Avvenire, 8 maggio 2024
Sui prezzi di mais, grano, riso, soia
Giovanni Ferrazzi parla di uno «scossone» dei prezzi da un momento all’altro. La sala ascolta in silenzio l’economista dell’Università di Milano, mentre racconta i mercati con la metafora dell’altalena. E un industriale di peso come Mauro Fanin ci mette il carico: «Potrebbero risvegliarsi con prezzi interessanti».
Al convegno sul futuro delle commodities promosso alla Granaria di Milano dalla Coldiretti, ieri mattina, il primo piano ce l’aveva il mais, ma l’analisi è stata a 360°. La Lombardia è storicamente la stalla d’Italia, ma la produzione maidicola, da anni, alimenta anche la produzione di bioenergie. È un prodotto esposto alla doppia volatilità di rese e prezzi. Le prime le condiziona il clima – «ma anche il fatto che manchi una ricerca pubblica» puntualizza il docente – le seconde una serie lunghissima di fattori. Anche culturali e politici: «L’opinione pubblica – e la politica con essa – deve capire che l’agricoltura ha un ruolo importante e che dipendere dall’estero nella zootecnia mette a rischio filiere strategiche come il Parmigiano e il Grana». Secondo Ferrazzi «bisogna capire che senza questi prodotti non arriviamo a produrre il made in Italy che traina il nostro export»; ma anche il settore agroalimentare deve investire di più in innovazione. Non si creda che basti competere sul prezzo, quanto meno non in un Paese industrializzato, che ha costi medi più elevati del resto del mondo. Perché la tagliola dei prezzi mondiali non perdona.
L’esperto ha evidenziato che il mais è il cereale che meglio fotografa l’incertezza del periodo storico che viviamo: la dinamica dei prezzi del mais segue quella di tutte le altre materie prime, compreso il petrolio. Le oscillazioni dall’inizio del nuovo millennio si sono ravvicinate e la volatilità dei mercati si è accentuata: ciò che avveniva una vita ogni dieci anni ora avviene una volta all’anno. Ciò significa che aumenta il rischio imprenditoriale. Anche perché non si fa abbastanza ricerca sulle varietà che resistono allo stress idrico e si dipende troppo dalle sementi acclimatate in altre aree geografiche, con la conseguenza che le rese oscillano intorno al 10% all’anno. Oggi i prezzi sono ai livelli dello choc petrolifero, ormai prossimi ai 320 dei famosi 350 dollari a tonnellata, e l’Europa è deficitaria, giacché l’import oscilla tra il 70 e il 90%.
Un altro cereale sferzato dai venti del mercato è il grano. Come ha spiegato Stefano Serra (Info Granarie e Servizi) le produzioni canadesi saranno confermate e negli Usa la situazione pare sotto controllo, ma si teme la siccità e si sta già muovendo anche la speculazione geopolitica: «La Russia sta svendendo per fare cassa e se consideriamo che l’effetto cambio su questi mercati è addirittura del 30%, la Turchia può alienare in ogni momento due milioni di tonnellate di grano duro di bassa qualità, da miscelare a quello russo o kazako. L’ha già fatto, sommando all’export di questa enorme massa di commodity la svalutazione della lira turca».
Un ottimo affare per Erdogan ma un terremoto per noi. In platea, il presidente di Coldiretti Alessandro Rota ieri commentava: «Anche quest’anno saremo sull’altalena».
È quel che teme il riso, una produzione di cui l’Italia è leader europeo, e che subisce più di altri gli effetti del cambiamento climatico e delle politiche ambientali. Il direttore dell’Ente Risi, Roberto Magnaghi, non tace che «La politica del Green deal non ha pensato cosa sarebbe successo realmente all’agricoltura, così come non si riflette che importare indiscriminatamente riso asiatico confezionato a dazio zero stronca la risicoltura europea». Malgrado questa coltura, come spiegava ieri il risicoltore Cesare Fedeli (Milano Sementi), sia oggetto di forti investimenti di innovazione: «Abbiamo portato i premi ai moltiplicatori di seme da 6 a 15 euro – ha detto – e la stessa Turchia che specula sul grano è costretta ad approvvigionarsi di seme di riso in Italia».
