause della guerra di Troia, sia sulla figura della bellissima e bistrattata Elena. E speriamo, se Pete Townshend troverà le note giuste, che il musical possa così approdare sulle scene.P.S. Rushdie, contrariamente a quanto dicono analisti e amici suoi, sostiene che Trump non vincerà le elezioni. Vedremo se ci vede meglio lui con un occhio solo che gli altri che di occhi ne hanno due. —