Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  maggio 12 Domenica calendario

Intervista a Guido Crosetto

ROMA. A un mese dalle Europee, il livello d’intensità dello scontro politico e con la magistratura ha raggiunto livelli che non hanno «nulla a che fare con la campagna elettorale», dice con amarezza il ministro della Difesa Guido Crosetto. «In Italia c’è un clima pesante, preoccupante, che incide in modo intollerabile anche sulla vita personale. Sono tra le persone più esposte per il ruolo che ricopro ma vengo quotidianamente indicato da persone irresponsabili quasi come se fossi io il responsabile della guerra in Ucraina», si sfoga Crosetto. E si chiede: «Chi me lo fa fare di servire un Paese dove ci sono persone che, per prendere un voto in più, giocano anche con la tua vita o la tua sicurezza?».
Sta pensando di lasciare la politica?
«Provo sempre più disprezzo nei confronti di persone che dicono di voler servire lo Stato e invece spesso servono solo i loro microinteressi personali. In nessun altro Paese c’è un livello così basso nel rispetto dei ruoli istituzionali e di interessi nazionali, non politici o di parte. Ma ho preso un impegno e resterò al mio posto a fare il mio dovere. Quando finirà il mio compito di ministro, credo che tornerò dove avevo deciso di stare da anni: nella sfera privata».
È una decisione definitiva?
«Sto servendo il Paese senza risparmiarmi, con un presidente del Consiglio per cui nutro stima, affetto e con cui condivido un progetto di società e di nazione, ma finita questa esperienza, anche a causa dell’amarezza e del disgusto accumulati, non penso di avere altro da dare».
Lei però pone interrogativi pesanti sul lavoro della magistratura.
«Le inchieste sono una parte minima del clima di cui parlo. Il mio viene visto forzatamente come un attacco alla magistratura, ma è solo il tentativo di costruire regole comuni e condivise. Capisco che faccia comodo considerarlo un attacco per continuare a non affrontare i temi in modo serio».
Quali regole servirebbero?
«Vorrei chiarezza: se vedo che l’indagato non ha ottenuto nessun vantaggio personale e che i suoi atti amministrativi erano legittimi, non capisco come si possa arrivare ad arrestarlo. Quando l’interesse contestato poggia tutto su una diversità di cultura politica, vuol dire che se il governatore ha le stesse idee del pm, allora ha perseguito un atto giusto e legittimo, se invece sono diverse è reato. Ma questa è politica, non giurisprudenza, e soprattutto non ha nulla a che fare con la legge».
Vede una magistratura politicizzata pericolosa per gli equilibri democratici?
«Ci sono correnti e quindi è politicizzata. Lo constato. L’equilibrio però non è messo in pericolo dalle correnti della magistratura, ma da un potere che non ha più controlli, in cui anche un singolo pm, se arrabbiato con qualcuno, può distruggerlo. Su questo vorrei delle garanzie».
Vorrebbe un controllo politico?
«No, assolutamente. Lo suggerisca l’Anm che tipo di controllo serve perché la giustizia sia terza. Rispondano in modo non corporativo e non mi usino come nemico pubblico numero uno».
Iniziano a farsi pressanti le richieste di dimissioni per Toti.
«Mi fanno ribrezzo le persone che speculano su vicende di questo tipo, ma so di essere in netta minoranza, anche all’interno del centrodestra. Oggi ho visto le dichiarazioni di un ministro di Forza Italia che, di fatto, scarica Toti, dimenticando la storia del fondatore del suo partito e la persecuzione che subì. Queste cose non riesco a capirle e non le sopporto più».
Sarebbe favorevole a reintrodurre il finanziamento pubblico ai partiti?
«Non è un tema da discutere in questo momento, il bilancio pubblico non lo consente. Ha molto più senso rendere chiare le modalità di finanziamento privato. Poter contestare ogni tipo di finanziamento privato è pericoloso».
La tempistica dell’arresto di Toti, a ridosso delle Europee, l’ha stupita?
«Quando scoppiò lo scandalo in Puglia, che coinvolgeva il Pd, dissi che lo schema è uguale da decenni: quando colpiscono qualcuno a sinistra, è perché devono aprirsi la porta per poter affondare il colpo ancora più forte dall’altra parte. Ci azzecco tutte le volte».
Ora si trova Vannacci candidato alle Europee. Le sue idee sono compatibili con il centrodestra?
«Non commento le idee di un candidato di un altro partito. Tra l’altro non lo seguo né leggo».
Ma ha detto che Vannacci ha lo stesso senso dello Stato di Salvini.
«Ho sempre parlato di lui come militare e solo per ciò che la sua esposizione strumentale poteva comportare per l’organizzazione che ora presiedo. Devo dire però che le sue parole sarcastiche su un galantuomo come il tenente colonnello Paglia, medaglia d’oro al valor militare, mi hanno dato molto fastidio. Paglia è un eroe, che lo Stato ha riconosciuto come tale, che porta i segni del suo coraggio sul suo corpo. Lui è un discreto ufficiale, uno scrittore di successo e un futuro parlamentare: dovrebbe trattare con maggior rispetto chi ha portato onore e lustro alla nazione, alle forze armate e all’esercito».
Meloni e Salvini hanno lo stesso senso dello Stato?
«Perché dobbiamo cambiare gli addendi? Noi siamo in Fratelli d’Italia, loro sono della Lega. Siamo diversi. La Lega tende a fare la splendida, sotto campagna elettorale, polemizzando su quasi tutto, tanto c’è Meloni che tira la carretta ogni giorno e porta a casa i risultati. Facile condividere tutto e poi far finta di non aver condiviso nulla. Ho visto però con piacere che sulla mia battaglia garantista è arrivato oggi anche Salvini. Io ci sono sempre stato, anche con gli avversari. E sono sempre stato al fianco di Salvini quando veniva attaccato come ministro».
La Ue avrà una difesa comune?
«L’Europa dovrà compiere scelte importanti nel modo più compatto possibile. Serve una difesa comune, sommando le difese dei 27 perché ogni nazione da sola non riesce a difendersi. E credo che servirà uno sforzo unanime per arrivare alla fine della guerra in Ucraina».
Salvini si dice preoccupato perché si parla solo di armi.
«Di armi non se ne parla quasi mai, se non quando è necessario. Se ne parla se si deve mettere l’Italia in condizioni di difendersi o se si deve mettere un’altra nazione nelle condizioni di non morire. Per non parlarne ora, si dovrebbe evitare di fare politica».
Israele avanza su Rafah. Un errore?
«Un errore enorme. Abbiamo chiesto di smettere di bombardare e di fare vittime civili: vale per la Russia come per Israele. L’invasione di Rafah è una follia»