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 2024  maggio 04 Sabato calendario

Un fiume di soldi mediorientali alle università americane

Un fiume di denaro dall’estero per le università americane. Non è un fenomeno certamente nuovo, sono decenni – o almeno da quando i college Usa e in parte quelli britannici sono diventati punti di connessione e formazione ad hoc nel mondo globalizzato – che dalle casse di fondi sovrani, oligarchi russi e no, imprenditori, Ong e singoli donatori arrivano nelle casse di oltre 200 università statunitensi e dei centri di ricerca affiliati miliardi di dollari.Un denaro che corre lungo canali non sempre trasparenti.Il Dipartimento dell’Istruzione (DoE) obbliga in base alla Section 117 del Higher Education Act (risale al 1965, le modifiche sono del 1986 e del 1998) le università a riferire due volte all’anno le donazioni che provengono dall’estero e i contratti internazionali del valore superiore ai 250 mila dollari. Nel 2020 un report ordinato da Trump aveva evidenziato come le università comunicassero con scarsità di dettagli i finanziamenti provenienti da Cina, Russia e da altre nazioni descritte allora come “avversari stranieri”. Il report era stato reso pubblico proprio per consentire alla DoE di inasprire la legge sulle donazioni abbassando la soglia di tracciabilità a 50mila dollari. Cosa non portata poi a termine.Allora nel mirino erano finite 12 scuole fra cui Harvard, Yale, Stanford e la Georgetown University. La maggior parte di questi istituti non aveva rivelato affiliazioni e donazioni da parte di Huawei, il gigante hi-tech cinese.Altre avevano sottaciuto i legami con Qatar e Arabia Saudita. Ne era nato un durissimo braccio di ferro fra le università – votate a difendere la loro autonomia nella ricerca e le modalità di finanziamento – e l’Amministrazione Trump che scorgeva un pericolo per la sicurezza nazionale nell’appaltare interi centri di ricerca a entità e soldi stranieri. Ma allora come oggi si evidenziava che 203 università avrebbero ricevuto «contributi non registrati da governi stranieri» per 13 miliardi di dollari.La preoccupazione principale era la Cina, era anche emerso in un report del Congresso che Pechino dava soldi al 70% delle istituzioni che ospitavano una sede del Confucio Institute.Da quando si è insediato Biden, il Dipartimento dell’Istruzione ha allentato ulteriormente le maglie rendendo difficile risalire a identità dei donatori stranieri – compagnie, istituzioni o individui. Rimane invece in evidenza lo Stato da cui provengono le donazioni per i college Usa e a quali in particolare sono diretti. Secondo i dati del DoE dal 1986 al 17 ottobre del 2022 le università statunitensi hanno ricevuto 44 miliardi di dollari da fonti straniere. Di questi un quarto proviene dal mondo arabo. L’ultima edizione del report risale al 13 ottobre scorso. Le donazioni sono salite a 51 miliardi e in questa cifra sono inclusi 22 miliardi di cui non si riesce a indicare la data. Secondo le proiezioni di un contabile della società di revisione KPMG consultato dal centro di ricerca della Rutgers University, il 50% di questa cifra proviene da governi autoritari o antidemocratici in Medio Oriente. Sono soldi investiti per lo più nella creazione di programmi di ricerca ad hoc nelle università. Uno studio del NCRI della Rutgers – al contrario finanziato da Israel on Campus Coalition – ha sottolineato come l’aumento dell’antisemitismo sia associato a quei campus dove più forte è la presenza di donatori mediorientali.La questione dei contributi tocca quasi tutti i college della Nazione, anche se alcuni hanno beneficiato più di altri – in base ai programmi di ricerca e ai Dipartimenti di studi mediorientali presenti – della generosità di Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Gli oltre 5 miliardi che questi Paesi (2,7 miliardi ascrivibili ufficialmente al Qatar) hanno elargito fra il 2014 e il 2019 ai college Usa e registrati nel report del DoE sono finiti principalmente a: Carnegie Mellon (1,4 miliardi); Cornell (1,2 miliardi) Harvard (894 milioni). Nella classifica dei primi dieci beneficiari non compaiono né la Columbia e né UCLA, i due campus dove le proteste nelle ultime settimane sono state più tese. Oltre a questi soldi vi sono poi quelli “grigi” che non erano stati riferiti a suo tempo dalle università. La Cornell guida la lista con quasi 1 miliardo, staccando nettamente Yale (380mila). Un trend che non avrebbe perso forza nemmeno nel 2023.