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 2024  aprile 08 Lunedì calendario

Biografia di Giovanni Allevi

Giovanni Allevi, nato ad Ascoli Piceno il 9 aprile 1969 (55 anni). Compositore. Autore di una produzione quasi solo pianistica. Stile melodico e introspettivo, di appeal immediato e facile ascolto • «Il new waver della musica» • «Il più moderno compositore italiano» • «Il Mozart del Duemila» • Famoso anche per il suo look, ormai una sorta di logo. Jeans, maglietta, scarpe da ginnastica - e, in testa, una cascata di riccioli bruni. Autore di una produzione quasi solo pianistica, compone in uno stile melodico e introspettivo di appeal immediato e facile ascolto. Ha venduto oltre un milione di dischi. Lo seguono migliaia di spettatori fedelissimi. «Un nuovo album di Giovanni Allevi è un evento per le legioni di fan che lo adorano e lo seguono in tutti i suoi concerti» (Antonio Lodetti, Giornale 6/11/2021) • Ha composto l’inno ufficiale della Serie A e della regione Marche. Ha suonato nell’aula di palazzo Madama e ricevuto apprezzamenti da parte di Gorbaciov, Benedetto XVI e papa Francesco. La Mozart Association gli ha conferito la Stella d’Oro al Valor Mozartiano. La Nasa gli ha intitolato un asteroide. Una volta, dopo un concerto in piazza del Plebiscito a Napoli, un fan gli strappò una ciocca di capelli, e davanti al suo disappunto disse: «Non devi prendertela, questa cosa l’abbiamo fatta solo a Maradona!» • Apparentemente distratto, in realtà sempre concentrato sulla musica. Talmente concentrato che una volta, in treno, gli è capitato di provare ripetutamente a girare la maniglia di una porta scorrevole per entrare nella sua carrozza, finché non si è alzata una vecchietta per aiutarlo, accorgendosi però che la porta era già aperta. Soffre di ansie, fobie, attacchi di panico. Ogni notte si sveglia alle 3.30 e ri riaddormenta alle 6.30. Ha visioni mistiche di croci infuocate. Una volta, per comporre un album, si è ritirato su un’isola deserta in mezzo all’oceano Atlantico. Non suona mai senza aver prima mangiato una fetta di torta al cioccolato • «Il suo grande successo, specie in una fascia di pubblico poco interessata alla musica colta, ha dato vita a un acceso dibattito tra A., che si propone come compositore contemporaneo, e l’ambiente musicale classico (con esponenti anche illustri, come Uto Ughi), che non gli riconosce uno spessore artistico di rilievo» (Treccani). • «Chi vuole essere tenero lo chiama l’Harry Potter del pianoforte, forse per gli occhialoni, forse per quel suo essere timido e determinato come il maghetto della saga. Chi vuole fare l’impegnato ricorda i suoi studi e lo chiama il compositore filosofo. I suoi nemici, i puristi da Conservatorio, dicono che è il Federico Moccia della musica» (Andrea Laffranchi). «Come direttore e pianista non fa nemmeno ridere. “In Rete” si possono ascoltare sue composizioni e persino leggere sue “partiture”. Si sarebbe tentati di definirlo un artista della presa in giro, tanto sono velleitarie, rudimentali, al di sotto di ogni giudizio, vellicanti una sotto-percezione musicale da minorati. Se Allevi ne è consapevole, è un genio, perché fa i soldi e la dà a bere: e mi auguro per lui che lo sia. La tragedia è che – forse – egli crede in quel che fa e si prende sul serio. Il suo pubblico ha quel che si merita» (Paolo Isotta, Fatto Q. 6/6/2016).
