Corriere della Sera, 9 maggio 2024
Intervista a BigMama
«Oddio, non ci credo!».
Che c’è?
«Mi hanno appena detto che La rabbia non ti basta ha vinto il disco d’oro. Il mio primo oro!».
Marianna Mammone, in arte BigMama, da San Michele di Serino, in Irpinia, è arrivata fino al Palazzo di Vetro dell’Onu per parlare ai ragazzi di body shaming e bullismo. A 24 anni ha superato violenze fisiche e psicologiche, un linfoma di Hodgkin, la cattiveria dei coetanei che l’hanno presa a male parole e a sassate e l’indifferenza degli adulti. Racconta tutto nell’autobiografia Cento occhi (Rizzoli), in libreria dal 14 maggio.
«Quando finisco di parlare con lei scoppierò a piangere. Per la gioia».
Dopo quello che le è successo...
«Ho scritto il libro di getto. C’erano tanti pezzi della mia storia che avevano bisogno di uscire fuori».
I suoi genitori lo hanno letto?
«No e li invito a non farlo, la verità fa male. E io quando sono cresciuta, quando ho affrontato la malattia, ho capito quanto siano importanti. Non hanno bisogno di vedere i loro sbagli nero su bianco. Li conoscono già. Mio padre Italo sa che passava tutto il giorno a lavorare. E mamma Angelina, dopo che mia nonna è morta, si è trovata a crescere due figli e senza saper fare nulla. Sono i genitori migliori del mondo, ma siamo tutti esseri umani e sbagliamo».
Da piccola, vanitosa e circondata dall’affetto della famiglia.
«I miei anni spensierati sono andati avanti fino alle elementari. Nelle foto mi mettevo in posa, con gli occhiali da sole. Ho sempre cercato di attirare l’attenzione. Ballavo e cantavo sul tavolo, a casa delle zie. Ho la mente offuscata dai traumi subiti, ma se scavo nella memoria trovo ricordi bellissimi».
Quali?
«Mamma che mi pettina i capelli, mi coccola, mi abbraccia. Mio padre che mi dà un bacino, mi piglia in braccio e dice che sono una bella bambina. E poi i miei fratelli più piccoli, Guido e Manuele: la loro nascita mi ha ridato l’infanzia. Avrò avuto 7 anni e loro avevano appena imparato a camminare. Un giorno una cagnolina aveva partorito davanti casa e loro, piccolissimi, con i pannolini bianchi, sono corsi a coccolare i cuccioli».
Più tormentato il rapporto con il fratello più grande, Giandomenico. Ora come va?
«Bene, siamo cresciuti. Mi ha aiutata a rasarmi la testa quando perdevo i capelli per la chemio. Quella è stata la prima volta che ci siamo chiesti scusa senza parlare».
Scrive che nella classifica delle più carine della classe finiva all’ultimo posto: «Perché sei chiatta».
«I ragazzini si difendono da una vita cattiva con la perfidia. Invece non giustifico gli adulti».
Il professore che la sbeffeggiava si è mai scusato?
«Ma quando mai? Mi ha scritto un messaggio come se fossi sua figlia: Marianna cara, ti ricordi di me?»
E lei?
«L’ho ignorato. Se gli dicessi che mi ha fatto stare male risponderebbe: “Vabbé ma io stavo giocando”. Quel professore non si rende conto che ha dato il via a una valangata di commenti negativi e battute dei compagni di scuola».
Cosa direbbe al ragazzo che, quando lei aveva 16 anni, l’ha chiusa in bagno e l’ha violentata?
«Gli ripeterei passo passo quello che è successo. Per lui, e per tanti come lui, le donne sono una merce. Da allora mi è capitato altre volte che abbiano provato ad abusare di me, ma sono riuscita a non soccombere. L’ultima tre o quattro anni fa, ero ubriaca e uno mi ha caricato sulla sua macchina con la scusa che mi accompagnava a casa. Non è andato fino in fondo ma il giorno dopo ero piena di lividi. Da allora non bevo più».
È una fan di Salmo.
«Mi ha insegnato che rabbia e senso di oppressione si possono sfogare nelle canzoni. Nei miei live mi ispiro alla sua forza, ma non voglio essere la brutta copia di nessuno».
Ha anche aperto un suo concerto.
«Quando Salmo mi ha detto che spaccavo, mi si è spento il cervello. Ho pensato a me che nel 2015 scrivevo su Instagram: “Oggi ho visto Salmo. Mauri (il vero nome del rapper è Maurizio Pisciottu ndr) ti giuro che prima o poi ci stringeremo la mano”».
A Milano è arrivata a 18 anni, studi al Politecnico, facoltà di Urbanistica.
«Avevo anche provato a entrare in un’università tedesca per studiare economia, un’iniziativa promossa da una catena di supermercati che dopo la laurea e un tirocinio in azienda, ti dà macchina e cellulare e diventi manager».
Non andò bene.
«Mi arrivò una mail: ero terza, avevo delle potenzialità altissime che da loro sarebbero state sprecate».
Dispiaciuta?
«No perché a Milano ho trovato la mia strada nella musica».
Si è laureata?
«Mi manca un solo esame. Non mi farò scappare il foglio con su scritto dottoressa Marianna Mammone».
Al Concertone del Primo Maggio ha detto: «Fallire è prezioso e credere nei sogni salva». Lei nel 2023 a Sanremo era stata scartata.
«Ma Elodie mi chiamò per la serata dei duetti. È stata un’ispirazione. Mi ha caricata: “Amo’ non ti preoccupare sei forte. Sali, brucia il palco, scendi, hai fatto il tuo lavoro”».
Quest’anno, invece, il festival lo ha fatto fra i Big.
«Mi ero di nuovo iscritta fra i giovani ma Amadeus dopo aver ascoltato La rabbia non ti basta ha pensato che era un messaggio troppo bello da portare all’Ariston, lo ringrazio per averci creduto. L’ho abbracciato sul palco: Sanremo è un sogno che, grazie a lui, è diventato realtà».
Il complimento più bello?
«Quello del mio mito Loredana Bertè: “Sei fortissima”».
Che è una dea se lo è tatuato sul décolleté.
«Nel 2021, per una campagna pubblicitaria la mia faccia era stampata su cartelloni formato gigante in tutta Milano, avevo mandato a fan... gli amici che mi trattavano male, stavo conoscendo meglio Lodovica, la mia fidanzata, avevo perso i chili che avevo messo su durante la chemio. Ero fiera di me stessa, felicissima, mi sentivo una dea. E me lo sono tatuata».
Scrive: «Le donne sono perfette e io pensavo che fossero troppo per una come me».
«Sono sensuali, intelligenti, esseri superiori, difficili da conquistare... Certo, dipende dalle persone... Non è che dicendo sono bisessuale, lesbica, o qualsiasi cosa voglia essere, mi innamoro di tutte. Fino a quattro anni fa avevo avuto relazioni con uomini, con le ragazze solo storielle. Anche con Lodo era partita con incontri occasionali, ma quando mi ha fatto capire che potevo fidarmi di lei, ho pensato di meritare l’amore di una donna».
Come l’ha conquistata?
«Con pasta e patate. Cucinare è il mio messaggio d’amore».
Vi sposerete?
«Mamma dice che dopo la laurea potrò fare quello che voglio. Appena finisco l’università le faccio la proposta di matrimonio».