Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  maggio 07 Martedì calendario

Intervista a Benedetta Porcaroli


A lotta per la parità di genere? Guarda al passato – quello sessantottino, rivoluzionario, targato Barbara Alberti – e al futuro («perché ho comunque molta fede nel genere umano»), ma salta quasi a piè pari il presente. Così come sono, le rivendicazioni femministe non entusiasmano Benedetta Porcaroli: tra derive «piagnone» e messa al bando del genere maschile, secondo l’attrice si starebbero perdendo di vista le reali priorità. Quelle che invece ha ritrovato nella Madonna ultrafemminista che interpreta in Il vangelo secondo Maria, nelle sale dal 23 maggio distribuito da Vision Distribution. Nella pellicola, ispirata al celebre romanzo di Barbara Alberti pubblicato negli Anni ’70 (Rizzoli), Dio ingravida Maria (Porcaroli) contro la sua volontà e questa si ribella, rivendicando il proprio diritto alla conoscenza e alla libertà di azione. Al centro c’è il tema della predestinazione e una giovane donna che sfida tutti, Dio compreso, nel suo atto di ribellione in nome della libertà di azione e di conoscenza.Una sorta di folgorazione sulla via di Damasco del femminismo?«Per me il femminismo ha il volto di Barbara Alberti: lei è un soldato scelto su questo argomento e non posso che averla a modello. Ha ragione quando sostiene che quello di oggi è un femminismo piagnone, fatto solo di lamenti. Si è innescato un dibattito alla maschi contro femmine dal quale mi dissocio completamente: non vedo nulla di edificante né di costruttivo in questo conflitto armato verso il genere maschile».Cosa cambierebbe?«Inizierei dalla parola stessa: femminismo. È un termine che fa pensare a una battaglia che coinvolge solo le donne, invece è una sfida culturale che interpella tutti quanti: donne, padri, mariti, fratelli, amici. Bisogna collaborare e ripartire da zero: non c’è altra via anche perché siamo ormai arrivati a un binario morto, dove le donne continuano a morire in un clima generale di guerra».Quale sarebbe la prima priorità da mettere sul tavolo?«Per l’appunto, che le donne non muoiano più. Direi che è molto più urgente che imparare a usare il crick. Invece oggi si fanno milioni di battaglie e alcune sono onestamente superflue. Ci deve essere un ordine di priorità».Pensavo dicesse il diritto all’aborto.«Ah, be’, per me è come la Costituzione italiana: non devono azzardarsi a toccarlo. Senza il diritto all’aborto, la donna è finita. Poi certo, l’aborto non può essere scambiato per un anticoncezionale: conosco molte donne che hanno abortito ed è una delle esperienze più traumatiche che possono capitare. Qualche tempo fa una mia amica è rimasta incinta, era molto spaventata, ma io l’ho incoraggiata a tenere il bimbo: l’aveva fatto con la persona che amava, di cosa aveva paura? Il problema è anche il terrorismo psicologico che la società ci fa, ripetendoci che è difficile mantenere una famiglia... ma i figli si fanno nel caos. Quindi le ho detto: fallo e poi capiamo. Lo cresciamo tutti insieme».Cosa ne pensa della puntata di Porta a porta dove a parlare di aborto erano solo maschi?«Non voglio diventare coercitiva. Gli uomini possono fare tutti i banchetti che vogliono, quel che conta è che la decisione iniziale e finale sull’interruzione della gravidanza resti della donna. Non si tratta di discriminare il partner ma c’è una differenza oggettiva, fisica, tra di noi: la donna porta in pancia suo figlio. Con lui ha un rapporto viscerale e ancestrale. La relazione tra padre e figlio si costruisce invece nel tempo: è un’altra cosa».Nel film la Madonna maledice di essere nata donna. A lei è mai capitato?«No, mai. Donne e uomini sono diversi ed è bello così. Non è un fatto discriminatorio. A me piace essere donna».Discriminazioni ne ha mai subite?«Per il fatto di essere femmina, no. O magari sì, ma chi se ne frega, io ho tirato dritto. Semmai quello che mi pesa di più è l’atteggiamento di sufficienza che sul set si respira spesso verso noi giovani. In America è diverso: nessuno ti guarda il passaporto per capire se puoi parlare o meno. Lì vedono i giovani come una risorsa e la sfruttano al meglio. Qui in Italia invece siamo considerati poco».Non ha avuto qualche remora nell’interpretare una Madonna così poco ortodossa?«Onestamente? Nessuna. Vorrei che Maria fosse la mia migliore amica: È libera e struggente, una creatura bellissima che vorrei fosse vera. È una ragazza che vive la mia stessa febbre di conoscenza: fin da piccola ho sempre nutrito un senso di non sazietà, perché sento che mi manca sempre un punto di vista che mi sfugge. Vivo in una perenne inquietudine intellettuale».È credente?«Mi definisco molto spirituale ma non pratico nessuna religione. Riconosco che la religione cattolica è la più interessante, nonostante tutte le sue contraddizioni, ma trovo anche affinità con il buddismo. Credo nell’Energia, nel mito, nei simboli. Non so se credo in Dio inteso come un omone che sta lì e ci guarda dall’alto. Sicuramente però mi fa paura l’idea di morire: non riesco a pensare che a un certo punto finisca tutto e io resterò lì, chiusa in una tomba o cremata, per sempre. Ho bisogno di pensare che ci sia una terza via: non può finire così». —