18 aprile 2024
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Biografia di Claudio Cecchetto
Claudio Cecchetto, nato a Ceggia (Venezia) il 19 aprile 1952 (72 anni). Disc jockey. Produttore discografico. Conduttore radiofonico. Presentatore televisivo • «Il re Mida dello spettacolo» (Maria Sorbi) • «L’Archimede Pitagorico dell’etere italiano» (Marinella Venegoni) • «Una vita da film» (Renato Franco) • «Per me Claudio Cecchetto avrà sempre i ventott’anni che aveva quando presentò il più superfragilistico Sanremo della storia, quello vinto da Alice che vestiva Coveri e cantava Battiato, quello con Sergio Leone presidente della giuria di qualità, quello col Gioca Jouer come sigla. È il Pippo Baudo delle nostre giovinezze» (Guia Soncini) • Cominciò giovanissimo, con le radio libere negli anni 70. Gavetta nelle discoteche milanesi. Debuttò in televisione nel 1978 (a Telemilano). Finì subito alla Rai dove condusse Scacco matto (1980), Discoring (1980), Fantastico 2 (1981). Ha fatto tre edizioni di Sanremo (1980, 1981, 1982), tre festival di Castrocaro (1992, 1993, 2002), tre Festivalbar (1983-84, 1986-87 e 1993). Ha fondato Radio Deejay e Radio Capital (oggi di proprietà del gruppo GEDI) • Ha creato tormentoni, aziende, mode, personaggi. Ha fatto emergere protagonisti dello spettacolo come Sandy Marton, Sabrina Salerno, Gerry Scotti, Jovanotti, Amadeus, gli 883, Fiorello, Linus e Albertino, Leonardo Pieraccioni, Daniele Bossari, Tracy Spencer, Fabio Volo, Luca Laurenti, Francesco Facchinetti. Tutti lanciati da lui • «Seppe dar corpo all’umore sbarazzino che dilagava negli anni Ottanta» (Franco Giubilei) • «A conti fatti, messi insieme, tutta un’epoca e una generazione che porta il suo nome» (Dario Ronzoni) • «Furono accolti come i più scemi della nazione e il segnale dell’idiocrazia incipiente, e poi nel secolo successivo ci ritroviamo ad ammettere che sono i migliori intellettuali in circolazione» (Guia Soncini) • Oggi abita tra Milano, all’ultimo piano in una zona esclusiva di San Siro, e Riccione, località di cui si è recentemente candidato sindaco • Non ha mai letto un libro. Possiede centinaia di dischi, «ma nemmeno uno di Bach o Mozart» • Quando gli chiedono se ci fosse un briciolo di follia nella decisione di lasciare la Rai per fondare una radio da zero, risponde: «È la mia filosofia. Quando arrivi al top qual è il passo successivo? Cercare di mantenere la vetta, ma è una condizione che non mi piace. Per me la posizione ideale è il numero due: immaginate una corsa, il secondo corre guardando il primo, sempre rivolto in avanti; il numero uno invece si deve sempre girare indietro».
Titoli di testa «Io ho sempre in mente programmi nuovi e rivoluzionari. Però bisogna trovare qualcuno che abbia il coraggio di realizzarli. Ecco, di solito questo qualcuno, finora, ho dovuto essere sempre io».
