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 2024  maggio 11 Sabato calendario

L’Arte in seno


A dirla così, il seno a 360° dall’empowerment all’allattamento, dalla sessualità all’iconografia, sembra quasi un convegno medico più che una mostra. Invece Breasts l’esposizione collettiva aperta a Venezia (fino al 24 novembre) nella splendida cornice di Palazzo Franchetti, è molto di più; più di una mostra, più di una sfida, persino pronta a farsi benefica. Cinque stanze per trenta artisti con autori iconici e giovani promesse per una prospettiva a ventaglio che spazia dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al cinema per un arco temporale che dal 500 arriva ai giorni nostri. Un’analisi storico-artistica di come il seno sia stato compreso e rappresentato nel corso dei secoli in pittura, scultura, cinema, pubblicità. Così, attraverso tradizioni e cultura, Bernardino del Signoraccio e la sua Madonna dell’umiltà, una rappresentazione rinascimentale particolarmente toccante con la Madonna che allatta il figlio, si trova a «dialogare» con Cindy Sherman, nella foto che la ritrae su ispirazione della famosa Fornarina di Raffaello e con la voluta pudicizia di Anna Weyant. L’artista sta facendo parlare di sé in quanto ha sbancato il mercato dell’arte: un suo lavoro è stato battuto da Sotheby’s per 1,6 milioni di dollari partendo da una stima iniziale di 150.000.E ancora un rarissimo nudo, anche perché inquadrato nel periodo metafisico, di Giorgio de Chirico e che arriva da una collezione privata. Altre opere sono della Fondazione Giovanna e Anna Pia Mazzoleni di Torino, alcune, altrettanto importanti, sono le opere commissionate dalla stessa mostra e che riprendono, rielaborata, la classicità di forme sinuose. Spicca nella seconda sala, quella concentrata sull’aspetto tattile, Prière de toucher di Marcel Duchamp, lavoro in gommapiuma su velluto nero. Di grande impatto visivo è l’opera-testimonianza di Prune Nourry, sopravvissuta al cancro al seno avuto a soli 31 anni, che presenta una scultura di un seno realizzato in vetro veneziano e bronzo per significare la grande fragilità umana e fisica ma al tempo stesso la forza della resilienza. Un ironico Dalì dai seni fa lumache mentre il busto di Sherrie Levine, body mask in bronzo del 2007 che arriva dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e che meritoriamente porta a legare la Fondazione Ieo-Monzino, di cui Patrizia Sandretto Re Rebaudengo è presidente, alla mostra: quest’ultima dedicherà il 30% dei fondi del catalogo per sostenere la causa della Fondazione e la ricerca.Un incontro tra due sensibilità femminili, quella di Sandretto e di Carolina Pasti, curatrice dell’esposizione, e già coordinatrice per la Peggy Guggenheim Collection di Venezia e il Whitney Museum di New York: «"La missione di questa mostra è anche quella di promuovere la consapevolezza sul cancro al seno e avvicinare un pubblico più ampio attraverso il canale dell’arte. Sempre seguendo la stessa filosofia, all’ingresso della mostra, lo Studio Buchanan ha presentato Body Trap, un passaggio rosa di 35 luci a forma di seno cartoonesco che rappresenta in modo simbolico e ironico la complessità di questa parte del corpo femminile che ha sempre colpito l’immaginario sopratutto maschile». Nel film Notting Hill, un cult della commedia, una curiosa Julia Roberts chiedeva all’innamorato Hugh Grant perché gli uomini fossero fissati proprio sul seno «È solo un seno, una persona su due lo ha». Risposta sensata non è possibile ottenerla.Così in mostra, nella terza stanza, dedicata all’impatto dei media digitali sulla rappresentazione del seno, sono presenti solo artisti uomini come il fotografo Irving Penn, che offrono la loro prospettiva in contrapposizione alla visione pop di Adelaide Cioni o di Charlotte Colbert capace di mettere a contrasto il seno con un pallone da calcio, luogo d’incontro tra il maschile e il femminile. Nell’ultima stanza, il cortometraggio di Laure Prouvost sulla nascita della figlia è un omaggio alla tenerezza materna mentre sempre nel suo In Deepth il seno diventa una forma slegata dalle sue funzioni naturali. C’è posto anche per Il Tetrarch (Claudia Schiffer) di Cristopher Bucklow, ispirato al corpo dell’icona della moda Claudia Schiffer, una sua musa. Di contro Untitled (2 girls) di Lenin Ogunbanwo, ritrae le modelle in Nigeria, spaziando appunto tra ritratto tradizionale e foto di moda per un risultato di alto erotismo. Soddisfatta dell’impatto che la mostra sta avendo, la curatrice Carolina Pasti: «Sono figlia di un fotografo, ho sempre riflettuto sul messaggio dei corpi e la loro rappresentazione artistica». —