17 aprile 2024
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Biografia di Nicola Lagioia
Nicola Lagioia, nato a Bari il 18 aprile 1973 (51 anni). Scrittore.
Titoli di testa «L’unico difetto di Nicola Lagioia è che quando parla si crede un romanzo» [Mascheroni, Giornale]
Vita «A Bari sono nato, cresciuto. Ci ho studiato Giurisprudenza, poi a 23 anni sono andato via. Però nella mia formazione barese è fondamentale anche il paese dei miei genitori, Capurso. I miei nonni materni erano coltivatori diretti, mia nonna, Antonietta Ricciardi, l’altro giorno ha compiuto 107 anni. L’ho sentita al telefono. Mio padre è nato in una famiglia poverissima, da sottoproletariato urbano, e fece un salto sociale abbastanza notevole, come produttore di corredi ricamati a mano. A Capurso l’economia era agricoltura, materassi e corredi: impossibile sposarsi senza un corredo, si diceva “panni 2” per dire che con un copriletto e una tovaglietta avevi 2 esemplari, “panni 4” o “panni 8” che ne avevi 4 o 8» [Luca Mastrantonio, Cds] • « I miei genitori, pur essendo più emancipati dei nonni, non leggevano molto. I miei nonni materni invece avevano un grado di educazione inferiore ma avevano un mezzanino che custodiva tre libri, per loro importanti: Il paradiso perduto di Milton, I miserabili di Hugo e La Divina commedia di Dante illustrata da Dorè e io imploravo mia madre di leggere, perché avevo solo 5 anni» [ibid.] • I suoi divorziano quando lui ha 4 anni: «Io stavo un po’ da uno e un po’ dall’altra. Mio padre era ridiventato scapolo, quando andavo a dormire a casa sua c’era anche mia nonna, che però non era brava a raccontare storie e allora si applicava lui. Era bravo e più erano belle le storie più facile era addormentarsi. Quando mi addormentavo, lui si sentiva libero di uscire con le ragazze. Una volta, mi ha detto che anche lui si era addormentato, e non è andato all’appuntamento...» [ibid.] • «A 9 anni compravo talmente tanti fumetti che mia madre dovette stabilire un tetto massimo di denaro da spendere. Io sognavo che la ferramenta di mio zio fallisse così che lui potesse investire tutto quello che gli rimaneva in un’edicola. Per avere i giornalini gratis» [a Ilaria Bellantoni, Marieclaire] • «Mio padre guidava a 220 all’ora e fumava di continuo, aveva voglia di farcela e fame di vita. Mi ha insegnato la fiammata. Mia madre Maria, invece, era figlia di coltivatori diretti ed era la stabilità» [Bellantoni, cit.] • «A Bari c’erano tre luoghi: il centro storico, ora è il luogo della movida, ma prima era inavvicinabile, ricordo che lo storico Le Goff, che sapeva tutto del romanico pugliese, fu scippato. Poi c’era Japigia, che ora si è molto risistemato, quasi residenziale, ma all’epoca Japigia era un mercato di stupefacenti a cielo aperto. Sul lungomare, poi, c’erano le prostitute, ricordo un cartello famoso che diceva “facite che se muere”, cioè approfittatene, che la vita è breve; e poi il Cep: Centro Edilizia Popolare, ribattezzato Centro Elementi Pericolosi» [Mastrantonio, cit.] • Fa lo Scientifico. Voto? «Altalenante, tra il 7 e l’8». In matematica? «Anche 4: un anno sono stato rimandato» [Bellantoni, cit.] • Negli anni dell’università – fa Giurisprudenza – con alcuni amici fonda il gruppo di lettura di poesia Dedalus: «Si leggevano poesie altrui, Montale, Majakovskij e anche nostre. Nacque nel 1991, eravamo una decina, finì che eravamo 70 e 80» • «Il 1999 è stato anche l’anno dell’esordio di Cassano, io non c’ero ma ricordo benissimo il gol all’Inter, il 18 dicembre 1999. Ero a Roma, ormai, e a teatro davano il Pinocchio di Carmelo Bene. Cassano fece quel grandissimo gol a San Siro contro l’Inter. Ci siamo presi