La Stampa, 9 maggio 2024
Il sistema Toti
«È stata “svenduta” la propria funzione e la propria attività in cambio di finanziamenti, abdicando in tal modo ai propri importanti doveri istituzionali». Uno degli ultimi passaggi dell’ordinanza con cui la gip di Genova Paola Faggioni ha disposto gli arresti domiciliari per Giovanni Toti è un durissimo atto d’accusa nei confronti del presidente della Liguria. Al di là delle singole contestazioni, e delle indagini ancora in corso su ulteriori filoni, sembra emergere un metodo. Un sistema. Il sistema Toti. Un giro di decine di milioni tra finanziamenti e sponsorizzazioni che andavano di pari passo (o seguivano) autorizzazioni, concessioni, accreditamenti rilasciati dalla Regione. Una rete fittissima in cui interesse pubblico e privato si mescolavano al punto da non potersi più distinguere. Con tre grandi pilastri: il porto, la sanità privata e la grande distribuzione. Ma anche il business dei rifiuti. E persino il calcio.Nei suoi nove anni alla guida della Regione il presidente ha costruito un blocco di potere grazie al quale – secondo gli inquirenti – ha potuto contare su consistenti finanziamenti utili ad alimentare la sua macchina del consenso. E l’ha fatto – scrive la gip – con una certa «disinvoltura nel proposito di ricorrere a richieste di denaro agli imprenditori, sfruttando la momentanea soddisfazione per gli obiettivi imprenditoriali realizzati anche in seguito al proprio intervento».Ci sono almeno due fronti ancora aperti, oltre a quelli che coinvolgono il gruppo Spinelli ed Esselunga. Sempre con lo stesso meccanismo. Uno riguarda il gruppo Amico, realtà ultracentenaria fornitrice di servizi per l’industria navale che da poco ha ottenuto dall’Autorità portuale la concessione fino al 2060 per realizzare due accosti per mega yacht, lunghi oltre i 90 metri. Per quell’affare Luigi Amico si è attivato, in particolare con il capo di gabinetto di Toti, ben disposto a continuare a finanziare il governatore. «In cambio non chiedo la luna, solo un’attenzione legittima, sono sei anni che aspettiamo il rinnovo della concessione. Mi farebbe piacere quel pizzico più di attenzione».Poco dopo, siamo nell’estate di tre anni fa, al comitato Toti arriva una donazione di 30 mila euro, operazione segnalata come sospetta dalla Banca d’Italia, che aveva fatto lo stesso con le donazioni di un altro imprenditore, Pietro Colucci, a capo di diverse aziende nel settore della gestione dei rifiuti. Anche Colucci era in attesa di autorizzazioni dalla Regione: gli servivano per ampliare alcune discariche. Tra il 2016 e il 2020 ha versato ai comitati di Giovanni Toti poco meno di 200 mila euro. Finanziamenti illeciti, scrivono gli investigatori, la cui ragione va ricondotta «alla funzione svolta dal presidente della Regione e alle competenze e ai poteri della Regione in materia ambientale». Colucci e Toti sono stati indagati per corruzione ma gli accertamenti non hanno confermato l’impianto dell’accusa.Restano i soldi, il vero cuore del sistema Toti. Solo tra il 2016 e il 2018 ai suoi comitati è arrivato quasi un milione da costruttori e industriali. Un meccanismo che potrebbe aver alterato le regole del gioco. Ma soprattutto una commistione che, anche là dove non configura reati, lascia emergere un gigantesco conflitto d’interessi: i grandi sponsor politici del governatore – nonché finanziatori delle sue campagna elettorali, come Esselunga, il gruppo Amico, il gruppo Spinelli – spuntano anche come finanziatori di decine di eventi organizzati dalla Regione o dal Comune di Genova (dal capodanno in piazza a Euroflora alla Ocean Race per citarne alcuni) oppure come partner in diverse iniziative istituzionali. Da un lato aiutano gli enti locali a finanziare le proprie iniziative, contribuendo al loro successo e indirettamente alla popolarità dei vertici istituzionali; dall’altro ne finanziano le campagne elettorali; e infine chiedono e ottengono dalle stesse istituzioni autorizzazioni, varianti urbanistiche, concessioni di aree, lo sblocco di importanti investimenti, corsie privilegiate.Forse non è un caso, ad esempio, che la Liguria proprio negli ultimi anni abbia conosciuto una fortissima espansione della grande distribuzione, al punto che oggi Genova (con 238 metri quadri di supermercati ogni mille abitanti) detiene il record italiano, addirittura più di Milano. E certamente è un fatto l’avanzata della sanità privata i cui big sono spesso tra i finanziatori delle campagne del presidente: oggi il privato possiede il 20% degli ambulatori e laboratori e il 90% nelle strutture residenziali, le strutture accreditate sono passate in vent’anni (nove dei quali a guida Toti) dal 25 al 50%, interi ospedali (prima Bordighera, ora Albenga) sono stati affidati ai privati così come buona parte del piano per le vaccinazioni Covid e per smaltire le liste d’attesa. Fino alla delibera che vorrebbe consentire ai medici del servizio sanitario nazionale che hanno optato per l’intramoenia di visitare nelle strutture private. Un gigantesco affare contro cui si è mosso addirittura il governo, al punto da chiamare in causa la Corte Costituzionale che ora dovrà esprimersi.E poi c’è la macchina della comunicazione della Regione: un turbine di iniziative, promozioni ed eventi spesso realizzati con il decisivo contributo di sponsor privati. Ma altrettanto spesso finanziate dai contribuenti, vedi la sponsorizzazione della Regione alle squadre di calcio liguri, Genoa, Sampdoria e Spezia. Un milione e 300 mila euro per esporre il logo della Regione sulle divise nel campionato 2022-2023. O i soldi che da Regione, società partecipate e Autorità portuale finivano a un’emittente privata, Primocanale, ribattezzata dagli avversari “Teletoti”, il cui editore l’ex senatore Maurizio Rossi, è indagato per finanziamento illecito. O, ancora, i 4 milioni e mezzo l’anno stanziati per iniziative e attività volte a favorire la presenza istituzionale della Regione: budget quintuplicato dall’arrivo del governatore.E che dire delle spese per i servizi istituzionali della Regione, passate tra il 2019 e il 2021, da 297 a 419 milioni? «Lo dico da anni», commenta ora Ferruccio Sansa, consigliere regionale e sfidante di Toti nel 2020. Due anni fa ha presentato un esposto in procura in cui denunciava alcune delle vicende oggi emerse: «Al di là dell’inchiesta il dubbio che decisioni che dovevano essere prese nell’esclusivo interesse dei cittadini fossero invece condizionate da interessi privati di Toti e dei suoi finanziatori era fortissimo da tempo».