Corriere della Sera, 8 maggio 2024
Sulla casa editrice Aboca
Duecento titoli in 12 anni. Con successi editoriali del calibro di Botanica di Stefano Mancuso, 15 mila copie vendute, o L’arte di respirare di James Nestor, ormai a quota 20 mila. Se raffrontati ad altre realtà potrebbero sembrare numeri da poco, ma non lo sono perché Aboca Edizioni è una casa editrice specializzata in pubblicazioni di tema ambientale, un’esperienza unica nel suo genere in Italia.
Nata a Sansepolcro, Arezzo, all’interno di palazzo Bourbon del Monte che già ospitava una biblioteca e un museo delle erbe medicinali, è un progetto editoriale ideato da un’impresa che fin dal 1975 si occupava di farmaci a base naturale. Dal 2019 si declina anche in una collana, «Il bosco degli scrittori», che racconta il mondo a partire da un albero. E che diventa un bosco reale al Salone internazionale del Libro di Torino. Ne parliamo con Massimo Mercati, ad di Aboca.
Si racconta che suo padre Valentino decise di fondare Aboca perché desiderava che lei e sua sorella cresceste in un mondo più rispettoso della natura. Un tema che torna nei vostri libri…
«Quando comprò la casa in località Aboca, il suo obiettivo non era così bucolico. Ma allo stesso tempo, papà pensava già a un luogo che potesse servire come Arca di Noè per quando sarebbero venuti tempi difficili. E forse oggi, leggendo James Lovelock in La rivolta di Gaia, la prospettiva purtroppo non è così lontana da quello scenario».
Da bambino leggeva molto? Che tipo di libri?
«Ho sempre letto tanto. Ed essendo cresciuto con mio padre che mi portava a vedere i campi, la natura, all’inizio, più che i libri erano riviste di naturalismo».
La affascinavano anche gli erbari che lui cominciava a collezionare per il futuro Museo di Aboca?
«Sì, in qualche modo erano libri che mi incuriosivano perché in casa nostra papà iniziò a studiare su erbari antichi: il primo fu il Mattioli (umanista, medico e botanico italiano del Cinquecento, ndr)… Li usava come base per provare ricette: girava per casa cercando di creare prodotti di vario tipo, inizialmente cosmetici. Col tempo sono diventati la biblioteca antica: oggi son più di tremila».
Suo padre era convinto che in natura si potessero trovare tutte le risposte e si dedicò allo studio delle proprietà delle piante. Lei coltiva la stessa passione?
«Mio padre è tuttora molto attivo. A 85 anni continua a seguire in particolar modo l’area di ricerca all’interno delle attività del gruppo. La sua impronta è la chiave che distingue Aboca: vedere nelle piante non tanto e non solo l’antico rimedio ma anche il futuro di una medicina basata su sistemi naturali complessi. La biologia dei sistemi è una delle frontiere più interessanti a fronte dell’emergere di malattie sempre più complesse».
Poi quegli erbari sono diventati i primi titoli pubblicati da Aboca Edizioni. Ne cercate ancora?
«Inizialmente erano editi con marchio Aboca Museum e si tratta tuttora (continuiamo a pubblicarne) di veri e propri facsimili… Poi da questo primo nucleo – cui si affiancavano le pubblicazioni scientifiche di Aboca – intorno al 2010 abbiano iniziato a pensare, su mia spinta, di entrare nell’ottica di una vera e propria casa editrice. Così è nata Aboca Edizioni, con l’intento di sviluppare collane dall’approccio multitarget: dai saggi alla narrativa, ai libri per bambini, ai libri di storia, alla varia. Ma con un unico obiettivo: approfondire il rapporto tra uomo e natura e contribuire alla eco-alfabetizzazione nel senso più alto del termine».
Perché il 2023 è stato un anno record per Aboca?