Decisamente condizionato dagli andamenti politici e climatici del Sudamerica è invece il mercato della soia. «I prezzi si sono risvegliati e anche quelli dei cereali non dormiranno a lungo, in questo momento bisogna dormire con un occhio aperto. I mercati potrebbero risvegliarsi diventando prezzi interessanti rispetto alle colture cerealicole in genere» ha commentato Mauro Fanin, presidente di Cereal docks, un grande gruppo italiano che trasforma farine, oli e lecitine. «Anche nella soia – ha detto – il mercato è fatto di montagne russe, condizionato dagli acquisti cinesi o dal clima brasiliano. Oggi risalgono, in seguito alle alluvioni sudamericane e questi movimenti ci riguardano da vicino perché siamo dei piccolissimi produttori a livello mondiale ma siamo il primo produttore europeo». Di un prodotto che oltre a fornire preziose proteine vegetali è alla base della filiera del biodiesel. Fanin usa l’olio di soia per alimentare le caldaie dei suoi stabilimenti
Mio carissimo Max, giochiamoancora una volta il gioco deibambini infelici?...Quello che ho scrittoè scritto in un bagnotiepido, gli inferi e-terni del vero scritto-re non li ho vissuti,salvo alcuni accessiche, nonostante laloro intensità proba-bilmente illimitata,posso però ignorarequando si tratta diformulare un giudi-zio, per via della lororarità e del deboleimpeto con cui sonoentrati in gioco. Stoscrivendo anche qui,molto poco tuttavia,mi lamento per me egioisco anche... Cheio ancora per moltonon possa mostrarticiò che ora sto scri-vendo, devi capirlo Max, fosseanche soltanto per affetto neimiei confronti... Che razza divita faccio a Praga! Questo de-siderio di persone che io ho eche si trasforma in paura se vie-ne esaudito... Fino alle 8 scrivopoco, ma dopo le 8 non scrivonulla, nonostante poi io proviun pieno sollievo. Scriverei dipiù, se non trascorressi la gior-nata in una maniera completa-mente stupida, a giocare a pallae a carte e a sedermi e sdraiarmiin giro per il giardino... Visiteròil giardino zoologico nel qualesarei da rinchiudere!Franz, 22.07.1912Caro Franz, Werfel scrive entu-siasta del tuo racconto sullascimmia e ritiene che tu sia ilpiù grande scrittore tedesco.Assegnati i Pulitzer 2024Per il giornalismo premi a ProPublica,“NYTime s”e altri; miglior romanzo “N ig h tWa tch”di J. A. Phillips e Non Fictiona“Un giorno nella vita...”di N. ThrallTravis Scott a MilanoIl rapper torna in Italia col suo “Utopia –Circus Maximus World Tour”per unasola data (dopo Roma nel 2023):appuntamento il 23.07 all’I p p o d ro moAnche io la penso così, come saida tempo. Con l’unica riserva,che tu stesso mi hai insegnatoad avere davanti a formulazionicosì assolute, riserva che perònon proviene dal mio cuore.Max, 18.12.1917Caro Max, quando oggi, duran-te la notte insonne, continuavoa lasciar correre tutto su e giùfra le tempie doloranti,divenni di nuovo consa-pevole di ciò che nell’ul -timo periodo abbastan-za tranquillo avevo qua-si dimenticato: mi resi conto,cioè, su che terreno fragile o ad-dirittura inesistente io viva, suu n’oscurità dalla quale l’osc uraviolenza scaturisce a suo piaci-mento e, senza preoccuparsidel mio balbettio, mi distruggela vita. Lo scrivere mi mantie-ne, ma non è più corretto direche esso mantiene questa sortadi vita? Con ciò, non intendonaturalmente che la mia vita èmigliore se non scrivo. Al con-trario, allora è molto peggio etotalmente insopportabile edeve concludersi con la follia.Questo però soltanto a condi-zione che, com’è di fatto, io siauno scrittore anche se non scri-vo. Ma uno scrittore che nonscrive è un’assurdità che provo-ca la follia. Come stanno le coseperò con lo stesso essere scrit-tore? Lo scrivere è un dolce,meraviglioso compenso, maper cosa? Nel corso della nottemi divenne chiaro con l’eviden -za di una lezione dimostrativaper bambini: è il compenso perun servizio del diavolo. Questoscendere verso le potenze oscu-re, questo scatenamento di spi-riti legati per natura, gli ab-bracci ambigui e tutto ciò cheancora può verifi-carsi laggiù, di cuiqui sopra non si sapiù nulla quando siscrivono storie allaluce del sole. Forse c’è anche unaltro scrivere, io conosco soloquesto, nella notte, ogni voltache la paura non mi fa dormire,conosco solo questo. E la di-mensione demonica in ciò mipare chiarissima. È la vanità ela brama di piaceri che ronza i-ninterrottamente intorno allapropria figura... Non mi sonoriscattato attraverso lo scrivere.Durante tutta la mia vita sonomorto e ora morirò davvero. Lamia vita era più dolce di quelladegli altri, la mia morte saràtanto più spaventosa. Lo scrit-tore in me naturalmente mori-rà subito, poiché una tale figuranon ha terreno, non ha consi-stenza, non è nemmeno di pol-vere; è soltanto vagamentepossibile nella più folle vita ter-rena, è solo una costruzionedella brama di piaceri.Questo è lo scrittore. Iostesso però non possocontinuare a vivere, poi-ché non ho vissuto, sonorimasto argilla, la scin-tilla non l’ho trasforma-ta in fuoco, ma utilizzatasolo per l’illuminazionedel mio cadavere.Franz, 5.07.1922Carissimo Franz, non riesco(con tutta la migliore volontà) atrovare così disperato il tuo ca-so... Qua è in gioco ovviamenteun pizzico di follia, di predispo-sizione a tormentarsi... Le tueosservazioni sullo scrittore: o-ra, è chiaro che noi due, benchéamici, apparteniamo a due di-versi generi di scrittori. Tu nelloscrivere trovi conforto perqualcosa di negativo, che siareale o immaginario, in ognicaso per quello che tu vivi comela dimensione negativa dell’e-sistenza. Nell ’infelicità tu al-meno puoi scrivere. Per me lafelicità e lo scrivere sono appe-si allo stesso filo. Se si spezza (equanto fragile è!) allora sonoprivo di conforti. Ma in quellostato preferirei strangolarmipiuttosto che scrivere. Tu diraiche lo scrivere è il tuo sistemaper strangolarti ecc. Mentre ioposso scrivere solo quando mitrovo in un grande equilibriointeriore... Autori non ebrei ri-corrono all’alcol in questi casi,e cioè per diventare tanto felicio tanto infelici quanto è loronecessario per scrivere. A noiebrei sembra mancare questorimedio.Max, 9.07.1922© 2007-2024 Neri Pozza