13 aprile 2024
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Biografia di Julie Christie (Julie Frances C.)
Julie Christie (Julie Frances C.), nata a Chabua (all’epoca nell’Impero anglo-indiano, oggi in India) il 14 aprile 1941 (83 anni). Attrice. Premio Oscar alla miglior attrice nel 1966 per Darling di John Schlesinger (1926-2003). «La più poetica di tutte le attrici» (Al Pacino) • Figlia di Frank e Rosemary Christie, lei pittrice, lui padrone di una piantagione di tè. «Nata in India, dove suo padre era funzionario del governo britannico, era tornata in Inghilterra al termine delle scuole elementari, frequentando una delle migliori scuole femminili (di qui la sua parlata elegante e colta). “A sedici anni – racconta l’attrice – fui mandata in Francia per un anno. Fui ospitata da una enorme famiglia di intellettuali frenetici e aristocratici decaduti. Quando partii per la Francia mi sentivo come una nave senza carico; durante il mio soggiorno lentamente, poi con un ritmo sempre più veloce, la nave cominciò a caricarsi. Il mio cervello cominciò a fare vuuum, vuuum, vuuum…”. In preda al vuuum, Julie tornò a Londra. “Avevo scoperto l’amore, la bellezza e l’arte”. Per inseguire questi tre ideali rifiutò di frequentare il collegio tecnico di Brighton, dove i suoi volevano mandarla, e si dedicò ai caffè e alle lunghe discussioni con gli amici. “Mi sentivo piuttosto artistica – ricorda –. È di qui che nacque la mia passione per il teatro e il cinema”. […] Si iscrisse alla Scuola di arte drammatica a Londra, e la sua carriera cominciò così. Non fu un inizio facile. “Tutti gli agenti di produzione che mi vedevano dicevano che ero troppo magra e troppo poco sexy”. Fece qualche particina per la televisione inglese, posò per una serie di fotografie che sarebbero apparse su una nota rivista inglese, e parve naufragare nella mediocrità come tante stelline. Non si scoraggiò, e riprese il lavoro con nuovo accanimento. Il regista John Schlesinger le fece un provino per una breve parte nel film Billy Liar. Dopo Billy Liar venne Young Cassidy, e il nome della Christie divenne uno dei più conosciuti nel cinema inglese. Il grande successo, tuttavia, doveva ancora venire. Con Darling la giovane Christie si lanciò definitivamente. Nella parte di Diana Scott, una ragazza incerta nella scelta della propria vita e dei propri sentimenti, offrì la prova definitiva della sua bravura. Da quel momento le furono offerti contratti favolosi, ma la Christie preferì tornare per qualche tempo al teatro prima di accettare le allettanti offerte del cinema. Quando si decise, le fu affidata la difficile parte di Lara nella trasposizione cinematografica del Dottor Živago di Pasternak, diretto da David Lean. Julie Christie non mancò all’appuntamento con i critici di tutto il mondo» (Fabio Galvano). «Viene poi chiamata da F. Truffaut per Fahrenheit 451 (1966) e ancora da Schlesinger per Via dalla pazza folla (1967). A Hollywood è protagonista di Petulia (1968), sofisticata commedia esistenziale diretta da R. Lester. Due anni dopo impersona la prostituta Constance nello straordinario I compari di R. Altman, per il quale appare anche in Nashville (1975). Dello stesso anno è la sua interpretazione di Shampoo di H. Ashby. In seguito le sue apparizioni si fanno più rare e meno mirate, non mancando comunque di lasciare sempre un’impronta incisiva, come in Calore e polvere (1982) di J. Ivory, Miss Mary (1986) di M.L. Bemberg, Power (1986) di S. Lumet. In Away from Her – Lontano da lei (2007) di S. Polley offre una prova toccante nel ruolo di una donna colpita dal morbo di Alzheimer» (Gianni Canova). Negli ultimi anni, solo qualche apparizione cinematografica in ruoli minori (New York, I Love You, Glorious 39, Cappuccetto rosso sangue). Nel 2004 interpretò Madama Rosmerta, la proprietaria del pub I Tre Manici di Scopa, in Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban. Ultima apparizione: La regola del silenzio (Robert Redford, 2012). «Non ho fatto altri film. E mi va