Vita Nell’anno in cui è nato, il 1952, l’Italia cantava Vola Colomba. Lei come è diventato il portabandiera della nuova musica? «Papà mi comprò la prima radio a cinque anni e a dieci il mangiadischi. Da adolescente, scattò la passione per i Beatles, cominciavano i Pink Floyd e i Genesis, cose che in radio si trovavano solo ad Alto Gradimento e Supersonic. Spendevo tutto quello che avevo in musica d’importazione. Mother dei Pink Floyd lo presi colpito dalla cover con la mucca: mi ricordava le estati a Ceggia, il paesino veneto dove sono nato». Famiglia contadina, la sua. «Mio padre era un pochettino più ribelle dei fratelli, non voleva coltivare la terra, gli piaceva viaggiare e venimmo a Milano dove avrebbe fatto il camionista e poi il tassista». Com’era la Milano della sua infanzia? «Ne ho conosciuto soprattutto gli oratori: gli unici posti dove potessi divertirmi. L’ambiente della chiesa mi ha costruito. C’è stato un momento, a sette o otto anni, in cui chiesi come diventare missionario. Ho fatto il capo dei chierichetti, saggiando le invidie nel mondo del lavoro: eravamo tre e, come fui nominato, gli altri due se ne andarono. Chiesi al prete che succedeva. E lui: “Niente, i prossimi che arrivano sapranno subito che il capo sei tu”» (Candida Morvillo) • Nella Milano degli anni sessanta, Claudio milita a sinistra. «Ho fatto politica a scuola, all’istituto dove studiavo per diventare perito termotecnico, una novità che mi piaceva, ma c’erano già ragazzi che facevano politica per professione, mentre io lo facevo per la mia classe e i mie compagni» • È vicino al Movimento Studentesco, ma durante il Sessantotto non può fare più di tanto: è a casa sui libri, deve dare un esame di riparazione di matematica. «Non mi sono mai considerato un imprenditore, ma con i numeri so lavorare, anche quando si tratta di soldi. Merito di quell’esame di riparazione» • A vent’anni è «un trafelato fannullone, con diploma di perito termotecnico» • Si iscrive alla facoltà di Scienza delle preparazioni alimentari. «Ho fatto venti esami, poi mi capitò l’occasione di andare a trasmettere a Radio Milano International e lasciai l’università a un pelo della laurea. Ero un simpatizzante di Avanguardia operaia». Ma il movimento lo assorbe fino a un certo punto. Ciò che lo cattura fino in fondo è la musica, al punto da fargli dire «nasco dj e morirò dj» (Franco Giubilei) • Primi anni ’70: nelle radio private si lavorava gratis e si era pure fuorilegge. «Non facevamo niente di male: mettevamo musica, mica davamo indicazioni per fare rapine. Quando arrivavano i carabinieri a sequestrare i ripetitori, erano ragazzi come noi, ci riconoscevano, erano dispiaciuti». Come comincia a fare il disc jockey? «Il commesso di un negozio di dischi mi passò il suo lavoro alla discoteca Pink Elephant. Mi sembrò un miracolo, anche se mettevo la musica che piaceva a me solo la domenica pomeriggio e la sera dovevo andare di Fred Bongusto e Peppino di Capri». Ha detto che spendeva tutti i soldi in dischi, da dove arrivavano i soldi? «Lavoretti: ho scaricato casse d’acqua, fatto il vetrinista. All’università […] dicevo ai prof: non diventerò mai alimentarista, a me piace la musica, ma se non studio, mio padre mi manda a lavorare […]». Suo padre come reagì quando mollò gli studi? «Non ci siamo parlati per anni, dovetti uscire di casa […] mi ha chiamato solo al secondo Sanremo. Dopo, ci siamo voluti più bene di prima. Oggi siamo rimasti solo io e mia sorella, che è psicologa. Io le dico: facciamo lo stesso lavoro, tu pensi a quelli che stanno male, poi, quando stanno bene, io penso a farli divertire». Lei è mai stato dallo psicologo? «Quando uscii di casa, nel ’75. La mia fidanzata mi tradì col mio migliore amico, io mi trovai solo e senza un tetto e pensavo: che cavolo ci sto a fare a questo mondo? Feci dieci sedute, mi sentii guarito e scomparvi senza pagare» (Candida Morvillo) • Claudio scopre che il suo grande amore è la