Radici profonde
«L’ambientalismo va ben oltre l’essere “green” e anche oltre l’aumento di CO2 nell’atmosfera»
«Perché dopo tanti anni di sforzi iniziamo ad avere un’organizzazione, una diffusione, una distribuzione che fanno sì che ci possiamo qualificare come vera e propria casa editrice. Con una crescita del 25% sul 2022, abbiamo iniziato a vedere dei primi risultati».
Per voi scrivono autori famosi per l’ambientalismo militante, come Fritjof Capra: in autunno ne pubblicherete «La visione sistemica della vita» nella collana International Lectures. Lo ha conosciuto personalmente? Che esperienza ne ha tratto?
«Capra è un grande amico ed è per noi un pensatore di riferimento. Da fisico e teorico della complessità, ha saputo tratteggiare i confini di quella che oggi è la visione sistemica, la vera base di un’ecologia profonda: il concetto di comprendere l’interconnessione tra tutti i sistemi viventi. Ha saputo allargarla al dominio sociale, all’organizzazione delle comunità tra le persone. A Torino porteremo i suoi lavori su Leonardo da Vinci, ora in volume unico Aboca».
C’è una figura della letteratura ambientalista che la affascina più di altre?
«Sicuramente un’autrice come Rachel Carson, madre dell’ambientalismo – ancor oggi relativamente nota in Italia (è suo Brevi lezioni di meraviglia. Elogio della natura per genitori e figli, Aboca 2020) —. Ma ci affascinano tutti i pensatori alla base della teoria della complessità».
Al Salone di Torino presenterete «Economia vegetale» di Luigino Bruni, tra gli antesignani della Scuola di Economia civile.
«Nel libro di Bruni il tema della visione sistemica porta a concentrarsi sul legame tra bene individuale e bene comune, un paradigma economico che poi applichiamo anche all’impresa. Abbiamo bisogno di affiancare alla ricerca dell’equilibrio ambientale lo sviluppo di una diversa etica del nostro rapporto con la comunità».
Avete sponsorizzato un ciclo di incontri con Ilaria Capua, di cui Aboca pubblica «Le parole della salute circolare», trasformando il saggio in uno spettacolo itinerante. Quante persone lo hanno visto?
«Con Capua abbiamo organizzato sei spettacoli nel 2023 e tre nel 2024, con in totale più di tremila partecipanti. Un successo al di là delle aspettative. Noi avevamo fatto anche altri spettacoli come Botanica con musica rock, grafiche e immagini, che era più da grande pubblico».
Capua è stata protagonista del dibattito scientifico durante la pandemia. Ma Aboca aveva pubblicato già «Il peggior nemico» di Michael T. Osterholm e Mark Olshaker, sorta di profezia che spiegava come prepararsi alle pandemie e invocava un’informazione onesta. Quel tipo di informazione esiste oggi?
«Purtroppo penso ci sia poco, perché anche lì il dibattito si è fermato su vax e no vax, sulla reazione al fenomeno piuttosto che sulle cause e sulla loro possibile rimozione. Pubblicammo in Italia Il peggior nemico nel 2020, mentre si entrava in emergenza Covid… Vi si spiega come nulla avvenga per caso: avremo altri fenomeni pandemici, ma non mi risulta si stia facendo nulla per poterli affrontare».
I numeri delle vostre vendite sono incoraggianti. La saggistica green si fa strada. Nicola Gardini, con «Io sono salute», aiuta a riflettere sul rapporto tra letteratura e salute… Ritiene stia crescendo una coscienza ambientalista più informata tra i lettori?
«Sì, penso però che sia un ambientalismo ancora legato a questa brutta parola, green, e non affondi le radici in cosa significa capire l’ecologia. Che va ben oltre l’aumento di CO2 nell’atmosfera. Il vero ambientalismo parla di interconnessione, di collaborazione, del comprendere che l’uomo vive grazie a miliardi di microorganismi che hanno un Dna diverso dal suo».