la Repubblica, 13 maggio 2024
Il premierato piace a metà degli italiani, l’autonomia solo al Nord
Non è cambiato, negli ultimi mesi, il clima d’opinione nei confronti delle riforme proposte dalla maggioranza di governo che mirano a modificare la Costituzione, inserendo l’elezione diretta del presidente del Consiglio e l’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. La prima sostenuta dai Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. La seconda promossa dalla Lega di Matteo Salvini. In entrambi i casi, i progetti dividono il Paese quasi a metà. L’elezione diretta del Presidente, infatti, è condivisa dal 55% dei cittadini, l’autonomia differenziata da una quota inferiore di 10 punti: 45%. In entrambi i casi, si tratta di un punto in più rispetto a due mesi prima. Cioè, sostanzialmente nulla. L’Italia si conferma, dunque, divisa di fronte alle due prospettive. Con un atteggiamento leggermente più favorevole verso l’elezione diretta del Capo del governo e, invece, più ostile verso l’autonomia differenziata. Se si osservano i precedenti sondaggi, condotti da Demos, nel mese di settembre 2023, questa tendenza appare più marcata, in quanto l’elezione diretta del capo del governo era approvata dal 57% e l’autonomia differenziata dal 51%.Il principale aspetto che differenzia le opinioni verso l’elezione diretta del Premier è l’orientamento politico e di partito. Infatti, si dicono favorevoli quasi 9 intervistati su 10 fra gli elettori della Lega e oltre 8 fra chi vota per i Fd’I e FI. Ma il “sentimento” appare positivo (intorno al 70%) anche nella base di Azione e dei partiti riuniti nella lista di scopo“Stati Uniti d’Europa”. Il consenso, inoltre, risulta ampio (58%) nell’elettorato del M5S, mentre è minoritario nel Pd (45%) e, ancor più, fra chi sostiene l’Alleanza Verdi e Sinistra. Questa tendenza, peraltro, è coerente con una linea evidente da anni nella politica italiana (e non solo). La “personalizzazione”. L’identificazione dei partiti e delle istituzioni nella persona di figure specifiche. Una sorta di “presidenzializzazione”, che si è affermata su ogni piano, per effetto, soprattutto, dei media. In particolare, la televisione, da quando, negli anni Novanta, Silvio Berlusconi, “inventò” il suo “partito personale”, Forza Italia. Un modello riprodotto, dopo l’irruzione del digitale, da Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle.Il tema dell’autonomia differenziata, però, segna distanze più profonde, nel sistema politico. Fra i partiti della maggioranza, largamente favorevoli, e quelli di opposizione, “al contrario” decisamente “contrari”. In particolare, il Pd. Atteggiamenti che riflettono le basi del consenso politico non tanto e non soltanto “ideali”, ma, soprattutto, “territoriali”. L’autonomia differenziata, infatti, stabilisce “differenze” che riproducono ed enfatizzano le specificità delle zone “geo-politiche” del Paese. E, di conseguenza, avvantaggiano le aree del Nord, caratterizzate da un sistema economico e produttivo più solido. Un’opinione diffusa soprattutto nel Nord-Est. Mentre, parallelamente, “svantaggiano” le Regioni del Centro e del Mezzogiorno. Questa, almeno, è la percezione dei cittadini. Malgrado le differenze tra il Centro e il Sud siano, certamente, rilevanti.È interessante, in particolare, come nel Sud la domanda di autonomia risulti più ampia rispetto alle Regioni del Centro. Nonostante il ruolo giocato dallo Stato centrale, in queste zone, sia sicuramente rilevante. E maggiore, rispetto alle altre aree considerate. Ma, probabilmente, in questo caso, pesa un certo grado di auto- considerazione, favorito dall’esigenza di superare l’immagine tradizionale del Sud “periferico”, per limitarne il distacco rispetto alle altre zone del Paese.Inoltre, contano le “radici” dei partiti. In particolare, la Lega di Salvini, promotrice del verbo autonomista (e indipendentista). Radicata, storicamente, nel Nord.Nel complesso, ci troviamo di fronte a un Paese che presenta immagini e proiezioni diverse. Un Paese distinto, anche se non diviso, in più Paesi.C’è il Paese del Capo, alla ricerca di un “premier”. Un “Primo”, nel quale “riconoscersi”. Che dia “un volto riconosciuto” a tutti i cittadini. E c’è un Paese diverso, più de-limitato, ma non troppo, che non accetta questa svolta. Al contrario, la considera rischiosa. Perché teme che possa tradurre “l’autorità in senso autoritario”. D’altra parte, questo modello di “unità” contrasta con una domanda di autonomia differenziata estesa, anche se non maggioritaria. E appare evidente che queste due prospettive, per quanto ora appaiano “convergenti”, in un futuro non lontano possano “divergere”. Collidere più che coincidere. Fino a generare ulteriori fratture. Con il rischio di delineare non una ma “diverse” Italie... tra loro molto diverse.