La Stampa, 11 maggio 2024
Strage di Brandizzo gli indagati tornano a lavorare sui binari
Sono passati oltre otto mesi dalla terribile notte di fine agosto quando un treno travolse e uccise cinque operai che stavano lavorando lungo la linea ferroviaria a Brandizzo. Cinque vite spezzate. Reazioni di sdegno. Promesse che le cose sarebbero cambiate, a partire dalla gestione degli appalti. Per quella strage sono stati indagati il tecnico di Rete ferroviaria italiana Antonio Massa, due dirigenti di Rfi (Gaetano Pitisci e Andrea Bregolato), il capo cantiere della Sigifer (la ditta che aveva in subappalto i lavori) Andrea Girardin Gibin e quattro vertici dell’azienda tra cui il direttore generale Franco Sirianni e il direttore tecnico Cristian Geraci. Eppure non è stato così. Da allora la Sigifer di Borgovercelli non è più operativa, ma di fatto il board continuerebbe ad ottenere commesse nel settore ferroviario tramite una nuova azienda, la Star.Fer. srl con sede legale a Crescentino (Vercelli): in realtà una spa in liquidazione dal 31 dicembre 2022 che poi è stata rivitalizzata.
Star.Fer è di fatto una nuova società iscritta al registro delle imprese dal 9 gennaio 2024 il cui capitale sociale versato è di 20 mila euro così suddiviso: il 50% in possesso a Franco Sirianni; il 25% a Cristian Geraci (5 mila euro): proprio il direttore generale e direttore tecnico di Sigifer indagati dalla procura di Ivrea. Le restanti quote della Star.Fer. sono detenute al 25% (2.500 euro ciascuno) dall’amministratore unico Federico Artitzu e dal socio, Andrea Vescio.
Dal punto di vista delle indagini nei confronti della nuova società non ci sarebbe nulla da eccepire riguardo la regolarità formale: ben diverso è l’aspetto dell’opportunità. Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Aversa e Giuseppe Saverio Lombardo stavano sostituendo un binario: da quella notte le indagini avevano dunque portato la Sigifer a perdere le commesse in subappalto da Rfi. Oggi la nuova società lavorerebbe “in distacco” per conto di Clf, l’azienda di Bologna che si occupa di manutenzioni ferroviarie in appalto da Reti Ferroviarie Italiane. Tradotto: i lavoratori (circa una dozzina con contratto edile, come era pure per Sigifer, grazie all’interessamento della Filca Cisl) lavorano per conto di Clf. Anche quella notte l’azienda che aveva dato in subappalto il lavoro era la stessa. E, come si legge dalla visura camerale, la Star.Fer ha, per oggetto, l’esecuzione di lavori edili ferroviari e lavori di manutenzione sistematica dell’armamento ferroviario (ricambio di traverse e rotaie). Oltre a scavi e movimentazione terra.
«Sì, lavoriamo nel settore ferroviario in distacco per Clf, ma presto faremo lavori in altri settori», si è affrettato a precisare, Franco Sirianni. Mentre Enrico Peola, amministratore delegato di Clf taglia corto: «Quando la Star.fer avrà la qualificazione, se la avrà, potrà lavorare per noi».
«La notizia che amministratori indagati per strage ferroviaria di una società in appalto, dapprima cacciati dalla più grande azienda di Stato italiana (Rfi ha subito bloccato ogni collaborazione con la Sigifer dopo la strage, ndr) possano tornare con una nuova azienda a lavorare sui binari in spregio alle famiglie delle vittime, è vergognoso», spiega Giuseppe Santomauro, segretario generale Filt Cgil Piemonte che si chiede «cosa ne pensa Salvini?» Il sindacalista attacca: «Dopo Brandizzo purtroppo non è cambiato nulla per gli operai, nessuna formazione aggiuntiva e nessun rafforzamento dei controlli». Anzi, spiega il rappresentante della Filt Cgil, «registriamo atti unilaterali fuori dalle norme contrattuali sui turni dei lavoratori con orari che ne mettono a rischio la salute e la sicurezza quali ad esempio 5,00 – 11,30 e 22,00 6,00. Come può un manutentore essere lucido con orari di lavoro simili? Se non si pone al più presto rimedio assisteremo ad un’altra Brandizzo».
E anche l’ex caposcorta Massa sta provando a ricostruire la sua vita. Da circa un mese è tornato al lavoro come fattorino in una piccola cooperativa di Leinì che collabora con la Fercam. Chiamato nei mesi scorsi in procura a rispondere alle domande del pm, aveva scelto la strada del silenzio presentando un certificato medico che attestava lo choc subito e il suo stato di difficoltà. Con i nuovi colleghi avrebbe iniziato a raccontare del suo lavoro. Sui social continua a ricevere insulti. «Per noi è sempre stata la sesta vittima» dicono gli avvocati, Maria Grazia Cavallo e Antonio Maria Borello». —