La Stampa, 13 maggio 2024
Intervista a Gennario Sanguliano
Ministro Sangiuliano, perché secondo lei tanti scrittori al Salone del libro di Torino, da Rushdie alla Strout, da Saviano a De Giovanni, sottolineano proprio in questo momento l’importanza della libertà di espressione?
«Gli scrittori fanno bene a preoccuparsi per la libertà di espressione nel mondo. Dedichiamo un pensiero al grande Aleksandr Isaevi? Solženicyn che trascorse anni nei gulag sovietici. E ricordiamo che, quando nel 1977 Carlo Ripa di Meana decise di dedicare la Biennale di Venezia agli scrittori del Dissenso nell’Europa dell’Est, fu duramente attaccato dal Pci».
Si sente di confortarli almeno sulla situazione italiana?
«Assolutamente sì. Noi che abbiamo subito censure vogliamo lavorare per la piena libertà di espressione».
Lo stesso tipo di apertura e dialogo non sarebbe auspicabile nei confronti dei giovani che si impegnano per valori come la pace e l’ambiente?
«Sono due grandi questioni del nostro tempo sulle quali dobbiamo tutti impegnarci. Fanno bene i giovani ad averle a cuore. Poi bisogna capire cosa si intende per pace».
Da Scurati a Bortone si moltiplicano i casi in Rai e lo scrittore denuncia una «svolta illiberale». Così come Maurizio De Giovanni si chiede per chi lavori il servizio pubblico...
«Quando ero direttore del Tg2 Scurati è stato intervistato più volte e ha potuto dire quello che voleva. Addirittura due servizi nello stesso telegiornale, ci siamo anche scambiati qualche messaggio».
Ha dedicato il Salone a Piero Gobetti e proposto una mostra su di lui a Torino, poi ha citato un editore ebreo come Formiggini, sente il bisogno di celebrare l’antifascismo?
«Magari mi sbaglio, ma credo di essere l’unico ministro della Cultura ad aver deposto una corona alla memoria di Formiggini a Modena. Gobetti promosse con Prezzolini il Manifesto degli apoti, ossia di coloro che non la bevono. Sono antesignani dell’opposizione al “mainstream”, cioè il procedere per luoghi comuni che non vengono sottoposti ad alcun vaglio critico».
Lei cita spesso Prezzolini, ma tra l’ottimismo dell’azione gobettiano e il pessimismo della ragione prezzoliniano si collocava anche un altro personaggio come Indro Montanelli. Perché la destra lo ha rimosso?
«Rimosso Montanelli? Ma per carità! È un esempio di libertà intellettuale ben presente in noi tutti, un modello per il conservatorismo liberale. Fra poco parteciperò alle celebrazioni per i cinquant’anni della nascita de Il Giornale, 1974-2024, organizzate dal direttore Alessandro Sallusti, per ricordare la nascita di quel quotidiano che fu un atto di coraggio del grande Indro. E poi, a tempo debito, comunicherò altro».
Giordano Bruno Guerri ha detto che gli intellettuali di destra sono pochi e vanno ognuno per conto proprio, ma meglio così se no litigherebbero sempre. Ha ragione?
«Io con lui ho un’antica amicizia. La differenza fra noi e la sinistra è che non siamo irreggimentati, non abbiamo il “centralismo democratico” del pensiero, non abbiamo il “contrordine compagni” di guareschiana memoria».
A parte lei, Guerri, Buttafuoco e Veneziani su chi potete contare?
«Le potrei fare un lungo elenco, ma non mi sembra il caso. Molti di loro non hanno grande notorietà, pur avendo scritto cose pregevoli, perché discriminati. Mi faccia ricordare, però, il compianto Paolo Isotta. Mi manca molto».
Lei ha un’origine missina e poi è diventato un liberalconservatore, come è avvenuto il suo percorso?
«Una volta il mio maestro Pinuccio Tatarella rispondendo a un’intervista disse di essere stato missino perché era l’unico partito fermamente anticomunista. In me sono stati fondamentali la lettura e lo studio di Croce, di Prezzolini a cui ho dedicato una biografia e un saggio introduttivo del Manifesto dei conservatori. Ma anche la lettura di autori molto diversi come Burke, Burckhardt, Mosca, Pareto, Scruton e degli esponenti del conservatorismo americano».
Il percorso della destra italiana in tal senso è compiuto o cosa manca?
«Grazie a una leader straordinaria come Giorgia Meloni, che tutto il mondo riconosce, abbiamo finalmente un grande partito conservatore occidentale. Quello che Prezzolini auspicò in un famoso articolo sul Corriere degli anni ’70 La destra che non c’è».
Come vede il collocamento della destra italiana a livello europeo e una possibile alleanza con il centro per la riconferma di Von der Leyen?
«Noi pensiamo che l’Europa sia un grande valore. Quando ero ragazzo c’era lo slogan “Europa Nazione”. Il Partito Comunista, invece, votò contro i Trattati di Roma. Questo fatto storico viene spesso nascosto. Certo, è auspicabile un’Europa più dei cittadini, dei popoli e meno di burocrazie che non hanno alcuna investitura democratica. Lavoriamo in questa direzione anche in un sistema di alleanze».
Ha parlato di un Salone del libro finalmente pluralista, perché prima non lo era? Lei stesso si complimentò con Lagioia l’anno scorso...
«Ringrazio Annalena Benini e la sua squadra. Mi pare che il Salone 2024 sia stato aperto, democratico e plurale. Come deve essere».
Il Salone ha avuto successo, ma i lettori hanno sofferto code e caos, come si può fare?
«Gli organizzatori sono al lavoro per trovare soluzioni».
È stato anche al Santuario di Oropa sopra Biella, come verranno spesi i 7 milioni stanziati?
«Esiste un bel progetto di riqualificazione che punta anche a creare spazi di socialità, per mostre e cultura. Tutto, ovviamente, sarà seguito dalla Soprintendenza».
Qual è l’obiettivo a cui tiene di più ora?
«Concludere il raddoppio di tre grandi musei: la Pinacoteca di Brera con Palazzo Citterio, gli Uffizi con i due nuovi siti di Careggi e Montelupo e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli con il recupero dell’ex Albergo dei Poveri che diventerà la più grande infrastruttura culturale d’Europa. Poi mi ha fatto piacere una lettera della commissaria europea alla Cultura che ci dà atto di essere fra i migliori nella capacità di spesa dei fondi del Pnrr».
Come passa il weekend un ministro della Cultura?
«Domenica mattina ho ricevuto due sindaci per questioni su cui lavoriamo. Sabato sono stato al complesso dei Girolamini a Napoli tornato al suo splendore. Merita una visita. L’Ansa ha anche riferito che ho fatto da guida ad un gruppo di turisti bergamaschi. Nel tempo libero visito mostre e vado al cinema». —