Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  maggio 05 Domenica calendario

I duecento anni della Nona

Due secoli e non li dimostra. Il 7 maggio la Nona Sinfonia di Beethoven soffierà duecento candeline: la prima esecuzione del più famoso brano di musica classica (alzi la mano chi non conosce L’inno alla gioia) avvenne il 7 maggio 1824 a Vienna nel Kärntnertortheater (Teatro di Porta Carinzia).
I festeggiamenti viennesi parleranno italiano: sarà Riccardo Muti a dirigere la Nona Sinfonia alla guida dei leggendari Wiener Philharmoniker per ben quattro concerti, da oggi al 7 maggio nella sala del Musikverein viennese. L’appuntamento del 7 maggio sarà trasmesso dal vivo alle 19.20 sul canale televisivo “Mezzo” (www.mezzo.tv).
Monumento della musica di ogni tempo, la Nona Sinfonia ha scavalcato da decenni i confini della musica classica. La sua fortuna, in particolare quella dell’Inno alla gioia che la conclude, viaggia dal cinema alla televisione, passando per la pubblicità e la politica: dal 1985 la sua melodia è stata adottata dai capi di Stato e di governo dei paesi membri come inno ufficiale dell’Unione europea. Circostanze biografiche e qualità musicali hanno da subito fatto di questo capolavoro un’icona della cultura occidentale, così come la figura di Beethoven ha conosciuto un processo di esaltazione già durante la sua vita.
LA STORIA
La Nona Sinfonia prese forma molto lentamente nell’arco della vita di Beethoven, in un arco temporale di circa un trentennio. Risale al periodo in cui il giovane compositore, non ancora ventenne, frequentava l’élite intellettuale di Bonn, entrando in amicizia con la ricca famiglia von Breuning. Qui Beethoven conobbe l’Ode An die Freude di Schiller. L’idea di metterlo in musica risale a quel periodo. Il progetto non andò in porto, ma rimase sempre nella mente del compositore. I primi abbozzi veri e propri della Sinfonia corale risalgono al 1817 e terminarono nel 1824, con l’inserimento dell’Ode schilleriana affidata a voci soliste e coro. La prima esecuzione ebbe luogo a Vienna il 7 maggio 1824, al Kärntnertortheater. Fu un trionfo e Beethoven ricevette non gli applausi, che non poteva sentire data la sua sordità, ma un festoso sventolare di fazzoletti.
La rivoluzione della Nona sta non solo nella presenza – per la prima volta nella storia della sinfonia – delle voci e del coro, ma anche perché la sua colossale architettura mette definitivamente in crisi gli schemi compositivi precedenti, attraverso una elaborazione che aveva come unico precedente la Sinfonia Eroica. Ma è nell’ultimo movimento, Presto, che l’impulso al canto trova il suo sfogo e si materializza nell’inserimento delle voci soliste e del coro, infrangendo le barriere del genere sinfonico.
LA SVOLTA
La musica strumentale, insomma, non era più in grado, da sola, di essere portatrice di significati ideologici espliciti come quelli contenuti nel testo di Schiller, che trovò quindi finalmente posto nella Nona Sinfonia. Rielaborando il testo del poeta tedesco, Beethoven ottiene una sorta di sceneggiatura drammatica che ci pone all’inizio davanti alla Gioia, che abbraccia tutta l’umanità e prepara il loro ricongiungimento con il padre.
LA FAMA
Se poi osserviamo la biografia del compositore, alla costituzione del suo mito già durante la sua vita avevano contribuito da un lato la sue tormentate vicende personali la solitudine, le malattie, la sordità e l’isolamento e dall’altro i tanti ammiratori e soprattutto i dedicatari delle sue musiche, appartenenti alle più alte sfere della società viennese ed anche all’aristocrazia di altri paesi. La sua fama era tale che al suo funerale, svoltosi a Vienna il 29 marzo 1827, parteciparono secondo le cronache almeno ventimila persone.
L’autore della “Nona” incarna quindi più di ogni altro l’icona della musica classica e ha varcato da decenni i confini dell’ambiente accademico, come dimostrano esempi nella società di comunicazione di massa, dalla musica rock, ai fumetti e alle colonne sonore. Tra i tanti, Roll over Beethoven di Chuck Berry, Schroeder, il biondo e scontroso pianista dei Peanuts ossessionato dalla sua musica, e il regista Stanley Kubrick, che nel 1971 provocò un corto circuito mediatico che fece scalpore, utilizzando la Nona Sinfonia in Arancia meccanica.
Beethoven è quindi un fenomeno globale che non ha paragoni nella storia della musica. Come mai? Le ragioni vanno cercate da un lato nel particolare momento storico e sociale in cui visse, oltre che nella sua vicenda umana. Il mito beethoveniano nacque anche in concomitanza alla nuova posizione privilegiata che i filosofi del romanticismo tedesco attribuivano alla musica all’interno della gerarchia delle arti. Oggi noi sentiamo Beethoven ancora nostro contemporaneo, perché la sua musica è frutto di una lunga elaborazione intellettuale e creativa, portatrice di un pensiero che va molto oltre la pagina scritta: la Nona Sinfonia ne è la testimonianza più alta.