Il Messaggero, 12 maggio 2024
Intervista a Gerry Scotti
Virginio Scotti, detto Gerry, vive in uno studio tv più o meno da quarant’anni – ha debuttato con Deejay Television nel 1983 e dargli dello stakanovista del piccolo schermo forse non rende l’idea di quanto ormai sia parte del mezzo: solo nelle ultime settimane su Canale 5 si è visto alla guida dello Show dei record, Striscia la notizia, Io canto (fino a Natale) e dal 6 maggio tutti i giorni, sabato e domenica compresi – presenta la nuova edizione dello storico game show La ruota della fortuna, ripescato da Mediaset per celebrare i cento anni dalla nascita di Mike Bongiorno, che lo condusse dal 1989 per 14 edizioni. Insomma, Gerry a 67 anni di andarsene ai giardinetti a spasso con il cane non ci pensa proprio.
Due anni fa aveva detto di voler realizzare programmi simili a quelli di Piero e Alberto Angela, ma poi si ritrova a fare sempre le stesse cose: non la prendono sul serio?
«Prendono tempo. Io però confermo: dopo 41 anni negli studi mi manca una ventata d’aria fresca. Voglio andare in giro per l’Italia o per l’Europa alla scoperta di arte, cibo, natura».
Amadeus andando al Nove ha detto che era arrivata l’ora di nuove sfide: ora tocca a lei?
«Mettiamola così: ho un bel rapporto con Piersilvio Berlusconi e tutta Mediaset, io sono stato vicino a loro nei momenti difficili e loro hanno fatto altrettanto quando li ho vissuti io».
E quando li ha avuti?
«Quando mi chiedevano di fare tutto, troppo, alla fine degli Anni ’90, e i risultati erano così e così. La svolta arrivò con Passaparola che mi offrì Giorgio Gori, all’epoca direttore di Canale 5 e oggi sindaco di Bergamo».
Diceva del rapporto con Piersilvio Berlusconi... quindi?
«Sì. Mi ha appena chiesto di spegnere le candeline dei miei 70 anni a Mediaset. Questo vuol dire che per altri due anni mi troverete lì. Anzi no: quando gli ho detto sì, furbescamente ha rilanciato dicendomi: “Grazie Gerry, allora facciamo settanta più uno"».
E come li festeggerà?
«Un progettino Gerry 70 ci sta tutto, dai. Un salutone alla Renzo Arbore con musica, amici, comici e tutto ciò che fa parte del mio mondo, lo farei volentieri. Voglio che sia all’aperto, però. E se piove chissenefrega».
Quindi è pronto a scendere in pista come ai bei tempi del Festivalbar o di Azzurro?
«Sì. E poi voglio anche andare sotto casa della gente».
Che vuol dire?
«Pensi che bello se me ne andassi in giro per l’Italia con una moto Guzzi d’epoca o una Vespa degli Anni 60 per citofonare a sorpresa agli italiani, magari alla stessa ora in cui di solito mi vedono in tv».
È un’idea in forma embrionale o un vero progetto?
«Sono pronto da anni. Come si fa con i bambini mi dicono: “Sì, sì, va bene. Adesso lo facciamo"».
Qualcosa tipo Festivalbar, che ha condotto dal 1988 al 1992, la farebbe?
«Quando su Italia 1 ho visto Battiti Live, quello dei miei amici di Radio Norba, un po’ di nostalgia mi è venuta. Quest’anno, quando traghetterà su Canale 5, un saltino lo farò. Come cantante, però».
Oddio, lo scorso Natale ha fatto anche un disco con l’intelligenza artificiale: continua?
«Sì, penso a un pezzo tipo quello di Petrolini che Nino Manfredi rifece nel 1970: Tanto pe’ canta’»
Sembra che Amadeus sul Nove voglia fare un programma musicale, itinerante e a squadre tipo il suo Azzurro, che lei condusse dal 1988 al 1992: che ne pensa?
«Amadeus lavora troppo. Ha appena finito e già ricomincia... Si goda un po’ tutti i soldi che gli danno. Io penso che per mettere insieme un progetto come quello che ha in mente ci voglia più di qualche mese. Però se sono pronti, va bene così. Io adesso sono per il revival e il successo della Ruota mi sta dando ragione. Ma non so se una kermesse così nel 2024 ha ancora l’appeal giusto».
