il Fatto Quotidiano, 9 maggio 2024
Il “corno” di Rampelli
“Quando il corno squilla, la compagnia chiama a raccolta”. È l’ora del tramonto a Roma, Colle Oppio, fuori dalla sezione missina dove si fece le ossa Giorgia Meloni, negli anni in cui i camerati si affacciavano fuori dalle catacombe della storia per iniziare il lungo cammino verso il governo del Paese. Pare davvero un sepolcro antico, la sede di Colle Oppio, scavata nella pietra sotto il livello del suolo: oggi la grotta non ospita più il partito – era stata sgomberata nel 2017 per i debiti con il Comune di Roma – ma una mostra su Norma Cossetto, studentessa istriana trucidata dai partigiani di Tito nel 1943. Al richiamo del corno non risponde più Giorgia, ovviamente: ha altro di cui occuparsi, in luoghi meno crepuscolari. Ma a serrare le file della compagnia c’è ancora e sempre Fabio Rampelli, che di Meloni fu il padrino politico ed è tuttora capo dei “gabbiani”, la comunità di Colle Oppio che declinò il neo fascismo tra gli scenari mistici di Tolkien e i versi immaginifici di Ezra Pound. Qualcosa rimane, tra le pagine scure: Rampelli non ha abbandonato la sua gente e la riunisce ancora il lunedì sera, in una cerimonia che si svolge mentre cala il sole, sotto l’arco di via degli Orti di Mecenate, fuori dall’antica sezione.
Molto ironicamente, Il richiamo del corno è il titolo di un romanzo distopico di Sarban, dove si immagina un mondo in cui i nazisti hanno vinto la seconda guerra mondiale. I rampelliani non lo sanno, oppure se ne fregano: il loro invece è un omaggio a una canzone degli Aurora, gruppo rock “identitario”, ispirata a sua volta allo squillo del corno di Boromir nel Signore degli Anelli, l’opera colossale di cui si è appropriata la cultura nera dagli anni 70 fino a oggi (non sfuggirà che il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, a novembre ha “regalato” a Meloni una mostra su Tolkien alla Galleria Nazionale d’arte moderna).
Di fronte a una cinquantina di congiurati, il corno di Rampelli inizia proprio con la declamazione della canzone degli Aurora, letta da un giovane militante: “Energici mezzecalzette/ presuntuosi illuminati/ volontari, avventurieri/ paralleli e convergenti/ generosi e spocchiosi/ spigoleremo insieme/ masticando aforismi/ trangugiando racconti/ divorando esperienze”. Mica cavoli. Poi sul palchetto si alternano i custodi della fiamma e ognuno legge un breve aforisma: si spazia ecletticamente da Oswald Spengler a Giuseppe Mazzini, fino a J.K. Rowling e all’eretico Francesco Guccini, tanto amato da Meloni. Il rituale ha un copione davvero particolare: c’è la musica (un sassofonista che interpreta i classici della canzone italiana), ma pure un intermezzo dedicato al primo soccorso, messo in scena con tanto di manichini e defibrillatori.
Nell’opuscolo distribuito ai fedeli, la comunità di Colle Oppio si definisce così (tutto in stampatello): “Un gruppo umano vivente in comune, unito dalla medesima origine, dai medesimi sentimenti, dalla medesima aspirazione”. Ma quando prende la parola Rampelli – il momento clou della serata – la poesia e le atmosfere fantasy lasciano brutalmente spazio al realismo politico. La comunità inizia a somigliare più banalmente a una corrente di Fratelli d’Italia. Il vicepresidente della Camera sembra averla riunita non tanto per gli Aurora e per le citazioni di Harry Potter, quanto per organizzare la campagna elettorale del suo candidato alle Europee, Stefano Tozzi. “Abbiamo il vento in poppa, queste elezioni sono una sfida importante, noi vi utilizziamo come riproduttori del nostro messaggio tra amici, parenti, colleghi”, dice Rampelli con prosa un po’ legnosa ma ben comprensibile. Fa distribuire ai presenti un opuscolo con tutti i Comuni della circoscrizione Italia Centrale, dove è candidato Tozzi. “Dovete fare riferimento al comitato elettorale – spiega Rampelli –. I referenti sono Francesco Quintiliani detto Shuttle, Francesco Todde detto Lupin, Andrea De Priamo e Marco Scurria. Ognuno di voi deve dire ‘ho 10, 15, 100 voti’ e poi deve farsi guidare dal comitato elettorale. Ognuno è responsabile delle persone che gli stanno intorno, non vanno chiamate solo per ‘battere’ il voto per Fratelli d’Italia, ma vanno coinvolte, responsabilizzate”.
Insomma, tra un corno e l’altro, tra un’aspirazione spirituale e un legame di sangue, si fa politica e ci si organizza molto concretamente per spingere il candidato vicino a Rampelli, il giovane Tozzi, “l’uomo chiamato a rappresentare il nostro mondo alle prossime elezioni europee”.
Il capo dei gabbiani, l’ex padrino di Giorgia, si lascia sfuggire anche una battuta che dice molto del clima familiare, fin troppo rilassato: “Qui siamo tra di noi, non ci sente nessuno. Le Europee sono elezioni particolari. C’è il voto di lista, non si corre in coalizione. Per paradosso, i nostri veri competitori sono i partiti che abbiamo più vicini”. È a loro che bisogna portare via i voti. “Tanto è difficile che ci scelga qualcuno del Pd – ragiona Rampelli –, invece è importante mantenere a destra la trazione della coalizione”.