Anteprima, 13 aprile 2024
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Biografia di Roberto Cavalli
Roberto Cavalli (1940-2024). Stilista. «Il più leopardato, cafonal e virile d’Italia» (Dagospia) • La biografia di Roberto Cavalli «è come la sua moda: piena di cose, emozioni, sensazioni, a volte bellissima, ogni tanto esagerata, sempre sorprendente e, soprattutto, mai banale […] Comincia con la tragica storia del padre Giorgio, prelevato dai nazisti in casa, sotto gli occhi terrorizzati della moglie e dei due figli piccoli […] a soli 33 anni, il 4 luglio 1944, a Castelnuovo dei Sabbioni (Arezzo)» (Daniela Fedi, Il Giornale, 18/9/2013) • Giorgio Cavalli lavorava come geometra in una miniera di carbone • «“Non devi avere paura” dice al figlio prima di aprire la porta ai tedeschi» (Fedi) • La sorella Lietta tiene la mano a Robertino mentre la Wermacht lo porta via • «“Quando i soldati arrivarono, all’alba, lui non si nascose, non scappò”. […] lo fucilarono insieme agli altri uomini del paesino toscano di Cavriglia e poi bruciarono i cadaveri. “Il suo corpo non l’abbiamo mai trovato”» (La Stampa, 17/12/2009) • «Non odio i tedeschi, ma la lingua tedesca forse sì» • La madre rimase «sola a Firenze con un negozio di carbone, un secondo marito sbagliato» • Roberto impiega cinque anni a fare le medie • «“Ho un carattere infantile, tutto quello che ho fatto nel tempo è stato per riscattarmi, innanzitutto, agli occhi di mia madre. Il trauma della morte di mio padre mi rese balbuziente. A scuola andavo malissimo e lei ne soffriva. Come piangeva il giorno in cui mi cacciarono dall’istituto alberghiero dove era convinta che me la cavassi bene! Provo ancora un enorme senso di colpa nei suoi confronti, anche se la odiavo quando mi mandava a fare la spesa”. E perché? “Mi diceva di andare a prendere tre etti di prosciutto e un chilo di pane, solo che i negozianti mi prendevano in giro per quanto tartagliavo. ‘Vediamo quanto ci mette oggi Robertino’, mi dicevano, e io andavo in panico. Il giornalaio era il peggiore di tutti”» (Manfredi) • «Ero sempre a zonzo, poker e cavalli» • Dopo un vano tentativo di fargli fare due anni in uno a ragioneria, la madre si rassegna e lo manda a lavorare: «Tutto sommato erano meglio i libri, e dopo qualche mese la convinsi a iscrivermi alla scuola d’arte di Firenze» • «Ho cominciato a dipingere da ragazzino. Prima a scuola e poi all’Accademia. Mi piaceva molto. Mio nonno, Giuseppe Rossi, era un macchiaiolo. Due suoi quadri sono esposti a Palazzo Pitti. “Sono fiero di te”, mi disse una volta con le lacrime agli occhi, quando una sera al ristorante - negli anni Cinquanta - vide che stavo scarabocchiando un discreto ritratto sul tovagliolo» (Antonella Amapane, Specchio, 30/5/1998) • «Le difficoltà del giovane Roberto […] non gli impediscono però d’“imbroccare” straniere in piazza della Signoria» (Paracchini) • «Era il settembre del 1961 e Firenze ospitava la mostra della calzatura. All’epoca […] stampavo maglieria per altri stilisti. Una sera mi dissero che c’era una festa a casa di un designer, Mario Valentino. Non ero invitato, ma decisi di andare, e lì conobbi una ragazza. Cominciai a corteggiarla: era bellissima, bionda, alta. Quando mi chiese cosa facevo nella vita, non resistetti e inventai una storia per fare colpo. Le dissi che stampavo pelle. Lei rimase colpita e mi propose di mostrare i miei prodotti al padrone di casa. Il giorno dopo corsi a comprare un pezzo di pelle. La pelle usata allora per l’abbigliamento era molto diversa da quella di oggi. Era spessa, poco versatile, ingombrante. Così acquistai piccole pezze di pellame usate per i guanti e inventai i primi patchwork» • Comincia a lavorare in una rimessa e, alla maturità, non si presenta nemmeno: «Il diploma non mi interessava, già ricevevo montagne di ordini per le mie T-shirt», eppure – dice - la scuola gli è servita: «Le sofferenze di quegli anni mi hanno fatto sembrare sormontabili tutti gli ostacoli incontrati nella vita» (a Donatella Marino e