il Giornale, 10 maggio 2024
Il salone bipartisan
nostro inviato a Torino
È tutto un po’ in ritardo al Salone del Torino, ma alla fine così puntuale; anche la cerimonia di inaugurazione, fissata sabaudianamente alle 11 comincia quaranta minuti dopo, forse per questioni di sicurezza, forse imprevisti di qualche autorità, ma è come se non fosse successo niente. Un po’ come il passaggio di direzione ai vertici della Fiera: tra Nicola Lagioia e Annalena Benini, al netto dei consigli di Francesco Piccolo, non cambia nulla di davvero significativo. Tutto è esattamente com’era. Che poi è la forza del Salone.
Benvenuti alla edizione numero 36 del Salone Internazionale del Libro di Torino – titolo: «Vita immaginaria» – così amato da battere ogni volta il record di visitatori precedente, e quest’anno saranno anche più dei 215mila del 2023. Questione di autorevolezza. Poi ci sono le autorità. All’apertura ci sono tutti: sindaco della città e Presidente di Regione, uno di sinistra l’altro di destra, irrilevanti e indistinguibili anche nei discorsi, e un pezzo di Governo: due Ministri – Istruzione e Cultura – e due sottosegretari. Giuseppe Valditara se la gioca facile, stigmatizzando l’abuso dei cellulari fra i più piccoli, «mentre nella nostra scuola il libro resterà strumento essenziale, irrinunciabile e insostituibile», invece Gennaro Sangiuliano è più originale. A memoria, è l’unico politico che sul palco estrae dalla tasca dei libri veri – sono edizioni per bibliofili, di piccolo formato – citando gli autori: Angelo Fortunato Formiggini, editore ebreo suicidatosi nel ’38 dopo l’annuncio delle leggi razziali fasciste; Ezra Pound e Prezzolini. Annuncia anche tre mostre. Su Pasolini e Mishima. Su Piero Gobetti, che cita più volte. E su Antonio Gramsci.
Poi, gramscianamente (scelta un anno fa dai privati che gestiscono il marchio del Salone del Libro senza scontentare troppo né la destra né la sinistra) parla la nuova direttrice del Salone, Annalena Benini. Elegante, compassata, inattaccabile dalle due parti politiche (ecco perché durerà più del necessario), unica donna sul palco – ma qui la parità di genere è garantita dalla sua squadra di lavoro: quasi tutte donne – sicura («Sarà un Salone più grande di sempre, sarà un salone felice, farà volare in alto i pensieri»), la scrittrice-direttrice è già molto benvoluta in città e al Lingotto. Sarà il suo savoir-faire. La cosa più eccezionale che abbiamo sempre trovato in Annalena Benini è l’energia che ci mette a stare ferma. Un po’ come il Salone, che nel suo moto immobile va sempre avanti.
Davanti a sé il Salone ora ha cinque giorni di incontri, presentazioni, appuntamenti, reading, firmacopie. Gli eventi in calendario da qui a lunedì sono quasi 2mila. Da dove iniziare?
Ad esempio da Salman Rushdie, attesissimo, per la prima volta in Italia dopo l’attentato del 12 agosto 2022, quando fu gravemente ferito da un estremista di fede islamica che voleva mettere in atto la fatwa degli Ayatollah per il suo romanzo I versi satanici, e che qui al Salone porta il suo nuovo libro, Coltello (Mondadori), in cui racconta la sua terribile esperienza: è un inno alla libertà di pensiero e di parola. Lo scrittore indiano naturalizzato britannico lo presenterà oggi, insieme con Roberto Saviano. Ma a chi ieri gli ha domandato un giudizio sulle reazioni dei politici alle offese che ricevono, tra cui quelle rivolte alla premier Giorgia Meloni proprio da Saviano, Salman Rushdie – super scortato, molto cortese e brillante in conferenza stampa, accompagnato dalla bellissima moglie Rachel Eliza Griffiths di 31 anni più giovane – ha risposto che «I politici dovrebbero farsi la pelle un po’ più dura, perché un politico oggi, oltre a un grande potere, ha anche molta autorità ed è normale che susciti reazioni persino dure». «Io alla premier darei un consiglio – ha aggiunto -: essere un po’ meno infantile, e la inviterei a crescere».
Cresce la voglia di Salone, crescono di anno in anno gli stand, i padiglioni (c’è anche il «4» quest’anno) e il numero di editori presenti, mentre per fortuna – almeno per oggi – si abbassano le polemiche. La fiera del libro, in fatto di proteste, è stata superata a sinistra dagli Stati generali della Natalità, a Roma, dove un gruppo di studenti ha zittito la ministra della Famiglia Eugenia Roccella. In fondo esattamente quello che era successo, qui a Torino, l’anno scorso.
Politica e Salone. Il Salone politico. La politica che vuole entrare al Salone. Succede ogni volta. Ieri Vittorio Sgarbi ha denunciato la cancellazione della presentazione del suo libro su Michelangelo prevista domenica. Ma in realtà è solo l’effetto di una norma non scritta secondo la quale chi è candidato alle elezioni, come lo è lui alle prossime Europee, in regime di par condicio non può essere protagonista di incontri pubblici. E vale per tutti. Matteo Salvini che oggi sarà qui, potrà solo fare un firmacopie nello stand del suo editore: niente presentazioni.
Meglio così del resto. Ce ne sono già troppe. Centinaia e centinaia: di scrittori, giornalisti, cantanti, bestselleristi, debuttanti, poeti, romanzieri, storici, filosofi. Per cinque giorni quelli che contano, e anche quelli che non contano, e i secondi più dei primi, sono tutti qui. Da Elizabeth Strout, vincitrice del premio Pulitzer nel 2009, in giù. In disordine alfabetico: Alessandro Baricco, Alessandro Barbero, Paolo Cognetti, Joël Dicker, Donatella Di Pietrantonio, Stefano Massini, Walter Siti, Emanuele Trevi, Don Winslow. Ci sono persino Gianni Morandi e Walter Veltroni.
Abbiamo visto aggirarsi tra gli stand anche Alain Elkann. Aveva un completo di lino e dei giornali sotto il braccio, e forse nella borsa anche La Recherche.
A dimostrazione che nel fantastico mondo dei libri non cambia mai niente. Per fortuna.