radio. I primi tempi lavora gratis. «Se una cosa ti interessa davvero falla anche gratis, è sempre un investimento. Sento gente dire: “Non ho avuto l’occasione”. L’occasione c’è sempre, magari sei stato tu a non prenderla» (Renato Franco). La sua grande occasione arriva nel 1978. «Stavo facendo una trasmissione a Radio 105, quando mi dissero: “Guarda che qui c’è Mike Bongiorno che chiede di te”. Ero così in bambola che non capii quasi nulla di quello che mi diceva». Che voleva? «Ricordo soltanto che si complimentò, “ti ascolto ogni mattina, sei bravissimo”. Ma io non trasmettevo la mattina. Non glielo dissi. Mi prese a Tele Milano». La tv di Berlusconi? «Sì, conducevo Chewing gum. Facevo tutto io, per sole centomila lire a puntata. Chiesi un appuntamento con il Cavaliere, il quale ancor prima che aprissi bocca mi annunciò: “Ho deciso di raddoppiarti lo stipendio”. Ero entrato deciso a chiedere il triplo, ma lui fu così avvolgente che mi accontentai» (Concetto Vecchio) • «Il clamore degli anni di piombo aveva impedito ai più di rendersene conto, ma negli Anni 70 una nuova generazione era cresciuta sotto terra (dove allora si trovavano quasi tutte le discoteche) e negli anonimi appartamenti in cui nacquero le prime radio private (meglio, libere), ballando la musica che nelle discoteche si suonava e ascoltando le canzoni trasmesse in modulazione di frequenza. Una generazione invisibile che divenne improvvisamente centrale nel decennio successivo. Cecchetto di quella svolta epocale fu l’emblema e insieme il catalizzatore, volto del nuovo mondo (“Ero un marziano, capello lungo ma faccia pulita”) che si affacciava nelle case di tutti dalla finestra più istituzionale, quella della Rai» (Piero Negri). «La mia generazione aveva conosciuto solo il dj ombroso che cambiava i dischi in silenzio. Ma vedendo Cesare Zucca, storico dj del Divina, avevo capito che la strada da aprire stava nell’animare la serata, diventare un “maestro di cerimonia” al servizio del pubblico» (a Massimiliano Castellani) • «Si veniva dai ’70, gli anni cupi dei cantautori impegnati e quindi la musica disco e il disimpegno politico degli ’80 passava per “vuoto”, mentre invece c’è stata una pienezza incredibile data dalla capacità di creare per divertire la gente» • Correva l’anno 1981 quando lancia il Gioca Jouer. «Quel motivetto che ricordava una tarantella e sul quale Cecchetto invitata a fare determinate mosse (sul retro di copertina del singolo c’erano le illustrazioni) tipo “dormire”, “ballare”, “nuotare”... Quel motivetto che ancor oggi si fa stracantare nei villaggi vacanze di mezz’Italia ed è la hit indiscussa delle baby dance. “In verità l’idea per quella canzone mi venne l’anno prima. Conducevo Scaccomatto in tv con Pippo Franco e Laura Troschel. Alla fine della puntata dovevo ballare e per farlo imparavo a memoria i passi che mi insegnava il coreografo. Da lì all’idea di fare un disco dove ripetevo in maniera cadenzata i comandi di una coreografia è stato un attimo. La bomba fu quando mi chiesero di presentare il Festival di Sanremo. Feci sentire il Gioca Jouer al patron Gianni Ravera. Disse subito che il pezzo era troppo divertente e poteva fare da sigla alle tre serate tv. Ero al settimo cielo. 500 mila copie vendute solo in Italia, l’allora presidente della Fonit Cetra (quel Carlo Fontana che sarebbe diventato il sovrintendente del teatro La Scala) che mi faceva i complimenti, l’esportazione del pezzo in Argentina e addirittura gli inglesi che fecero una cover arrivata poi al numero 25 della difficilissima classifica UK. In Inghilterra il Gioca Jouer fu ricantato dai Black Lace e il titolo fu cambiato in Superman. Una maranzata che al confronto l’originale era un brano di musica classica. In ogni caso, e lo dico magari esagerando un po’, alla fine di quel 1981 dissi a me stesso: ‘Be’ adesso posso anche morire’. Gli obiettivi che volevo raggiungere nello spettacolo li avevo toccati con mano”».
