Corriere della Sera, 3 maggio 2024
Intervista a Yann Sommer
Yann Sommer, portiere dell’Inter campione d’Italia, lei non mangia latticini, quindi niente parmigiano, niente mozzarella, niente pizza. Non tocca nemmeno il caffè.
Cosa le piace dell’Italia?
«Tantissime cose, non solo il cibo. Mi piacciono soprattutto le persone, il loro modo di essere amichevoli, di esprimere le emozioni: me ne sono accorto ancora di più con la vittoria dello scudetto. Amo l’Italia e con la mia famiglia la scoprirò un po’ di più: vorrei portare le mie figlie al mare».
Ha investito in un’azienda che produce alimenti vegani. Una scelta casuale?
«Conoscevo già gli altri soci e mi piace molto il genere di prodotto, perché è una buona alternativa al consumo quotidiano di carne. Ho cambiato un po’ le mie abitudini alimentari negli anni: la carne mi piace, ma preferisco sapere da dove viene, perché non sempre gli animali sono allevati nel modo migliore».
Invece del caffè cosa beve?
«Il the matcha, una bevanda giapponese. Mi dà la spinta per l’allenamento al mattino e mi fa sentire meglio».
Ha altri «segreti»?
«La meditazione ha un ruolo molto importante nella mia carriera. Un portiere è sottoposto a una pressione davvero elevata e la meditazione mi libera completamente da tutto questo: per me significa tornare all’essenza di me stesso per qualche minuto, senza rumori di fondo. Sono da solo coi miei pensieri: è una cosa fondamentale».
A questo aggiunge il lavoro con il suo mental coach?
«Sì, dagli inizi della mia carriera: da giovane devi imparare a convivere con gli errori e coi successi. E ancora oggi lavoriamo molto sulla preparazione delle partite e parliamo anche di quello che conta nella vita privata per rendere al meglio come atleta. Un confronto continuo».
In carriera ha dovuto lottare spesso contro i pregiudizi sulla sua altezza «normale» (183 cm). Sente di essere un modello per i giovani portieri per il modo in cui ha compensato i centimetri mancanti?
«Ricevo diversi messaggi da altri portieri non così alti, che mi ritengono un’ispirazione. Spero di essere un modello per loro, perché è importante che i club diano più chance a chi magari è meno alto ma ha altre qualità: noi dobbiamo curare benissimo lo stacco da terra, il balzo, il timing, l’esplosività, il posizionamento».
Gli occhiali speciali per allenarsi li usa ancora?
«Solo in Nazionale, ma faccio comunque esercizi specifici per la vista e per i muscoli degli occhi».
L’ispirazione l’ha avuta da papà, ex portiere. Sua madre che ruolo ha avuto?
«La mamma è sempre la mamma! Nessuno dei due mi ha mai messo pressione, mi hanno solo detto: “Quando non ti diverti più, fermati”. E quando sono arrivato vicino al professionismo, hanno lasciato decidere a me, supportandomi in ogni momento».
Buffon
Gigi è sempre stato il mio idolo. È una leggenda e sarebbe grandioso eguagliare il suo record
Adesso che Federer non gioca più, è lei la star dello sport svizzero?
«No! Federer per tutti gli svizzeri resterà sempre la più grande fonte di ispirazione, per il livello che ha raggiunto, per lo stile, il modo di porsi: un ragazzo sempre rilassato, umile, felice di essere sul campo e di godersi il momento. Io voglio fare lo stesso sul campo di calcio: dobbiamo goderci quello che facciamo, perché siamo fortunati a farlo».
Perdoni la domanda, ma lei – che è pure nato il 17 dicembre come il Papa – ha qualche difetto o no?
«Sono molto lontano dalla perfezione, glielo posso assicurare. Sul campo non si vede tutto il vero Yann: quello è nella vita privata, che cerco di proteggere molto».
La chitarra l’ha mollata?
«No, ma devo cercare un maestro per riprendere».
Lo sapeva che l’1 e il 3 giugno il suo idolo Bruce Springsteen suonerà a San Siro?
«No! Dal 31 sono in ritiro con la Svizzera, ma adesso dovrò parlare con il c.t.» (ride).