Titoli di testa «L’aspetto è da teen ager. Da teen ager che verso i teen ager dev’essere accattivante, invitante: debbono sentirlo un fratellino, altrimenti non comprano i dischi né i biglietti per i concerti. Così, una massa di capelli ricci indomiti; magliettine economicissime; si fa fotografare scalzo sul pianoforte giacché i piedi nudi sono una cosa molto sexy – anche se i suoi lo sono poco, fidatevi di chi se ne intende. Una faccina da topolino finto-ingenuo; occhiali; ostentato entusiasmo verso tutto ciò che esiste. Ci è e ci fa. Questo sedicenne spaesato ha quarantasette anni ed è padre di famiglia. Non so quanto make-up in foto e in filmati vi sia; un uomo che sia tale si vergognerebbe a fare alla sua età, per soldi, la commedia del ragazzino» (Isotta, cit.).
Vita Lei com’era da ragazzo? «Un disadattato. Immerso totalmente negli studi, ero una preda facile per i bulli. Una volta all’uscita da scuola trovai la mia bici incastrata su un albero. I tanti dispetti subiti mi hanno spinto a cercare una rivincita con la musica» (Mattia Marzi, Mess 27/8/2020) • Anche i suoi genitori, Nazzareno e Fiorella Allevi, sono musicisti. Lui clarinettista (finché non vinse il concorso come insegnante alle magistrali), lei cantante lirica (finché non vinse il concorso come maestra elementare). «Eppure, pensi un po’, non volevano che mi avvicinassi alla musica. Mi chiudevano il pianoforte a chiave. Il divieto, ovviamente, ha scatenato il desiderio» (Enrico Sisti, Rep 9/4/2019) • Perché suo padre era così severo nei suoi confronti? «Da giovane aveva dovuto rinunciare al suo sogno, essere un concertista, per “ripiegare” sull’insegnamento. La cosa lo aveva fatto soffrire così tanto da spingerlo a cercare di proteggermi dalla musica. Per quello, quando ero piccolo, mi chiudeva il pianoforte a chiave. D’altra parte, se non lo avesse fatto non sarei qui. Ha scatenato in me il desiderio di “profanare” una regola che mi veniva imposta». Allevi ribelle? «Credo che all’origine di tutto ci sia un episodio accaduto quando ero in quinta elementare. Ero sempre stato il primo della classe, adorato da tutti. Finché, un giorno, mi presi una sospensione di una settimana. C’era stata una zuffa fra bambini, uno si era rotto i denti, e i due responsabili incolparono me. Quello che era stato un paradiso all’improvviso si trasformò in un inferno: la maestra ce l’aveva con me e gli altri genitori mi additavano come “quello che era stato sospeso”. Un evento traumatico». Quindi? «Da allora convivo con un piccolo ribelle dentro di me» (Enrica Brocardo, Vanity 21/1/2015) • Insomma, al piccolo Giovanni è fatto divieto assoluto di aprire il pianoforte in legno laccato (marca tedesca, tasti d’avorio, comprato con tanti sacrifici), che luccica in salotto. Ma apri un cassetto, aprine un altro, scopre il nascondiglio della chiave (di pomeriggio i genitori erano sempre impegnati a scuola nel tempo pieno). Gli basta vederlo suonare e suonarlo quando rimane solo a casa (eseguendo tutte le musiche incise nei dischi di famiglia) • «Certe volte, mentre si mangia a tavola in cucina, si produce accidentalmente qualche suono, magari urtando un bicchiere. Allora mio padre dice: «Questo è un Si bemolle» (ma col tempo il piccolo Giovanni lo correggeva tra sé e sé: «Secondo me è un La bemolle») • Arriva la recita di fine anno scolastico (la mattina dopo l’esame di quinta elementare). Giovanni deve entrare sul palcoscenico solo per dire, in falsetto: «Sono l’uccellino Cip Cip» (e nel dirlo fare un balzo in avanti). Ma Giovanni si