Avvenire, 8 maggio 2024
La piccola Gagausia filorussa e «turca» rischia di aprire un nuovo fronte moldavo
La caduta dell’Unione Sovietica, avvenuta alla fine del 1991, ha innescato una serie di rivendicazioni territoriali. Alcune di queste covavano sotto la cenere da lungo tempo, ma grazie alla repressione del potere centrale era stato possibile contenerle e impedire che guadagnassero una certa visibilità mediatica. Il nuovo contesto determinato dalla fine dell’impero sovietico ha permesso a questi contrasti di esplodere nel modo più violento, dando luogo a guerre più o meno lunghe. Nessuno di questi conflitti si è concluso con una netta vittoria dei popoli che avevano sfidato il potere centrale. Viceversa, la sola minoranza che abbia guadagnato una forma d’autonomia l’ha fatto in modo pacifico. Stiamo parlando della Gagausia, una piccola regione situata nella Moldavia meridionale. Un’altra anomalia di questo territorio è il fatto che la popolazione gagausa è costituita all’83% da turchi ortodossi, uno dei rari casi in cui questo popolo non aderisce alla religione islamica. L’autonomia conferisce alla regione autorità legislativa ed esecutiva propria, l’uso di tre lingue ufficiali – gagauso, moldavo-romeno e russo – e perfino il diritto alla secessione nel caso che la Moldavia si riunisca alla Romania, della quale ha fatto parte fino al 1924.
Come varie minoranze russofone hanno cercato la protezione di Mosca, quelle turcofone hanno fatto lo stesso con la Turchia. Conscia dell’enorme potenziale economico e geopolitico dell’area turcofona (oltre 170 milioni di persone), Ankara ha sviluppato una struttura organizzativa che spazia dalla Turchia all’Azerbaigian, dall’Uzbekistan alla cosiddetta Repubblica di Cipro Nord. Alla fine degli anni Novanta anche la Gagausia si è inserita in questo contesto, aderendo all’Organizzazione Internazionale della Cultura Turca (Turksoy, braccio culturale di questa autonoma strategia politica. Ankara, dal canto suo, ha visto nella Gagausia un ponte per sviluppare i rapporti economici con la Moldavia. Parallelamente allo stretto legame con la Turchia, la regione ha sposato fin dall’inizio una linea politica filorussa, che Mosca ha accolto ovviamente con favore.
Nel 2014 le autorità locali hanno organizzato due referendum consultivi, con cui gli elettori hanno approvato l’adesione della Gagausia all’unione doganale con Russia, Bielorussia e Kazakhstan, come anche a favore dell’indipendenza in caso di adesione della Moldavia all’Unione Europea. Il governo di Chisinau li ha considerati illegittimi.
Nel 2020, in seguito all’elezione di Maia Sandu, europeista e atlantista, la Moldavia ha optato in modo deciso per l’integrazione nel blocco occidentale. Questo ha inasprito le relazioni con la Gagausia, che è rimasta rimane fedele alla propria linea filorussa.
L’invasione dell’Ucraina (2022) ha rafforzato la linea filo-occidentale del governo moldavo, che ha presentato domanda di adesione all’Ue. I negoziati sono stati avviati alla fine del 2023. Molto probabilmente l’adesione verrà confermata dal referendum che si terrà in ottobre.
Ma sull’immediato futuro della Moldavia si addensa anche un’altra nuvola. La Transnistria, l’autoproclamata repubblica filorussa situata nella Moldavia orientale, ha chiesto la protezione di Mosca e della comunità internazionale accusando il governo di pesanti ingerenze.