bene così. Se non facessi mai più un altro film non ne soffrirei. […] Mi interessano altre cose, come la lotta contro le scorie e il disarmo nucleare, l’impegno per le vittime della tortura e contro la crudeltà sugli animali. Sono una bohémienne vecchio stampo, una rompiscatole di sinistra, un’ideologa come le mie amiche Vanessa Redgrave e Tilda Swinton, che in America vengono messe alla berlina come “comuniste da salotto”, e che invece fanno benissimo a protestare contro la cultura imperialista» (a Silvia Bizio). Per anni è stata ambasciatrice di Survival International, ong che difende gli interessi dei popoli indigeni e delle tribù mai venute a contatte con la civiltà • Favorevole alla legalizzzione della marijuana • Alta 1 metro e 60 • Nel 1962 arrivò a un passo dall’essere la Bond girl di Agente 007 – Licenza di uccidere, primo film della serie, non fu scelta perché non sufficientemente prosperosa. «Julie Christie ha l’ossessione d’esser brutta. Le paiono brutti il suo corpo, le sue gambe, la sua bocca. Dopo Darling, gli inglesi dissero di aver trovato in lei “la risposta a Brigitte Bardot”. Ribatté: “Sono sicura che gli uomini mi giudicano non eccitante ma serena”. […] Julie Christie è tanto brava che potrebbe permettersi d’essere veramente brutta, anzi bruttissima. […] Non è soltanto l’attrice, ma anche il personaggio che incanta. Sullo schermo, la sua vitalità viene esaltata in modo imprevedibile, eccessivo. C’è nella sua persona un che di forte e naturale che insieme disorienta e desta ammirazione. Julie Christie è una creatura emotiva, antepone i sentimenti alla ragione. Rappresenta la gioventù d’oggi e la società di domani. La leggenda del suo personaggio è quella della libertà: dalle convenzioni sociali, dall’ipocrisia propria di certi ambienti del cinema, persino dalle normali regole di condotta» (Ennio Caretto, nel 1966). «I tratti del volto marcati, resi ancor più fascinosi dallo sguardo verde-azzurro, porta sullo schermo figure di donna complesse e ineffabili, segnate dalle tracce contraddittorie della modernità, affermandosi come una delle interpreti femminili più emblematiche tra la metà degli anni ’60 e quella dei ’70, non solo del New Cinema britannico, ma anche della cosiddetta “altra Hollywood”» (Canova). «Dei tanti film interpretati, Darling è quello che rimane per sempre legato a Julie Christie, più ancora di Živago. […] Quel film, poi, segnò una specie di codice della rivoluzione di Carnaby Street, la rivolta giovanile inglese che si esprimeva con i Beatles, le cravatte a fiori, Mary Quant, i simboli di un’epoca. E, per l’appunto, con la Julie Christie di Darling, la fotomodella ambiziosa, senza morale e senza barriere, che, dopo una serie di amanti, finisce, infelice, al fianco di un principe italiano» (Gaia Servadio) • Parla correntemente inglese, francese e italiano • Numerose le relazioni sentimentali del passato, tra cui quelle con Warren Beatty, Terence Stamp e Brian Eno. Dal 1979 convive con il giornalista britannico Duncan Campbell, con cui è convolata a nozze soltanto nel 2008. «Non vedo una ragione per sposarsi, se non si è religiosi. Io non lo sono» • Mai avuto figli. «Gli uomini non vogliono prendersi responsabilità, e nemmeno io» • Aveva una sorellastra segreta, June Christie (1934-2005), figlia dell’amore clandestino dal padre con una giovanissima contadina indiana della loro piantagione di tè. Lei non ha mai voluto parlare in pubblico • Fumatrice, la sua marca di sigarette preferite sono le Craven A • Attori preferiti: Marlon Brando e Maryl Streep • «Hollywood non mi è mai piaciuta» • Nel 2002 rivelò che un trauma all’ippocampo le aveva provocato un’«amnesia autobiografica». «La Julie Christie che conoscevate una volta non esiste più: l’ho scordata. […] Anni fa, in California, persi, e poi ritrovai, la mia memoria: non ricordavo alcune parole e mi sentivo perduta, come se non potessi più individuare la strada di casa» (a Giovanna Grassi). Dice: «So chi sono. Sul passato, però, ho qualche difficoltà».