Corriere della Sera, 10 maggio 2024
Le ricette per la natalità
Roma Meno di 400 mila bambini l’anno. Da 13 anni in Italia è così. Si va dai 577 mila nuovi nati nel 2008 e poi è tutta una curva in discesa. E il record negativo è del 2023 con 379 mila nascite. E però diminuiscono anche i decessi – 661 mila – e aumenta l’aspettativa di vita che supera gli 83 anni, sei mesi in più del 2022. È lontano il 1964, anno del baby boom con 1.035.207 nati. E sono impietosi gli ultimi dati Istat sulla natalità in Italia. Con il numero medio di figli per donna che scende a 1,20 da 1,24 del 2022 e si avvicina al minimo storico del 1995 quando si arrivò a 1,19. La media Ue è 1,46. La Sardegna è la regione d’Europa con il numero medio più basso, 0,91 figli a donna. La Provincia Autonoma di Bolzano ha il record assoluto con 1,56, anche se in discesa rispetto all’1,64 del 2022. È stato calcolato che nel 2050 ci sarà un ragazzo ogni tre anziani. «È come un terremoto di cui non si vedono le crepe, ma che farà crollare tutto e renderà il nostro Paese più povero», dice Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità e organizzatore degli Stati generali della Natalità. Lui propone di creare una Agenzia per la natalità «capace di ragionare, pensare a nuove azioni e in poco tempo studiare una riforma seria ed efficace per far ripartire nel nascite in Italia: questa è la sfida delle sfide, ma è una questione che dobbiamo affrontare tutti insieme».
Figli più tardi
L’Italia ha anche il primato dell’età più alta in cui le donne diventano madri: 32,5 anni contro la media Ue di 29,7. E l’8,9% dei primi nati ha una mamma over 40. Una libera scelta o una necessità? Il nuovo Rapporto di Save the children «Le equilibriste: la maternità in Italia nel 2024» lo chiama «fertility gap»: «La discrepanza tra il desiderio di avere un certo numero di figli e la concretizzazione dell’esperienza genitoriale». Diventa fondamentale quindi, «sostenere le aspirazioni di chi desidera diventare genitore». Che significa più politiche di welfare per favorire una scelta libera, inclusa quella di avere figli. «Occorre intervenire in modo integrato su più livelli – chiarisce Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the children Italia —: oggi la nascita di un bambino rappresenta nel nostro Paese uno dei principali fattori di impoverimento». La spesa del Pil per la famiglia dell’Italia è all’1,4%, contro l’1,9 della media Ue, il 2,2 della Francia, il 2,9 della Finlandia. Il Family Act ha portato l’assegno unico universale per ogni figlio, ma altre misure previste sono rimaste sulla carta, soprattutto per mancanza di risorse. Il governo ha però aumentato di un mese il congedo parentale retribuito (all’80%) per i neogenitori fino ai 6 anni del bambino, azzerato i contributi per le lavoratrici madri (ma solo dai 3 figli in su), confermato il bonus nido. Ma si tratta soprattutto di misure una tantum e limitate ad alcune categorie. Ancora molto resta da fare. A partire dai nidi: 350 mila posti per appena il 28% dei bambini nella fascia 0-3, con punte del 16,2% al Sud. Fino ai 3 anni, l’80% dei congedi è chiesto dalle mamme, il congedo obbligatorio dei padri si ferma a 10 giorni e dopo il parto una donna su 5 lascia il lavoro. «Se per tutte le donne il rapporto con il mondo del lavoro appare complesso – scrive Save the children —, per le madri il tema del bilanciamento tra lavoro e famiglia è una sfida ancora più difficile».
Il resto d’Europa
Ma la denatalità non è un caso solo italiano. La Spagna fa peggio con una media di 1,16 figlio per donna. La Francia resiste con il tasso di fertilità più elevato in Ue – 1,79 nascite – grazie a politiche mirate che sostengono i neogenitori con importanti aiuti economici, agevolazioni fiscali, asili nido, scuola a tempo pieno e part time nei primi anni di vita. Nonostante ciò anche i francesi nel 2023 hanno registrato un drastico calo del 7% con 700 mila nascite in meno, tanto che il presidente Emmanuel Macron ha appena annunciato un piano straordinario a base di congedi retribuiti, check up gratuiti della fertilità e aiuti per la fecondazione. Anche la Germania è alle prese con una forte denatalità scesa a 1,46 figli di media per donna, fenomeno che il governo cerca di contrastare con supporti economici per i figli, congedi retribuiti anche nei part time e nidi garantiti. Da sottolineare la politica familiare della Finlandia, che nel 2019 ha toccato il suo minimo storico con una media di 1,35 figli: oltre a voucher baby sitter e sostanziosi benefit economici per ogni figlio, ha riformato il congedo parentale che si allunga e si trasferisce da un genitore all’altro, per un modello familiare più paritario.
C’è poi l’Ungheria, dove il numero medio di figli per donna è passato da 1,25 a 1,52 in una decina d’anni grazie a politiche mirate ad aumentare la natalità, ma anche per combattere l’immigrazione. A fianco degli assegni per i figli fino ai 18 anni, ci sono sussidi per la prima infanzia, agevolazioni fiscali, contributi per l’acquisto della prima casa e per l’auto, aiuti per coppie con almeno 3 figli e l’esenzione fiscale a vita per le donne con più di 4 figli. Ma i sostegni sono legati al salario lavorativo e molti sussidi sono solo per le coppie sposate.