Nel 2009 disse che se avesse voluto fare Sanremo l’avrebbe già fatto da anni. Quando è arrivato più vicino all’Ariston?
«Non c’è stato un anno preciso. Volevo solo dire che di anni “giusti” ne ho visti passare troppi, ormai mi sono dato la quota Vianello. Se mi chiamano attorno agli 80 anni, come fece la Rai con lui, va benissimo. Devo aspettare una dozzina d’anni».
Un ex pubblicitario e un testimonial di lungo corso come lei cosa direbbe a Chiara Ferragni?
«Abbiamo sbagliato il placement (ride, ndr), il posizionamento del prodotto. Tutti fanno errori e non penso che la ragazza – giovane e molto intelligente – sia stata ingorda ma distratta. Si è fidata di persone sbagliate. Non credo avesse bisogno di sotterfugi, cioè rubare soldi, perché credo sia molto solida. Solo che dopo un errore così ci vorrano anni per recuperare».
Come si fa la beneficenza, lei che la pratica da tempo?
«Nel modo più anonimo possibile. Quindi non dico altro».
Il vitalizio da deputato lo prende ancora?
«Sì, mille euro al mese. Nessuno riesce a togliermelo, come chiedo da anni ai vari premier (Scotti è stato in Parlamento con i socialisti dal 1987 al 1992, ndr). Li incasso e li giro a studenti fuori sede».
Per tanti che fanno il suo lavoro è un punto di riferimento: un erede l’ha intravisto?
«Sì. Nicola Savino. E poi Alessandro Cattelan, Stefano De Martino, Alvin...».
Da conduttore di “Striscia la notizia” quanti nemici si è fatto?
«Striscia c’è da più di trent’anni e quando uno finisce nei suoi meccanismi sa che può essere preso in giro. Io ci rimanevo un po’ male quando toccava a me, ma conducendola ho imparato a non prendermela. Per questo non penso di essermi fatto molti nemici, forse qualche querela, ma alla fine il tribunale ricorda a tutti che noi dietro il bancone leggiamo un tg satirico di cui sono responsabili gli autori e Antonio Ricci».
Francesca Fagnani, attaccata per la presunta pubblicità occulta ai gioielli, l’ha chiamata?
«Non ho il suo numero, né lei ha il mio. E non penso si sia fatta viva con Ricci».
Quelli che vanno in tv come lei usano tutti vestiti in prestito?
«Io uso cose mie. E quando faccio Striscia mi levo pure l’orologio per evitare, anche se non sono un giornalista, che mi venga detto qualcosa. È questione di buon gusto. Però mi rendo conto che per un uomo è più facile, una donna ha necessità di cambiarsi tutte le sere e di abbellirsi con accessori vari. Il punto comunque è semplice: se uno è iscritto a un albo professionale e ci sono delle regole bisogna rispettarle. Tutto qui».
Al suo amico e collega Linus nel 2015 il Pd chiese di fare il sindaco di Milano: lei lo farebbe?
«Mai. Ho già dato. Linus però è una persona seria e se dovesse decidere di candidarsi, lo voterei subito. Basta che poi non mi chieda di fare l’assessore».
L’anno scorso ha pubblicato il libro di memorie “Che cosa vi siete persi": lei con la vita che ha fatto che cosa si è perso?
«Lo dico senza rammarico e senza lacrimucce, che mi scendono facilmente: ho perso qualcosa di mio figlio. Non gli ho fatto mancare nulla, ma – sempre impegnato – avrei potuto dargli di più. Adesso lavoriamo insieme e ci troviamo benissimo. Mi cura anche TikTok, dove facciamo numeri pazzeschi (ha 1,4 milioni di follower e video che fanno anche 15 milioni di visualizzazioni, ndr). Oggi cerco di recuperare con i nipoti».
Scriverà un altro libro?
«Sì. Ci sto lavorando. Ho i dati ufficiali dell’editore: ho venduto 100 mila copie. Sono tra i venti autori viventi italiani più letti del 2023. Questa cosa mi fa impressione. Chi l’avrebbe mai detto?».