Anteprima, 22 aprile 2024
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Biografia di Daniel Dennett
Daniel Dennett (1942-2024). Filosofo e scienziato cognitivo. Se la filosofia occidentale antica vedeva nel fato (o destino) il centro della propria speculazione, se quella medievale si fondava su Dio come origine, governo e compimento di tutte le cose, il pensiero moderno — principalmente tramite le figure di René Descartes (Cartesio, 1596-1650) e John Locke (1632-1704) — si sviluppa a partire dalla nozione di un «Io» cosciente che struttura e determina ogni individuo e la sua percezione del mondo. In particolare Descartes ha messo in dubbio l’esistenza di ogni realtà, per arrivare all’idea certa ed evidente che almeno l’«Io» che sta dubitando non può non esistere. Da questo residuo essenziale del dubbio metodico il pensatore francese ha dedotto la relativa esistenza anche di Dio e degli oggetti del mondo, che sono rispettivamente intuizione e percezione di quel medesimo «Io» originario. L’americano Daniel Clement Dennett (Boston, 28 marzo 1942 - Portland, 19 aprile 2024), forse il filosofo analitico più famoso, che ci ha lasciati nello stesso giorno in cui 142 anni prima era morto Charles Darwin (1809-1882) — lo scienziato che più aveva ammirato e al quale si era ispirato — ha dedicato tutta la propria esistenza a smontare il celebre fondamento cartesiano. Appoggiandosi su una tradizione filosofica meno egemone rispetto a quella iniziata da Descartes, da Arthur Schopenhauer (1788-1860) a Sigmund Freud (1856-1939), il pensatore americano è arrivato a negare sia il concetto stesso di una coscienza individuale che struttura il nostro cervello, sia la netta distinzione tra una sostanza pensante e spirituale e un’altra materiale che connoterebbero il mondo umano. Proprio partendo da Charles Darwin, dal suo pensiero, e fondendo il suo principale lascito scientifico con le teorie dei suoi maestri Gilbert Ryle (1900-1976) e Willard Van Orman Quine (1908-2000), Dennett è giunto piuttosto a teorizzare che la coscienza umana è il risultato di elaborazioni complesse che avvengono nel cervello umano e, quindi, si presenta più come il frutto di un lungo processo evolutivo tra la mente e gli stimoli esterni. In questo senso realtà pensante e realtà materiale, ben lontane dall’essere nettamente distinte come si è pensato da Descartes in poi, si rivelano piuttosto come due manifestazioni distinte di un unico processo naturale. A partire da tale visione, anche l’idea di un «Io» (o Sé) unitario e coerente che struttura l’identità di ciascun individuo, si presenta come un’illusione, una costruzione fittizia con cui l’essere umano evita di prendere atto del fatto di essere il risultato di molteplici processi mentali che interagiscono con la realtà materiale circostante. Tale concezione, ovviamente, nega l’esistenza di un’anima spirituale che a mo’ di entità immateriale e separata dal corpo definisca un’appartenenza metafisica dell’uomo stesso e lo ponga in qualche forma di contatto con una presunta entità divina all’origine del tutto. In termini positivi, invece, la visione di Dennett intende affermare il libero arbitrio incondizionato dell’uomo, proprio in quanto liberato da condizionamenti di ordine metafisico, nonché affermare l’urgenza e la possibilità di studiare finalmente il cervello umano in base a criteri rigorosamente scientifici e oggettivi. Non è un caso che il principale avversario contemporaneo di Dennett, teorico del fatto che «avere una mente» è possibile perché si possiede una coscienza nonché stati mentali soggettivi, sia stato quel John Searle (1932) che si ispira a Immanuel Kant (1724-1804), filosofo della ragione pura, piuttosto che al Darwin teorico dell’evoluzione biologica. Dovrebbe fare riflettere, piuttosto, che gli odierni teorici dell’Intelligenza artificiale, nonché dell’uomo che deve evolversi in cyborg, si ispirino a loro volta proprio al pensiero di Dennett e al suo lavoro» [CdS].