accorge che c’è un pianoforte, e quando gli allievi sono richiamati per l’applauso, lui non resiste e si lancia sulla tastiera per eseguire Preludio in La maggiore (Chopin). «Percepisco lo stupore generale che in pochi secondi si trasforma in silenzio assoluto, mentre le mie piccole dita si arrampicano a orecchio su quelle dolci note, con un solo grande rammarico: il pianoforte è scordato e i tasti sono gialli e ruvidi» (segue applauso scrosciante) • La sua prodezza passa sotto silenzio durante il pranzo (consumato da Giovanni nel terrore della punizione paterna), ma il pomeriggio stesso i genitori lo iscrivono al conservatorio. «Tanti ragazzi mi dicono che non sanno bene che cosa vorrebbero diventare. Ma ci vuole tempo per capirlo». Lei quando lo ha scoperto? «A 28 anni. Tardi. Fino ad allora sentivo una spinta prepotente a scrivere musica, la mia musica, ma pensavo anche che fosse una follia. Tenevo tutto chiuso in un cassetto. Mio padre, quando mi sentiva suonare le mie composizioni, mi diceva: “Non perdere tempo. Studia Bach”» (Brocardo). «Ho mollato il lavoro di insegnante di musica e mi sono trasferito a Milano, vivevo in un monolocale, per mantenermi facevo il cameriere per le aziende di catering. Nel frattempo, avevo cominciato a fare piccoli concerti e una volta, mentre servivo gli ospiti di una convention, alcuni ragazzi che mi avevano sentito suonare pochi giorni prima mi riconobbero. “Ma come? Fai il cameriere?”. Dopo lo sgomento iniziale, mi sentii profondamente orgoglioso di avere quel vassoio in mano». Era bravo? «Abbastanza. Non sapevo sporzionare bene, che è la cosa più difficile». E come insegnante? «No, non ho mai sopportato di dire agli altri che cosa devono fare. A Milano, però, ho fatto anche l’insegnante di sostegno per qualche anno. Lì mi sono reso conto di chi sono i veri eroi di oggi: i genitori con figli disabili» (Brocardo) • Che ruolo ha giocato il tonno in scatola nella sua carriera di musicista? «Fondamentale. Nel primo periodo in cui ho vissuto a Milano abitavo in un monolocale e facevo il cameriere per pagare l’affitto. Nonostante le difficoltà economiche, il mio pensiero principale era scrivere musica. Mi ero appena diplomato in composizione al Conservatorio Giuseppe Verdi e, non avendo tempo per cucinare, ho scoperto che il modo più rapido per nutrirmi era rovesciare una scatoletta di tonno sulla pasta appena scolata direttamente nella pentola e mangiarla. Per un anno è stata la mia dieta abituale». Cosa insegna questo? «Mette in evidenza una maniacalità che mi ha sempre accompagnato nel corso della ricerca musicale. Sono portato per natura a concentrarmi in maniera spasmodica su determinati aspetti e lasciar perdere il resto. Diversi psicologi hanno ritenuto che questo e altri miei comportamenti siano riferibili alla cosiddetta “Sindrome di Asperger”, una leggera forma di autismo» (Mario Luzzatto Fegiz, CdS 8/7/2021)
Amori Sposato con Nada Bernardo, diplomata in pianoforte con laurea alla Bocconi che gli fa da manager. Due figli: Leonardo, nato nel 2010, e Giorgio, nel 2012.
Politica Dopo la valanga di voti presa dal Movimento 5 Stelle nel 2013, disse che anche lui, tanto avversato dai critici e dagli accademici, era «anti-Casta».
Religione «Credente. Qualunque forma d’arte ti porta nel baratro di un abisso dove il passo successivo è la trascendenza. Essere credenti significa cercare di scoprire il mistero che è fuori e dentro di noi».
Ultime Da tempo sta combattendo contro un mieloma che lo tiene a letto e lo costringe a cure continue.
