la Repubblica, 10 maggio 2024
Alle cene del presidente la Genova degli affari “Ma non fate i tirchi sono 450 euro a testa”
GENOVA – «Signori buon appetito, ve lo siete pagato, meritato, conquistato». Con queste parole, la sera dell’11 aprile 2024, Giovanni Toti conclude il suo discorso ai partecipanti all’ultima delle sue periodiche cene di finanziamento a Villa Zerbino, dimora storica appartenente ai principi Castelbarco. In otto anni si è abbassata la quota minima di partecipazione, da mille a 450 euro, ma si è moltiplicato il numero dei commensali: da 186 a oltre 600.
All’inizio erano organizzate dalla Fondazione Change, poi, dopo le segnalazioni del 2020 della Banca d’Italia sui finanziamenti sospetti, la palla è passata al Comitato del presidente.
Eventi nei quali si notava soprattutto chi non c’era, perché imprenditoria, finanza, politica e bel mondo erano sempre rappresentati ai massimi livelli.
Per procura e finanza, però, quelle cene eleganti erano anche il modo di compensare favori ricevuti. Ad esempio, a quella del 10 marzo del 2023 Aldo Spinelli deve ripagare Toti per l’aiuto ottenuto per una pratica edilizia, riguardante il Piano casa, relativa all’operazione immobiliare di lusso di Punta dell’Olmo a Celle Ligure, in riviera.
Giorgio Sacchi, titolare dell’omonima impresa di Savona che effettua i lavori a Celle, spiega ad Aldo che, relativamente alla partecipazione alla cena di Toti, il figlio Roberto Spinelli «preferirebbe che la facciamo come impresa e poi ce li rimborsa come Punta dell’Olmo, perché preferirebbe che non risultasse». Aldo Spinelli risponde: «Oh... ho fatto venire... ho invitato otto nove miei manager perché vuole che portiamo tanta gente... Toti...».
Secondo la gip Paola Faggioni si poteva partecipare alle cene anche «per interposta persona», un meccanismo per rendere più complicato capire davvero quanto paga un’azienda. Ossia, quote minime e spezzettate per non rendere tracciabili i finanziamenti.
Ad esempio, nell’ultima cena di aprile 2024 si era diffusa la voce che due società, Msc dell’armatore Gianluigi Aponte e Ital Brokers del settore assicurativo, avessero partecipato anche attraverso alcune persone da loro invitate. Msc però ha confermato la sola presenza di un suo manager, mentre la risposta di Ital Brokers è stata: «Non abbiamo alcuna notizia da comunicare in merito». Chi invece non faceva mistero di voler presenziare in forze alle cene era l’altro imprenditore portuale Augusto Cosulich che, parlando con Spinelli della serata a Villa Zerbino, gli diceva «venti persone... venti ne porto...», Spinelli replicava che lui ne portava otto e Cosulich concludeva: «Eh belin vedi, tu belin proprio sei il solito tirchio belin...».
Secondo la gip Faggioni, con l’approssimarsi delle scadenze elettorali aumentavano i bisogni di Toti che, per il raggiungimento della vittoria sua o delle liste e candidati sostenuti dal suo movimento, sarebbe stato pronto a «svendere la propria funzione e la propria attività in cambio di finanziamenti, abdicando in tal modo ai propri importanti doveri istituzionali». Naturalmente la sola partecipazione alle cene non equivale certo alla complicità in malefatte penali o morali. I partecipanti pagavano soprattutto per convincimento politico, adesione alla visione totiana della Liguria o, in subordine, per il vecchio e diffuso principio del “non si sa mai”, che a Genova si dice “maniman” ed è una sorta di bandiera dello spirito che anima da sempre la città.
Fra i partecipanti, nelle varie edizioni delle cene di finanziamento, si contano nomi di peso per la portualità genovese, e italiana, come di altri settori delle professioni e del mondo economico: oltre al “blocco” Cosulich, Giulio Schenone di Psa, Ignazio e Stefano Messina dell’omonima società di armatori e terminalisti, i Grimaldi, Giulio Musso di Ance, Cesare Castelbarco Albani, padrone di casa, Beppe Costa dell’Acquario e presidente di Palazzo Ducale, Edoardo Monzani di Stazioni Marittime, Mauro Vianello, presidente di Ente Bacini (indagato per essere stato uno dei corruttori dell’ex presidente del porto Paolo Emilio Signorni), il costruttore Davide Viziano, il presidente della Porto Antico Mauro Ferrando, il notaio Piero Biglia di Saronno, il presidente di Filse Lorenzo Cuocolo, e poi gli imprenditori della sanità privata, settore al quale Toti ha fatto ponti d’oro in questi anni: Francesco Berti Riboli di Villa Montallegro e Marco Fertonani della Casa della Salute. E poi la potente Webuild, costruttrice del nuovo ponte San Giorgio e della contestata maxi diga, con Nicola Meistro. La Genova che conta, e che paga (va).
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