Roma e pure Milano, pensai» [Mastrantonio, cit.] • Parte da Castelvecchi alla fine degli anni Novanta, lavorando nella casa editrice e pubblicando il suo primo libro: un romanzo a più mani che esce sotto il nome collettivo di «Aldo Dieci», un po’ meno di un flop, un po’ più dell’amico cannibale Antonio Centanin. Titolo: Route 66. Da qui parte la sua personalissima strada della gloria [Mascheroni, cit.] •Ha esordito nel 2001 con il romanzo Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare sé stessi) pubblicato dall’editore minimum fax, per il quale dirige nichel, la collana di narrativa italiana. Ha partecipato a numerose raccolte di racconti, ha pubblicato i romanzi Occidente per principianti (Einaudi) e 2005 dopo Cristo scritto assieme a Francesco Pacifico, Francesco Longo e Christian Raimo e firmato con il nome collettivo di Babette Factory (Einaudi Stile libero). Nel 2005 è uscito il suo saggio Babbo Natale. Ovvero come la Coca Cola ha colonizzato il nostro immaginario collettivo (Fazi), nel 2009 il romanzo Riportando tutto a casa (Einaudi) (Cds 29/11/2009), vincitore dei premi Siae – Sindacato scrittori, Vittorini, Volponi e Viareggio 2010 per la narrativa. È una delle voci della trasmissione Pagina3, la rassegna stampa culturale di Radio3 • «Per quanto sia uno scrittore abbastanza metodico (scrivo ogni giorno, per almeno 5 o 6 ore) mi rendo conto che ogni mio libro nasce da momenti di forte irrazionalità. Iniziai a scrivere Occidente per principianti dopo un lungo viaggio a base di psilocibina, Riportando tutto a casa dopo un litigio violento con una cara amica. Il romanzo con cui sono alle prese da un anno e mezzo l’ho cominciato dopo un incubo avuto dormendo con mia moglie, in una casa al mare, una notte d’estate di qualche anno fa. Era uno di quei sogni che spalancano porte» (Caterina Bonvicini) [Fat 28/1/2013] • Impose le mani sulla piccola casa editrice minimum fax. Elevò l’Einaudi col suo personalissimo vangelo, La ferocia, e vinse lo Strega nel 2015 [Mascheroni, cit.] • «Sono uno scrittore lento, ci metto tempo per mettere a fuoco le mie urgenze più eclatanti e i miei bisogni più profondi. Quello che più desidero scoprire è quello che più temo di portare alla luce. Il mestiere dello scrittore mi è sempre sembrato una via di mezzo tra quello dello scienziato e quello dell’esorcista…» [Antonio Prudenzano, Illibraio.it] • «Mi sveglio alle 5.30, prendo un caffè e scrivo dalle 6 alle 11. Intensamente» [Bellantoni, cit.] • «La ferocia è pieno di personaggi spregevoli, o che fanno cose spregevoli. Hemingway diceva che bisogna sempre aver vissuto ciò che si racconta. Secondo me non bisogna necessariamente averlo vissuto, bisogna però esserselo meritato. Se scrivo di un assassino devo calarmi nei suoi panni. Non devo necessariamente aver ucciso qualcuno in vita mia, ma (questo sì) devo andare a recuperare l’assassino che c’è in me, che esiste ma per fortuna è inattivo. Se descrivo un vigliacco, devo riacciuffare qualche mio passato atto di vigliaccheria, cose che ho fatto e di cui avrei dovuto vergognarmi. È un lavoro abbastanza duro sul piano emotivo. A questo si aggiunge un lavoro ancora più duro su lingua e struttura» [Prudenzano, cit.]