Amori Sposato con una Maria Paola Danna, detta Mapi, molto più giovane di lui. Si unirono in matrimonio con rito religioso il 23 maggio 1992. Nelle foto di quel giorno, lui ha i capelli più lunghi di lei, Jovanotti e Fiorello tengono in braccio la sposa • Mapi: «Io seguivo Claudio da quando avevo dodici anni. Lo vidi in tv e dissi a mia madre: lo sposerò. Lei allibita. Col tempo, dicevo: sposerò lui o uno che gli assomigli. Poi, a 19 anni, lavoravo in una produzione di Canale 5 con Raffaella Carrà. Quando seppi che sarebbe venuto ad accompagnare Sabrina Salerno, mi dissi: questo è il mio momento. E mi sono fatta notare» Notare come? Claudio: «Con una minigonna. Molto mini». Mapi: «Gli sono passata davanti una volta, due. Alla quinta, mi ha fermato. Gli faccio: era ora. Ci ho messo quattro anni a convincerlo a sposarmi». Claudio: «Avevo fatto un primo matrimonio in municipio a 26 anni, mi ero separato a 30, convinto che non fossi fatto per il matrimonio né per essere padre». Mapi: «Aveva in mente il marito richiesto a casa per cena, ma se possiamo fare un torto all’amore è ingabbiarlo in un modello. Ho cercato di fargli capire che non avrei cercato di cambiarlo, che sposarsi non significa rinunciare a essere sé stessi, ma stare con qualcuno che ti aiuta a essere te stesso sempre di più. L’ho convinto che non l’avrei allontanato dai suoi progetti. Lui ha sempre una missione da compiere». Il momento in cui Claudio ha capitolato? Claudio: «Ho capito che stavo bene con lei ed è arrivato il momento in cui mi sono detto: vorrei sposarla prima di morire». Mapi: «Avevi solo 40 anni». Claudio: «Volevo farlo il prima possibile» (Candida Morvillo).
Mini-divorzi «Per me, il segreto per stare tanto insieme è fare una serie di piccoli divorzi: il divorzio del sonno, il divorzio dell’hotel... Fare le cose in maniera separata allunga la vita di coppia. Noi dormiamo in camere diverse. Questo non vuol dire che, di notte, non ci s’incontra, ma uno può stendere le gambe, leggere quanto vuole. Abbiamo fatto anche il divorzio dell’auto». Cioè viaggiate in auto separate? Claudio: «Così lei ascolta la sua musica e io la mia. Lei fa le sue telefonate, io le mie. Con la fortuna di poterlo fare, si limitano i conflitti. Chiaro: ha un costo, due auto, due alberghi...» (Candida Morvillo).
Figli Due, entrambi già famosi • Il primo, Jody (n. 1994), attore e presentatore. Il secondo Leonardo (n. 2000), detto Leo, in arte Oel.
Dissapori Ha litigato con Max Pezzali. «Ci sono state serie incomprensioni. Preferirei non parlarne».
Politica Fan di Berlusconi. «Grande uomo, grande imprenditore. Con un unico difetto, che ha pagato pure in politica: non saper scegliere i collaboratori».
Politica/2 Nel 2019 si candidò sindaco di Misano Adriatico con la lista civica W Misano Viva. «Mi era venuta l’idea di modificare il nome del comune in Misano Marittima, ne ho acquisito la direzione artistica, ma il direttore artistico non decide, chi decide è il sindaco, e allora mi sono candidato sindaco». Arrivò secondo dopo il Pd, con il 34% dei voti. Si dimise da consigliere comunale nel febbraio 2022.
Politica/3 Nel 2022 si candidò sindaco di Riccione. Guia Soncini gli dedicò un articolo su Linkiesta, intitolato «Vota Voter. Claudio Cecchetto vuole rendere Riccione Great Again». Arrivò terzo con l’8,9%, dietro Pd e Lega. Si dimise da consigliere comunale nel dicembre 2023.