Antonella Piperno, Panorama, 11/12/2008) • «Nei primi anni 70 sperimenta nuove tecniche di stampa su pelle, e comincia a creare patchwork di diversi materiali e colori. Tra le prime griffe ad accorgersi del suo talento ci sono Hermès e Pierre Cardin» (Giulia Sciola, Esquire, 8/3/2018) • «Nel 1970 […], trentenne, ero un disgraziatello fiorentino senza una lira, felice d’aver inventato la stampa su maglieria. Cominciai a lavorare venti ore al giorno e a guadagnare. Dopo alcuni anni avevo una bella fabbrica e cominciai a ‘scarabocchiare’ sulla pelle”. Si sentiva arrivato? “Fu un periodo meraviglioso: belle ragazze, sfilate a Parigi e tanti bravo. Dal punto di vista economico, però, la situazione era tragica: ciò che guadagnavo con la stamperia lo rimettevo con la moda. Poi mi venne l’idea di unire pezzi di jeans vintage alla pelle stampata. Da qui una serie di modelli che ebbero un successo strepitoso. Cominciai a sfilare con i grandi nella Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze”» (Lucia Serlenga, il Giornale, 18/9/2009) • «Da allora non si è mai fermato […] La donna firmata Cavalli è una bomba di sex appeal, è appariscente, vistosa. Secondo alcuni, esagerata» (Jacaranda Falck, L’Espresso” 17/1/2002) • «La mia donna è un’appariscente, eccentrica, qualcuno dice un po’ sgualdrina. Ma per me la chiave è il sogno. Una sfilata deve rappresentare un sogno, per la donna che si sente un po’ Pretty Woman, e per l’uomo che vede queste bellezze e brama di averle tutte. [...] Non nego che, alla mia prima collezione, più che gloria e soldi mi intrigava entrare in questo mondo per conoscere le donne. Sono stato un playboy nella Saint-Tropez godereccia. [...] Come si fa a fare questo mestiere senza amare il corpo femminile? Trovo stupido spogliarle in passerella. Se una è già nuda, svanisce la voglia di spogliarla. Per me non c’è nulla di più sexy di una gonna sopra il ginocchio. Sono un romantico» (Davide Burchiellaro, Panorama, 8/3/2001) • «Poi c’è Silvanella, la ragazzina col pullover turchese con cui si sposa [a 29 anni, ndr], che gli ha dato due figli (Cristina e Tommaso) […] il suo “primo rocambolesco amore”. Non mancano altre avventure: con la neozelandese Gloria oppure con l’israeliana Hana Levi per cui arriva perfino a tentare il suicidio. Poi arriva l’amore con la A maiuscola. Nel 1977 Cavalli è a Santo Domingo e incontra Eva Duringer, Miss Austria “la più bella del mondo […] occhi neri, capelli biondi, corpo da urlo”. Lei ha appena 18 anni e non è solo bellissima: ha anche un cervello di primissimo ordine e una non comune capacità di canalizzare positivamente l’energia creativa di lui. Il grande salto da piccolo artigiano ad “artista della moda” […] avviene accanto a questa donna deliziosa che sposerà in seconde nozze e gli darà altri tre magnifici figli (Rachele, Daniele e Robin)» (Fedi) • «Nel ’79 mi sono comprato un elicottero [...] un Ecureille dell’Aerospatiale, da cinque posti, lungo tredici metri. Quasi un mini appartamento fra le nuvole, di cui m’innamorai [...] Lo vidi esposto all’aeroporto di Peretola. Mi spiegarono che era in robustissima fibra di vetro, un vero gioiellino. “Lo voglio”, m’incaponii» (Amapane) • «Una volta portai mia madre a New York a una festa, non la trovavo più: era seduta su una poltrona, con il suo metro e cinquanta e i suoi 77 anni e i capelli bianchi. Con una voce stridula mi disse: “Robertino, hai visto mi hanno offerto una sigarettina...”