Corriere della Sera, 10 maggio 2024
Riforme sgangherate
Per favore, evitiamo di trasformare la Costituzione in un catalogo di argomenti disparati, nella pretesa di modernizzarla secondo l’attualità o certe convenienze. Altrimenti si rischia, specialmente se si tocca la prima parte, di banalizzare la sua base di valori che da 75 anni sono punto di riferimento e tutela. Quel testo, insomma, ha in sé una elasticità atemporale – chiamiamola così – che lo rende contemporaneo, perché contiene già tutto ed è dunque «di tutti» e va semmai «difeso». È un patto che ci lega e che non deve essere appesantito e ridotto a un almanacco di temi slegati fra loro.
Sergio Mattarella interviene alla Milano Civil Week e, sulla spinta di alcune domande dei giovani presenti, pone una questione che gli sta a cuore ma che finora non ha toccato gli osservatori della vita pubblica. Cioè la smania di suggerire modifiche della Carta con l’inserimento di microriforme, a volte suggestive, più spesso inutili se non addirittura sgangherate. Il presidente non parla del premierato su cui non vuole né può interferire, ma delle quotidiane ed estemporanee proposte, lanciate da politici e non. Una rincorsa che in qualche circostanza sembra frutto di ingenuità, mentre per altri versi può apparire come un tentativo di costituzionalizzare un programma politico.
Gli esempi sono numerosi. Il cantautore Antonello Venditti suggerisce di far entrare nella Costituzione la musica pop. Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, lancia l’idea di modificare le regole costituzionali che oggi attribuiscono alle Regioni la regia sulle strategie per internazionalizzare l’immagine nel mondo dell’agroalimentare italiano e affidare tutto questo al governo centrale. Il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, chiede un comma aggiuntivo all’articolo 119, in modo che sia «tutelato e valorizzato il mare». Non manca chi vagheggia l’inserimento nella Carta del Made in Italy o del patrimonio culinario, in nome di una difesa della sovranità del cibo tricolore. Una polverizzazione di ambizioni che c’entrano poco con il lavoro dei padri costituenti.