• Nel 2015 è uno dei selezionatori della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia • Nel 2017 «Ha toccato il Salone di Torino e lo ha guarito da tutti i suoi mali, sanandolo dal fallimento, respingendo l’attacco frontale della fiera concorrente di Milano, superando con coraggio e una buona dose di fortuna l’incubo pandemia e esorcizzando tutte le destre possibili, procedendo dal basso ad Altaforte. E infine ha benedetto santa Annalena Benini, su intercessione di Alain Elkann, e lei è stata eletta direttrice. E l’intellighenzia tutta elevò il suo Inno. A Lagioia [Mascheroni, cit.] • Ma a suo modo, per essere un eroe, Nicola Lagioia è un eroe. Un po’ per come porta senza imbarazzo quelle camicie finto hawaiane, t-shirt Pink Communist, occhiale d’avanguardia Jacques Durand sempre accanto alla moglie-musa, lui un po’ il Brian Ferry di Capurso, lei Jane Birkin versione cubista. Un po’ perché Lui fa tutto, o lo ha fatto, con successo: il ghostwriter, l’autore, l’editor, il direttore editoriale, il romanziere, il saggista, il giornalista, il conduttore radiofonico, il presentatore, il direttorissimo [Mascheroni, cit.] • «Pedigree politico purissimo, un cerchio magico romano di consulenti fidati e la predisposizione a muoversi senza refusi fra le righe della politica. Chiamato alla direzione del Salone per l’edizione del 2017 dall’allora Presidente della Fondazione per il Libro, Massimo Bray, e sponsorizzato dal ministro della Cultura Dario Franceschini e dal governatore Sergio Chiamparino (quando vigeva l’infallibile metodo che prende il suo nome: “Io pago, io comando, io decido”), Lagioia è stato capace di restare ai vertici del Salone con chiunque governasse il Comune di Torino e la Regione Piemonte: il Pd, i CinqueStelle, Forza Italia e l’avrebbe potuto fare anche con Giorgia Meloni, se avesse voluto. Una cosa che in una città come Torino, peraltro, può riuscire solo a un predestinato o a un funambolo» [ibid.] • Lui è quello che tutti gli intellettuali vorrebbero essere. Famoso, ricco («Con tutti i soldi che guadagna») e potentissimo, in particolare sull’asse Repubblica-Einaudi-RadioTre-Esquilino. Ed è persino di sinistra» [ibid.] • Amico di tutti, critici e scrittori (persino di Melissa P.), amato da tutti, editori e lettrici, iroso per istinto ma capace di dominarsi (quando l’ex amico Massimiliano Parente scrisse sul Giornale un memorabile «Inno a Lagioia», la sera stessa Nicola andò sotto casa sua con una mazza da baseball, ma poi desistette) [ibid.] • «Era il mio migliore amico fino al 2001. Seguii personalmente la stesura del suo primo vero romanzo, Occidente per principianti, mi mandava ogni capitolo e io elargivo consigli, e ne venne fuori un bel lavoro, prima di essere stravolto da Paola Gallo, editor dell’Einaudi, per renderlo più vendibile. È ciò che uno scrittore non deve mai fare, piegarsi all’editor, ma è ciò che un autore in carriera deve fare, e già cominciai a insospettirmi. Dieci anni fa gli dissi: «Se continui così finirai al Premio Strega», e all’epoca era un’offesa per entrambi, così i nostri rapporti cominciarono a incrinarsi […]. Finché presto divenne il miglior amico dell’uomo, soprattutto dei critici: Alfonso Berardinelli, Filippo La Porta, Andrea Cortellessa, Goffredo Fofi, Angelo Guglielmi, partecipando a ogni incontro, presentando di qua e presentando di là, tenendo banco perfino nei TQ, i trentenni-quarantenni che volevano il potere: personalmente ci andai a fare un reportage e sembrava una riunione della Cgil ma per fortuna arrivò la Raimo in minigonna e mi ricordo solo lei [Massimiliano Parente, Il Giornale] • Di romanzi in dieci anni ne ha scritti pochi, tre in totale, ciascuno inesorabilmente sforzato nel volontarismo stitico di scriverlo. Tutti uguali, e con le carte in regola per piacere al consesso dei catatonici delle terze pagine: operine molto pugliesi, molto sociali, molto generazionali, molto sentenzianti sul declino dell’Occidente capitalista. Sappiate che la lobby dei pugliesi, nella narrativa italiana, è pari a quella dei sardi e dei napoletani, da oggi ancora più potente, perché il rampicante Lagioia