La Stampa, 13 maggio 2024
Donne, stipendi più bassi del 30 per cento
Nel campo delle cave e delle miniere le 6.851 addette, strano ma vero, guadagnano il 2% in più dei 31.467 uomini impiegati nello stesso comparto, ovvero 49.828 euro lordi medi a testa contro 48.873. Ma questa (assieme alla scuola pubblica) è l’eccezione che conferma la regola, perché nel campo del lavoro se si analizzano i dati su occupati, retribuzioni e pensioni, il divario donna/uomo è fortissimo.Partiamo dal tasso di occupazione dove il distacco, rileva un nuovo studio della Uil sul «Lavoro delle donne», è il più alto a livello europeo e vale ben 18,1 punti: 52,8% le donne contro il 70,9% degli uomini (dati Istat febbraio 2024). Non solo, ma tra coloro che il lavoro non lo cercano più per motivi familiari, che poi è la prima ragione che allontana le donne da una occupazione, nel 2023 appena 152 mila erano uomini, mentre ben 3,32 milioni erano donne, ovvero il 95,6% dei 3,47 milioni di questa fascia di inattivi.«Cosa vuol dire essere donna nel mercato del lavoro in Italia? Significa, ancora nel 2024, dover fare i conti col fatto che hai figli, vorresti dei figli o sei anche solo potenzialmente in grado di generare dei figli. E questo, al mercato del lavoro, ancora non va giù» denuncia la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese. Che punta il dito contro un altro record negativo del nostro Paese, quello relativo al divario retributivo, che nel settore privato arriva a superare il 30%.Dai dati Inps, segnala la ricerca, è possibile vedere quali sono stati i settori a maggior presenza femminile rispetto a quella maschile (attività dei servizi di alloggio e ristorazione, attività finanziarie e assicurative, attività immobiliari, attività professionali scientifiche e tecniche, istruzione, sanità e assistenza sociale, altre attività di servizi) e in quali vi è stata una parità numerica (commercio all’ingrosso e al dettaglio, noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese). Praticamente in tutti le donne guadagnano meno degli uomini.La retribuzione femminile più bassa, in valore assoluto, si riscontra nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione con 9.193 euro annui medi pro capite, con un gap retributivo rispetto ai colleghi uomini del 20,3%. Nelle attività immobiliari si tocca invece il divario assoluto più forte (-41,7%, 19.179 euro di retribuzione media annua contro 32.884), seguito da attività professionali scientifiche e tecniche (-35,9% e 21.520 euro anziché 33.557), attività finanziarie ed assicurative (-33,8% e 41.351 contro a 62.438). Nel campo della manifattura il gap è invece del 23,1% (24.765/32.191), nel commercio è al 28,1% (18.401/25.585), nell’istruzione privata all’11,5% (15.014/16.972), mentre nell’ambito della sanità e dell’assistenza sociale sempre privata di risale al 27,6%: uno dei 190.600 addetti maschi percepisce in media 22.642 euro lordi all’anno contro i 16.385 euro delle 700.911 colleghe femmine.Nel pubblico per le donne va un po’ meglio, ma il loro gap retributivo si assesta comunque al 16,6%. Su 2,9 milioni di occupati (il calcolo non comprende amministrazioni centrali, magistratura, autorità indipendenti e sicurezza), 2,06 milioni di donne ricevono in media 29.236 euro lordi all’anno contro i 35.045 degli 846 mila colleghi maschi. Nella sanità come nelle università e negli enti di ricerca il salto è ancora più grande, rispettivamente -19 e -19,2%, ovvero 38.220 euro contro 47.206 e 44.183 euro anziché 54.701. Nella scuola, dove le donne (1,152 milioni di addette contro 317.536) sovrastano gli uomini e dove, come è noto, ricoprono in larga parte anche incarichi di vertice, il personale femminile invece guadagna il 2% in più di quello maschile (24.719 euro contro 24.247). Se invece si prendono in considerazione le amministrazioni locali la forbice torna ad allargarsi a -12,4 punti (18.110 euro/anno contro i 32.073 di un uomo).Anche analizzando le retribuzioni in base alle tipologie contrattuali dei dipendenti privati, segnala ancora lo studio della Uil. si può notare come il gap retributivo delle donne sia presente in ogni modalità di contratto con cui sono state assunte: è infatti pari al 27,7% per i contratti a tempo indeterminato, al 17,7% per i part time e al 17,4 per i contratti stagionali. Rispetto alle fasce di età, invece, la forbice donna/uomo si allarga man mano che aumentano gli anni, segno che anche le progressioni di carriera favoriscono sempre di più gli uomini: il gap è pari al 24% fino ai 29 anni di età, sale al 27,7% da 30 a 39 anni, e poi al 30,1 fino a 49 anni, al 32,8% sino a 59 per toccare il -33,6% per le over 60. Tant’è che poi a fine carriera, quando si tratta di ricevere la pensione, il divario diventa impressionante ed arriva al 36%. In soldoni l’importo medio annuo della pensione delle lavoratrici si ferma a 11.333 euro contro i 17.579 degli uomini. E non occorre aggiungere altro. —