Corriere della Sera, 5 maggio 2024
I medici in fuga dall’Italia
Roma «L’ultimo l’ho firmato due giorni fa», si duole Domenico Crisarà, presidente dell’Ordine dei medici di Padova. Si riferisce ai certificati «di buona condotta» (termine improprio ma che rende l’idea) con il quale un professionista può richiedere al ministero della Salute il good standing, cioè la carta di onorabilità professionale per andare all’estero.
Crisarà di moduli così ne rilascia tre o quattro a settimana e ogni volta prova una fitta nell’assistere impotente all’emorragia di giovani colleghi che lasciano l’Italia dopo la laurea o la specializzazione. Un fenomeno in rapido aumento.
Lo ha fotografato andando a spulciare i numeri Antonio Magi, presidente del maggiore ordine dei medici d’Europa, quello di Roma, 145 mila iscritti. «Nei primi tre mesi dell’anno i nostri sportelli hanno rilasciato la documentazione di via a 500 richiedenti. Per il 90% giovani tra i 35 e i 40 anni. Se va avanti così nel 2024 ne perderemo quasi 20 mila a livello nazionale».
Annuisce Filippo Anelli, il presidente della federazione nazionale che riunisce tutti gli ordini provinciali, la Fnomceo, in rappresentanza di oltre 428 mila iscritti agli albi, 102 mila dei quali dirigenti di Asl e aziende ospedaliere: «Spererei che queste previsioni fossero errate. Purtroppo è la realtà. Ormai i giovani medici non protestano più. Se ne vanno e chiudono. Serve un intervento straordinario sulla professione, altro che lavorare sulle liste di attesa. Meglio intervenire sulla causa anziché correre ai ripari con misure tampone».
Perché, è il ragionamento di Anelli, se le condizioni di lavoro fossero migliori non ci sarebbe bisogno di lasciare i reparti ospedalieri: Israele, Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito, Svizzera, Belgio, Svezia, Canada e Irlanda le dieci nazioni in cima alla lista delle mete preferite dai nostri dottori migranti. Secondo i dati riportati dal sindacato Sumai in una pubblicazione uscita a inizio 2024, dal 2019 al 2021 sono andati all’estero in 21.397, fra i quali 14.341 specialisti (esclusi quelli partiti per motivi di studio). La fuga, dopo la pausa legata al Covid, sta di nuovo accelerando. Dal 2022 i medici emigrati stabilmente all’estero «sono nuovamente aumentati, forse anche delusi per non aver visto concretizzarsi la stabilizzazione del loro rapporto di lavoro legato all’emergenza pandemica».Attualmente fuori sarebbero in almeno 38 mila, stima Anelli. A portarli altrove è anche, ma non solo, la prospettiva di stipendi migliori e di contratti a tempo indeterminato. La remunerazione media degli specialisti in Italia è al terz’ultimo posto di una graduatoria elaborata, sulla base di dati del ministero della Salute, dall’Ocse. Alle colonnine più basse del grafico sono abbinati Portogallo e Grecia. In testa Lussemburgo, con sensibile distacco, Islanda, Olanda, Danimarca, Finlandia, poi Germania e Regno Unito. Il Belgio è nono, al dodicesimo la Svizzera seguita dalla Francia, tra le mete più ambite dai nostri grazie alla vicinanza geografica. Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine di Milano, reputa che la corsa verso l’estero sia ripresa a ritmi «impressionanti, il 30% in più dei nostri giovani se ne vanno rispetto agli anni precedenti la pandemia».
Le remunerazioni
Sono già 38 mila quelli all’estero. L’Italia è al terzultimo posto per le retribuzioni
Poi c’è l’esodo più ristretto dei pensionati. Quel 10% di migranti che si stanno attrezzando, o lo hanno già fatto, per raggiungere i Paesi del Golfo, programmando di restarci per un breve periodo per arrotondare le entrate. Qui gli stipendi sono doppi o tripli rispetto all’Italia. La retribuzione dei medici in Arabia è tra 14mila e 20 mila euro al mese oltre ai benefit quali casa, inserimento scolastico per i figli, agevolazioni fiscali, burocrazia snella. Non è un caso che in questi lidi il 90% dei sanitari siano stranieri.
A Palermo la situazione è particolarmente critica, riferisce il presidente locale Salvatore Amato. Alla migrazione verso l’estero («firmo 10-12 trasferimenti al mese e ogni autorizzazione suona come una sconfitta») si aggiunge la mobilità passiva. Molti laureati si spostano dalla Sicilia diretti verso le scuole di specializzazione del Nord e, una volta conclusa la formazione, ci restano. Lo stesso non avviene in senso contrario. Chi «scende», perché magari non ha trovato di meglio, appena ottiene la borsa in altre università va via e lascia il posto libero. Amato piange: «Aiuto, mancano specialisti».