ha sconfitto quel pioppo di Saviano, sponsor della Ferrante [ibid.] • «E quindi inno a Lagioia, perché ce l’ha fatta, e poiché il Premio Strega è la brutta copia di Montecitorio, che è la brutta copia di qualsiasi altro parlamento europeo, tutto questo è comunque un’arte, non ci sono riuscite neppure due grandi scrittrici come Daria Bignardi e Lilli Gruber, ma manca poco, la meritocrazia in Italia vince sempre» [ibid.] • Nel 2020 scrive La città dei vivi. Rifiuta di partecipare allo Strega. «Per lo Strega è lo scrittore che accetta il premio dicendo sì, lo voglio. Mi sembrava troppo riceverne uno all’anno, soprattutto dopo che mi ero preso anche il Salone. Rischiavo di attrarre troppa antipatia» [Bellantoni, cit.] • Polemiche alla sua ultima edizione del Salone del libro perché un gruppo di attivisti non fece parlare la ministra Roccella. Ciò che è accaduto al Salone di Torino, con le proteste scatenate contro la ministra Roccella, è stato raccontato correttamente? «Uno dei commenti più interessanti sull’accaduto è stato quello di Laura Onofri che diceva: ci sono due diritti che si sono sovrapposti. Da una parte la libertà di espressione della ministra Roccella, dall’altra la libertà di esprimere il proprio dissenso. È vero che, come direttore del Salone, avrei voluto che la ministra Roccella potesse presentare il suo libro, però faccio un’altra considerazione: il Salone del libro è stato aperto da Ignazio La Russa, Presidente del Senato. Ai tempi de La Russa, la destra e la sinistra risolvevano le loro questioni a colpi di pistola, manganellate, bombe. Cosa che questa generazione non fa perché è pacifica. Trovandosi anche in una situazione più complicata, con meno prospettive rispetto alle generazioni di una volta» [exibart] • Che cosa farà adesso Nicola Lagioia? «Mi occuperò della rivista online che dirigo, lucysullacultura.com, e ho iniziato a scrivere un libro». Tema? «Non lo dico perché sono superstizioso: scrivo un libro ogni cinque-sei anni e quando comincio non so mai come va a finire. Ma, soprattutto, ora voglio tirare il fiato» [a Michele Brambilla, Rep].
Curiosità È un grande amante dei gatti. «Lunedì è la nostra gatta, l’abbiamo trovata di lunedì. È grazie a lei se ho smesso di fumare: quando stava per morire ho promesso che, se fosse sopravvissuta, non avrei più acceso una sigaretta» [Bellantoni, cit.] • Quante volte googla il suo nome? «Tutti i giorni per sapere a che ora e dove devo andare a presentare un libro. Ma anche per leggere i commenti su di me e il mio lavoro, sono curioso».
Calcio «Non lo seguo più da quando le partite non si giocano più tutte lo stesso giorno alla stessa ora. Era un rito, l’hanno distrutto. Oggi sapere che cosa ha fatto il Bari è un riflesso pavloviano» [Brambilla, cit.].
Politica Lei è un uomo di partito? «Sì, di un partito che non esiste più da settant’anni: il Partito d’Azione. Mi hanno messo una casacca, ma io sono solo uno scrittore» [Brambilla, cit.].
Religione Crede in Dio? «Credo nel trascendente, nel Dio di Giordano Bruno» [Bellantoni, cit.].
Amori Un fidanzamento con Veronica Raimo. Dopo sei anni di convivenza nel 2012 sposa Chiara Tagliaferri: «Il 6 agosto è stato il giorno più bello della mia vita. Ci siamo sposati a Koufonissi, Grecia. E ci hanno festeggiato per una settimana di fila». Come vivono due scrittori che sembrano due rockstar? «Scrivere a casa è bello, il resto è più che altro fatica» • Ha mai controllato il cellulare di sua moglie? «No, è la prima donna a cui non lo controllo. Mi sembra irrispettoso» [Bellantoni, cit.].
Titoli di coda «Nessun essere umano è all’altezza delle tragedie che lo colpiscono. Gli esseri umani sono imprecisi».