Religione «A momenti diventavo sindaco con una lista civica nata in due mesi. Ma visto che so che Dio mi vuole bene e me lo ha sempre dimostrato, se ha voluto che non ce la facessi c’è un motivo» (Maria Sorbi).
Tifo Interista.
Curiosità Lui va a letto tardissimo, la moglie prestissimo • Non sa cucinare: «Giusto lo spaghetto, fai bollire l’acqua e quando bolle butti giù, poi un po’ d’olio o burro. Mia moglie mi fa una dieta per tenermi in forma, e invece del burro ci mette l’olio...» • Il 23 maggio 2022, per i trent’anni delle nozze, lui e Mapi sono tornati nella chiesa dove si sposarono. «Abbiamo rinnovato i voti, stessa chiesa, stesso orario, stessi fiori. Diversi solo i miei capelli, più corti: con l’età, devo stare attento, per farli rimanere attaccati» • La musica del Gioca Jouer è stata scritta da Claudio Simonetti, lo stesso compositore di Profondo rosso e Suspiria • Non prova nostalgia per gli anni Ottanta e non pensa che la nostra epoca sia meno interessante. «Tutto nasce dai giovani, perché da adulto hai altre priorità, come la famiglia. E i giovani non sanno che farsene della nostra radio e della nostra televisione, hanno i social, hanno Tik-Tok, hanno Twitch, che è stato comprato da Amazon e che è uno strumento del futuro» • Che ne pensa della musica attuale e del dominio dei rapper e della trap? «Sono perennemente sintonizzato su Spotify: mi piace scoprire, prima, tutto ciò che è nuovo. Non ascolto solo la musica bella, che è sempre più rara, così mi diverto a certificare in anteprima la musica brutta. Sul rap e la trap cosa posso dire... noi avevamo la disco music che ci entrava nel sangue, i ragazzi d’oggi si sentono rappresentati dai rapper e dalla trap. Del resto non si possono fare paragoni, è come se quelli che vivevano al tempo di Mozart e amavano la sua musica li portavi a un concerto dei Village People...» (Massimiliano Castellani) • Un nuovo Cecchetto c’è? «Per essere come me non devi guardare il denaro e adesso è un po’ difficile. A me piacciono le star non le persone famose. Le star, quelle con la esse maiuscola, entrano nel cuore, le ami per la loro arte e non per la loro popolarità. Oggi è il contrario» (Maria Sorbi) • Che vita è stata finora? «Fortunata. Ho trasformato la passione per la musica in un lavoro. Vede, il talento è un dono, ma poi il successo è un mestiere». Qual è la formula? «Di non sederti mai un giorno. Coltivarsi. Penso che tutti abbiano dentro di sé un grande talento». Tutti? «Il punto che non sempre riesci a riconoscerlo. Anche quello è un dono: capire quello che davvero vuoi fare di te. Se lo realizzi dopo avrai una vita migliore» (Concetto Vecchio) • A chi gli chiede come fa a mantenersi in forma risponde: «Ogni anno vado a Monghidoro, a casa di Gianni Morandi, e mi faccio le trasfusioni col suo sangue» • Vuole che sulla sua lapide sia scritto «È morto giovane».
Titoli di coda «Il primo figlio di Cecchetto tra qualche settimana compie ventotto anni. È nato nel 1994, quando il primo governo Berlusconi non aveva neppure un mese. Adesso è un dj radiofonico, e il Cecchetto settantenne racconta che, quando si trova tra ragazzi che magari conoscono le canzoni di Lorenzo Cherubini ma non il tizio che s’inventò Jovanotti, è abituato a non essere riconosciuto. “Provo la sensazione di essere un emerito sconosciuto. Sono il padre di Jody, l’influencer”. Vado sull’Instagram di Jody. Segnala una diretta Twitch da un qualche locale affollato di Riccione. Chissà in quanti hanno la residenza, chissà se votano tutti papà» (Guia Soncini, 2022).