Il Messaggero, 7 maggio 2024
In Europa schierate 100 testate
ROMA L’atomica non è una sola e può non avere ovunque le stesse dimensioni né gli stessi effetti devastanti. L’insidia maggiore, perché è di pronto uso nelle dichiarazioni pubbliche di minaccia, è rappresentata paradossalmente da quelle più piccole: le bombe tattiche, ossia le mini-atomiche modulabili per calibrare le conseguenze su pochi chilometri quadrati, ma in grado di sprigionare una reazione a catena psicologica in tutta Europa. Gli esperti dell’Università di Princeton hanno di recente simulato un’escalation di attacchi limitati nucleari, con più di 90 milioni di vittime. All’inizio della guerra in Ucraina le testate americane B-61 erano un centinaio, distribuite nelle basi americane e Nato di Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia. Dall’altra parte, la Russia era in grado di schierare ben duemila testate. E a fare paura è anche l’uso del missile ipersonico, dieci volte più veloce del suono, quasi impossibile da intercettare e capace di portare testate nucleari. Il suo impiego in Ucraina è stato letto come messaggio, neanche troppo subliminale, di Putin all’Occidente. A brandire la clava atomica è stato lo zar all’inizio della guerra, informando di aver messo in allerta le forze di deterrenza nucleare. Gli ulteriori passi sono stati il trasferimento (ormai avvenuto) di bombe atomiche al confine con la Nato, nella Bielorussia guidata dall’alleato di ferro Lukashenko, e la promessa di rispondere se necessario anche col nucleare all’invio di truppe occidentali “non escluso” dal presidente francese, Macron. L’ALLERTAIl fatto è che, seppure non ufficialmente, negli ambienti politico-militari europei è scontato che i russi possano contare su un certo numero di testate nucleari non solo in Bielorussia ma anche nell’enclave di Kaliningrad, tra Polonia e Lituania. Un ulteriore campanello d’allarme ha risuonato nelle cancellerie europee dopo le dichiarazioni sprezzanti verso i Paesi Nato di Trump, candidato alla Casa Bianca. La Ue, se dovesse perdere l’ombrello nucleare americano, per difendersi dalla pioggia di atomiche russe, potrebbe ricorrere solo a quello francese. Recentemente Londra, che è fuori dalla Ue, ha anche chiesto il ritorno sul proprio territorio di alcune testate nucleari Usa, da affiancare alle proprie. C’è, infine, un tema di vettori che preme sui diversi Paesi. L’EUROPAGli osservatori ritengono che i recenti ordini tedeschi dei nuovi F-35 versione Dca (Double Capability Aircraft) siano proprio la risposta a una possibile necessità di avere più testate atomiche sul proprio territorio (senza contare che pure la Polonia ha chiesto di averne qualcuna a disposizione, anzi ci sarebbe un’interlocuzione in atto, in questo senso, con Washington). Gli F-35 Dca sono dotati di strumentazioni congegnate proprio per la guerra nucleare. Vige per ora, nei Paesi europei privi dell’atomica, la filosofia della “doppia chiave": l’aereo è europeo, la bomba americana. C’è poi un tema di prontezza, perché bisogna riconfigurare gli aeroporti per dare risposta immediata a un possibile attacco russo, riattivando gli hangar ad hoc e gli ascensori speciali che portano in superficie le munizioni. E c’è, infine, un tema politico, perché con la Gran Bretagna fuori dall’Ue e gli Stati Uniti disinteressati al fianco europeo, i Paesi europei dovrebbero di fatto consegnarsi allo scudo nucleare francese. È davvero quello che desiderano, piuttosto che restare sotto le ali protettive di Washington?