la Repubblica, 7 maggio 2024
L’Ecce Homo di Caravaggio
Dopo tre anni di indagini, ecco la sentenza di conferma: l’ Ecce Homo scoperto a Madrid nel 2021 è autentico. L’annuncio arriva dal Prado e dalla galleria d’arte Colnaghi che hanno lavorato insieme per il restauro e il recupero dell’opera. Il dipinto, per concessione del nuovo proprietario, sarà per la prima volta in mostra nel museo della capitale spagnola per nove mesi a partire dal 28 maggio, ma poi raggiungerà anche Roma. «Il Prado ha giocato un ruolo importante nel recupero della tavola – dice il direttore Miguel Falomir – allertando subito il ministero della Cultura per prevenire la partenza del quadro dalla Spagna».Nell’aprile del 2021, l’opera era sul punto di essere venduta presso la casa d’aste Ansorena di Madrid. Qui era semplicemente registrata come un dipinto vicino alla bottega del caravaggesco spagnolo Jusepe de Ribera e valutata appena 1500 euro. Fu l’attenzione degli studiosi, prima fra tutte quella dell’italiana Maria Cristina Terzaghi, a sollevare il caso. Accendendo i riflettori su questa tavola di 111 x 86 centimetri che sembrava, a una prima ricognizione degli esperti, essere proprio un Caravaggio. Da qui il vincolo dello Stato spagnolo che ha reso l’oggetto invendibile fuori dai confini nazionali ed esportabile soltanto a tempo determinato con il placet governativo.Intanto, però, mentre le analisi sulla tavola continuavano, così come il restauro, il capolavoro, appartenente alla famiglia Pérez de Castro, è stato venduto. E non certo per i 1500 euro con cui era sul mercato prima della nuova attribuzione. Si parla di 36 milioni con la mediazione della galleria Colnaghi. L’acquirente non è il Prado, come la comunità scientifica sperava all’inizio di questa vicenda. Lo Stato spagnolo, attraverso il ministero della Cultura, non ha esercitato il diritto di prelazione. «La cifra richiesta non era nelle nostre risorse», fanno sapere dal primo museo di Madrid. E così il proprietario del nuovo Caravaggio è un cittadino britannico residente in Spagna. A Marbella, dice qualcuno. È grazie a lui se, intanto, l’ Ecce Homo sarà esposto per nove mesi al pubblico del Prado. La condizione è che, fino a ottobre, l’opera sia sola in una stanza. Il museo, che possiede già in collezione una Salomè e un David e Goliadi Michelangelo Merisi, spera di spuntare una concessione di prestito più lunga. Si vedrà: nel frattempo si festeggia un nuovo arrivato nel catalogo del pittore maledetto.«La rapidità del consenso attorno all’attribuzione a Caravaggio è stata senza precedenti – commenta ora Terzaghi – almeno per quanto riguarda la storia critica del pittore i cui studiosi sono stati raramente concordi tra loro, almeno negli ultimi quarant’anni. Essere parte di un processo del genere è un’opportunità che accade una volta sola nella vita e sono grata per questo». Con Terzaghi, storica dell’arte di Roma Tre e membro del comitato scientifico del Museo di Capodimonte, hanno concorso nel processo di autenticazione del quadro lo storico dell’arte Gianni Papi, Giuseppe Porzio, professore di storia dell’arte dell’Università di Napoli e Keith Christiansen, curatore del Metropolitan di New York. Le circostanze della scoperta, la provenienza e lo stile, con le analisi diagnostiche di Claudio Falcucci, hanno fatto sì che gli studiosi fossero uniti nel ricondurre al nome di Michelangelo Merisi da Caravaggio questo dipinto.Si tratta ormai di uno dei sessanta quadri certi dell’artista morto a 39 anni, il 18 luglio 1610, prima di raggiungere Roma mentrecercava il suo riscatto dopo la condanna per omicidio. A Roma, l’ Ecce Homo arriverà nel marzo del 2025, in occasione della grande mostra dedicata a Caravaggio, a Palazzo Barberini. Ma prima, il 27 maggio, sarà presentato al mondo ufficialmente a Madrid. Lo svelamento dell’opera è accompagnato dalla pubblicazione dei saggi Caravaggio: El “Ecce Homo” desvelado, che contestualizzanola tavola nell’intera opera caravaggesca.Di un Ecce Homo di Caravaggio portato in Spagna le fonti riferiscono sin dal tardo Seicento. Juan De Lezcano, segretario di Pedro Fernández de Castro, ambasciatore spagnolo a Roma fino al 1616 e viceré di Palermo era proprietario dell’opera ritrovata poi nell’inventario redatto al tempo della partenza per la Spagna della moglie di García de Avellaneda y Haro Delgadillo, secondo conte di Castrillo e viceré di Napoli dal 1653 al 1659. È attorno a questa data che il dipinto arriva a Madrid, dove riaffiora nella collezione del re Filippo IV di Spagna; rieccolo nel 1816, documentato al Palacio de Buenavista, nella raccolta di Manuel Godoy, segretario di Stato di Carlo IV. Alla morte di questi, l’ Ecce Homo finisce alla Real Academia di San Fernando, che nel 1821 lo offre al membro onorario Evaristo Pérez de Castro Méndez, in cambio di altre opere da lui donate. Sotto mentite spoglie, quel Caravaggio resta nella stessa famiglia per due secoli. Fino a una scoperta accidentale, una nuova attribuzione, una nuova vendita. Il segreto era già, prima della pulitura, in quel Ponzio Pilato barbuto ritratto dal vivo. Il modello è lo stesso che posò per il San Pietro Martire della Madonna del Rosario dipinta a Napoli nel 1607 (oggi è al Kunsthistorisches di Vienna). Una prova certa come quel manto rosso che il giovane servo apre, scoprendo l’icona del Cristo sanguinante e, insieme, un nuovo Caravaggio nella storia dell’arte.