. E io “Mamma, è uno spinello!”» • «Poi arrivarono gli anni Ottanta… “E con loro gli stilisti giapponesi, fautori di linee architettoniche ma a torto chiamati minimalisti. Certo le mie stampe erano lontane anni luce da quel mondo. […] Nei primi anni Novanta, quando lo stile giapponese si trasformò in vero minimalismo e in marchi che mortificavano la femminilità, ne soffrii”. E pensò di smettere… “Sì, perché ero frustrato dall’idea che la moda non riuscisse a valorizzare la donna. Chiamai i sindacati per concordare la chiusura. Ma quella mattina Dio mi regalò l’incontro con un produttore di Prato che avrebbe cambiato il mio futuro: gli chiesi di fare ricerche per applicare il trattamento stretch al denim. Dopo giorni arrivarono i campioni: mi piacquero, li stampai e li invecchiai con la carta vetrata. Presentai questi jeans al Modit di Milano: era il 1994. Grazie al tam tam, il secondo giorno c’era la coda fuori dallo stand. Un successo strepitoso […] Tornassi indietro, rifarei ciò che ho fatto perché è un’esperienza meravigliosa, ma gestirei in maniera diversa…”» (Serlenga) • «Il resto è cronaca: i rapporti con le star, il lusso, i pettegolezzi, quel successo dell’eccesso che in fondo sembra pesare all’uomo nascosto dietro al personaggio di Cavalli» (Fedi) • «Forse se vuoi arrivare, a volte devi esagerare. Insomma, l’eccesso aiuta il successo! E io sono eccessivo, in tutto. Ma la vita è così breve, c’è tanta monotonia, se non ci si diverte è la fine» • «Quando ha le paturnie monta sull’elicottero che guida come uno scooter da una vita. “Vo’ a fa’ un giro”, dice ai suoi e vola via. “Così mi rilasso e torno più contento”, racconta ridendo. Due matrimoni, cinque figli, uno zoo in casa (pappagalli, scimmie, cani, gatti, criceti...)» (Amapane) • Da giovane si comprò pure uno scimpanzé: «Era come avere uno scemo in casa, solo che me lo ero pure andato a comprare: una cosa da cretini» (alla Filiasi) • Il Just Cavalli, discoteca a Milano; il Just Cavalli di Porto Cervo (aperto solo l’estate); e il Cavalli Club di Dubai (chiuso durante il ramadan); Due Cavalli Caffè a Gedda, in Arabia Saudita, e a Saint-Tropez • «Il menu ha sul fronte uno sghiribizzo a cuore, attraversato dall’autografo di Roberto Cavalli e dalla scritta “I love you!”. Bugiardo. Quegli 80 euro a testa, e in cambio di cosa, poi?, non fanno presupporre alcuno slancio affettivo» (Camilla Baresani, Sole 27/6/2004) • «La mia è una famiglia antifascista da generazioni» • Fino agli anni Ottanta votava Pci, poi per anni non ha più votato. Ha votato Emma Bonino, stimava Fausto Bertinotti e nel 2013 era renziano • «Da imprenditore che opinione ha del Cavaliere? “Non rispondo sennò mi porta in tribunale. I miei miti sono altri: Che Guevara e Gandhi”. Non avevano proprio la stessa visione. “Infatti penso che in Italia servirebbero tutti e due» (Beatrice Borromeo, Fatto 18/9/2013) • La passione per la Fiorentina: «Tifoso di curva, non di poltroncina» • Gli piace la fotografia e ha realizzato scatti tra i cannibali della Nuova Guinea • Per la sua autobiografia, Just me (Mondadori, 2013), «non ha voluto un ghost writer. Per tre anni ha torturato la tastiera dei suoi telefoni, digitando ricordi, emozioni e pensieri, poi affidati a qualcuno in ufficio, con il compito di assemblare tanti pezzetti di vita» (alla Manfredi) • Ha recitato nella parte di se stesso nell’ultima puntata della serie tv americana Ugly Betty • Il dj Little Louie Vega ha campionato la sua voce in un remix di Love to love you baby di Donna Summer (2012) • Nel 2007 ha disegnato – primo tra gli stilisti italiani - venti capi per donna e venti capi per uomo per la catena svedese di abiti economici: «Ho pensato a tutti quei ragazzini che mi fermano per strada e che finalmente posso fare contenti» • «È vero che parla con Dio ogni sera? “Veramente lo faccio ogni minuto ma non prego perché sono anti-religione e apolitico. Parlo con Dio, il miglior designer dell’universo, quando ammiro la meraviglia della natura, i tramonti e i geroglifici che formano le nuvole”. È felice? “Sono consapevole. Sento molto calore e molta amicizia intorno a me e penso che l’amore che ho dato alla fine mi ritorna”» (alla Serlenga) • «So di dover morire e non mi attacco alle cose perché voglio andarmene serenamente. Sono sicuro che quello che verrà dopo sarà molto meglio di adesso» (alla Manfredi) • Morto ieri nella sua Firenze. Era malato da tempo. Aveva 83 anni. Con lui, sempre al suo fianco, la compagna degli ultimi 16 anni, Sandra Bergman Nilsson, dalla quale ha avuto un bambino, Giorgio, che ha poco più di un anno.