C’è più energia in un grande concerto rock o in un derby che vale lo scudetto?
«Sono energie differenti: nel derby c’è anche adrenalina, mentre la musica dà solo vibrazioni positive. Ma amo i derby qui a Milano: lo stadio e i tifosi sono incredibili».
Che sapore ha avuto la festa scudetto?
«Sono sincero: non avrei mai pensato che potesse essere così incredibile. È stata una giornata lunga, ma vedere le facce felici della gente tra la folla, i bambini, le famiglie, tutta la diversa umanità accomunata dal tifo, è stato speciale. Dovevamo dare qualcosa in cambio a queste persone che ci seguono tutto l’anno».
Cosa l’ha colpita di più al suo arrivo?
«Il fatto che tutti si conoscessero bene tra di loro in campo: le distanze, i meccanismi, la compattezza erano già molto buoni».
Inzaghi le ha chiesto molto lavoro coi piedi?
«Sì. Ma ci vuole un po’ di tempo per affinare la costruzione da dietro: nel Bayern non ho fatto in tempo, ma qui dopo qualche mese le cose erano già a posto».
Federer
Per tutti gli svizzeri resterà la più grande fonte di ispirazione: per risultati e stile
Pavard-Acerbi-Bastoni: ci sono tante altre difese meglio di questa in Europa?
«Di sicuro è una delle migliori. Ed è straordinario avere difensori così davanti a me che lottano come dei pazzi per proteggere la porta. Ma è tutto il lavoro di squadra che è fondamentale».
Con 18 partite senza subire gol può ancora superare il record di Buffon a 21. Ci punta?
«Gigi è sempre stato il mio idolo quando ero giovane. È una leggenda e sarebbe un grande risultato anche eguagliarlo. Ci proviamo come squadra, perché non sarebbe un record solo del portiere».
A 35 anni sente di essere migliorato in qualcosa?
«Ci sono ancora un sacco di cose in cui posso migliorare. Qui ho trovato due allenatori dei portieri bravissimi, che mi hanno insegnato qualcosa di diverso sia per la gestione del ruolo nel calcio italiano, sia a livello tecnico come i passi e i movimenti da fare per essere ancora più veloci e esplosivi».
Le parole chiave in italiano le ha imparate subito?
«Sì, sto migliorando molto e prenderò altre lezioni».
La prestazione di Napoli e il rigore parato a Firenze sono i momenti top della sua stagione?
«Sono stati due snodi importanti, sono d’accordo».
Il c.t. Yakin a settembre disse che lei ha sofferto un po’ il sistema Bayern. È così?
«È diverso arrivare in un club come numero 1 o arrivarci “a tempo” (in attesa del recupero di Neuer ndr). Magari è stato un periodo un po’ caotico, ma abbiamo vinto la Bundesliga e alla fine sono stato felicissimo di quei mesi. Come di arrivare all’Inter».
Lei giocava con Thuram: pochi pensavano che Marcus avesse questo impatto.
«Magari in Bundesliga non era così costante, ma sapevo che era un grande giocatore e poteva ancora crescere molto accanto a compagni così forti. Ha portato tanto alla squadra e sono felicissimo per lui».
Se arriverà un portiere più giovane come Bento, è pronto a giocarsi il posto?
«Non so cosa succederà, non ho ancora parlato col club e non so se l’idea sia davvero questa. Alla fine deciderà la società e ne parleremo».
Calhanoglu
È molto difficile prendere i suoi rigori Sai sempre dove calcia, ma ha un tiro fortissimo
Quanto forte è il rimpianto per la Champions?
«È stato un grande dispiacere uscire così, ma abbiamo imparato una volta di più quanto contano i piccoli dettagli. E proveremo a fare meglio il prossimo anno».
Sergio Ramos, Mbappé, Jorginho, Gonzalez, Saul: lei ha una reputazione di para rigori. Ma con Calhanoglu come se la cava?
«È molto difficile con lui, perché sai sempre dove calcia, ma ha un tiro fortissimo. Mi sembra che in allenamento abbia tirato solo una volta contro di me, facendo gol: ci riproverò, questo è sicuro».