la Repubblica, 10 maggio 2024
La cassaforte di Toti
GENOVA – Non solo i 74 mila e 100 euro ricevuti dal re del porto Aldo Spinelli e da suo figlio Roberto, finiti nell’ordinanza cautelare che ha spedito ai domiciliari Giovanni Toti. O i 195mila euro sborsati dall’imprenditore dei rifiuti Pietro Colucci, anche quelli nell’inchiesta che ha stravolto Genova e la Liguria. Perché il fascicolo sulla corruzione, pur essendo nato da un’indagine a Spezia sul capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani, ha il suo embrione nell’inchiesta aperta per finanziamento illecito ai partiti. E qui sono finiti al vaglio oltre 2 milioni, versati dal 2016 in avanti dalle più disparate società e finiti a due comitati di sostegno all’attività politica di Toti.
Il fatto che gli inquirenti abbiano passato al setaccio questi 2 milioni non vuol dire che tutti i fondi in questione siano ritenuti sporchi. Ma in certi casi il confine tra le due inchieste è sottilissimo: versamenti finiti nell’originario fascicolo sui finanziamenti risultano bonificati da imprenditori ora coinvolti nell’inchiesta per corruzione. Come Luigi Alberto Amico, classe 1963, presidente di Amico&Co, leader nella riparazione e ristrutturazione di superyacht. Dopo aver liquidato 20 mila euro a favore del Comitato Giovanni Toti nel 2017 e 2018, ora si scopre indagato per corruzione nella maxi inchiesta sulle tangenti.
Il suo “sfogo” con Cozzani, intercettato il 17 maggio 2021 dalla Finanza, tratteggia il clima in porto: «Sono 6 anni che aspettiamo il rinnovo della concessione mi farebbe piacere quel... pizzico più di attenzione...noi siamo abbastanza allineati..voglio andare da Giovanni con Signorini a dire “ragazzi cosa facciamo?... io è sei anni che aspetto questi cinquanta milioni». Le fiamme gialle annotano: «Poco tempo dopo il predetto incontro veniva riscontrato un finanziamento della cifra di 30.000 euro in favore del Comitato Toti… operazione che veniva segnalata come “sospetta” dalla Banca d’Italia, analogamente a quanto verificatosi con riferimento ai finanziamenti erogati dal gruppo Colucci».
Dunque anche Pietro Colucci, l’imprenditore delle discariche nel savonese che ha sborsato 195 mila euro, figura tra i “benefattori” del comitato Change di Toti, chiuso nel 2021. Il suo nome finisce in una telefonata tra Toti e Cozzani, in cui il presidente a proposito di questioni legate a servizi idrici del territorio dice «poi ci si infila dentro anche roba della discarica di Colucci, che voglio parlargliene a voce...».
Anche Colucci è indagato per corruzione ed è proprio partendo da lui che è scattato il salto di qualità investigativo. Scrive la gip che «sono iniziate così, in data 01.09.2021, le operazioni di intercettazioni telefoniche a carico di Giovanni Toti che, sebbene non abbiano consentito di trovare ulteriori riscontri all’ipotesi corruttiva inizialmente ipotizzata a carico di Giovanni Toti e di Pietro Colucci, hanno svelato gli ulteriori rapporti corruttivi contestati nel presente procedimento».
Indagato per il reato previsto dall’articolo 7 della legge 195 del 1974 sui finanziamenti è invece l’ex senatore ed editore di Primocanale Maurizio Rossi, e qui le sue azioni si intrecciano con quelle del consigliere di amministrazione di Esselunga Francesco Moncada, lui accusato anche di corruzione (in una nota Esselunga dichiara che «il proprio management ha sempre agito correttamente ed esprime fiducia nell’operato della magistratura auspicando che si faccia tempestivamente chiarezza sui fatti»). Moncada in un incontro con Cozzani e lo stesso Rossi si chiedeva «come facciamo a dare una mano a Bucci», il sindaco di Genova vicinissimo a Toti rieletto nel giugno 2022, perché «dobbiamo dormire tutti tra due cuscini».
L’escamotage, alla fine, ricostruisce l’accusa, sarebbe stato trovato attraverso il pagamento della pubblicità di Esselunga sul led di Primocanale, di fatto una partita di giro per foraggiare la campagna elettorale del primo cittadino (che non è indagato). In cambio l’amministrazione regionale avrebbe sbloccato gli iter per l’apertura di due nuovi supermercati. Esselunga, o meglio la società Aep che ha realizzato anche il primo storico punto vendita di Genova, ad agosto 2020 ha versato al comitato Toti 50 mila euro.
L’elenco dei finanziatori “vagliati” dalla Procura di Genova non è finito qui: la GdF in passato ha perquisito le imprese dell’armatore Vincenzo Onorato (100mila euro al comitato Change), o dei petrolieri Costantino di Europam (almeno 120mila euro). Altri finanziatori sono il patron di Msc Gianluigi Aponte (10mila euro tramite una controllata), il cui nome compare più volte nell’inchiesta per corruzione ma non è indagato; Giovanni Calabrò, imprenditore condannato per bancarotta, che ha donato 27mila euro nel 2015.
Non può mancare Spinelli: l’imprenditore portuale «risulta essere cliente del casinò del Principato dal 1990 e beneficia di un credito anticipato che può raggiungere il milione e mezzo di euro». Per scoprirlo, i pm hanno agito tramite rogatoria a Montecarlo.