Curiosità Non va alle feste • Non frequenta locali mondani • Tifa Ascoli. «È la squadra della mia città. Quando nel 1978 è stato promosso in Serie A avevo dieci anni, misi una maglietta a righe bianconere per uscire a festeggiare» • Corre. Quando è a Milano, sul tapis roulant. Quando è ad Ascoli, in campagna. «Sono arrivato a 10 chilometri al giorno, quando gli impegni me lo permettono. Mi aiuta per l’elasticità della muscolatura, cosa fondamentale per chi suona il pianoforte» • «Con la corsa mi illudo di pedinare la mia inquietudine. Da anni corro quasi un’ora al giorno. La mente si annebbia e affiorano le idee musicali e filosofiche che mi regalano sollievo. Non lo faccio per salutismo ma per fuggire dal buio dell’anima» • Canzone pop preferita: Hey Jude dei Beatles • Concerti preferiti: «I due di Chopin eseguiti da Maria Joao Pirez: perfetto esempio di equilibrio fra rigore e leggerezza, il Secondo di Rachmaninov eseguito da Alexis Weissenberg e il Terzo da Vladimir Ashkenazy. Poi il Terzo di Prokofiev interpretato dalla Martha Argerich e il Quinto da Richter» • Gli capita di creare musica anche mentre fa la spesa al supermercato • Molto soddisfatto che il critico Piero Rattalino abbia paragonato la sua estetica a quella del compositore Ferruccio Busoni (1866-1924) • «Ho dei problemi con i capelli: devo trovare la crema giusta. Dopo un po’ che la uso, perde effetto e devo cambiarla (…) C’è un particolare potenzialmente pericoloso. Può capitare che un capello cada sulla tastiera. E, se capita mentre sto suonando, inevitabilmente, lo sguardo è attirato dal capello. E lì c’è la possibilità dell’errore perché l’orizzonte percettivo subisce una piccola interferenza che in quel momento può essermi fatale (...) Non devo fare lo shampoo il giorno del concerto, ma due giorni prima. Il capello che deve cadere, deve essere già caduto» (Elisa Messina) • «Vorrei avere una macchina del tempo per andare nel futuro e vedere se mi è stata intitolata una via o un conservatorio» • «Percepisco fra i giovani una grande insicurezza rispetto al futuro, la sensazione che nulla di bello accadrà» • «Secondo una teoria nichilista la nostra identità dipende dal riscontro sociale, il nostro valore è tale solo se è riconosciuto: questo aspetto domina la società dei like. E come effetto provoca ansia, soprattutto da quando il virtuale ha penetrato il mondo reale» • «Io non sono nato con i social. Dopo i concerti per anni ho incontrato i fan a tu per tu guardandoci negli occhi, ascoltando le loro emozioni. All’improvviso tutto si è spostato sul virtuale. Ma è rimasta la mia attitudine ad ascoltare. L’essere umano è una realtà complessa e profonda che contiene in sé l’inferno e il paradiso, questo mi affascina. E quando le persone mi scrivono sui social io resto incantato: mi perdo nelle loro descrizioni, amo il loro mondo interiore. E qui capisci che il numero di follower non conta, perché ciascuno di loro è un infinito e trovo assurdo che il mondo contemporaneo insegua i numeri, tralasciando l’unicità dell’essere umano» • Oggi come si definisce? «Un pianista classico contemporaneo. Classico per l’architettura del brano che compongo, contemporaneo per il contenuto, l’armonia, la melodia e il ritmo che cerco di rendere attuali.... Mi definisco un evoluzionista e da parte degli ambienti più conservatori della musica colta la mia è stata considerata una forma di lesa maestà nei confronti dei grandi del passato» Come l’ha presa? «Dopo esserci stato male ho capito che questa è la mia missione e la porto avanti con spirito eroico forte dell’affetto del mio pubblico» (Lodetti).
Titoli di coda Quando cambierà look? «Non è un look, sono io» (Piera Anna Franini, Giornale 12/12/2017).