Robinson, 28 aprile 2024
Kounellis disegnatore
Una mostra di disegni di Jannis Kounellis è un evento più che raro. Era un artista che lavorava con le cose: sacchi di juta, carbone, lamiere nere, cappotti, vetri, bicchieri, fragrante polvere di caffè, campane bronzee, corvi impagliati. Persino veri quarti di bue, appesi a lucenti ganci di macelleria. Anche se diceva sempre, con quel suo accento così strano, «capisci? Questa è pittura», la sua era un’arte incarnata. Ogni cosa aveva corpo, peso, odore. Era reale. Occupava uno spazio, creava un luogo. Presenza e non rappresentazione. Niente di più lontano dal disegno, arte mentale, aerea, incorporea per definizione.Eppure Kounellis disegnava. Anche perché, viaggiando molto, avevabisogno di un bloc-notes sul quale dare spazio alla sua creatività quando era lontano dai suoi materiali, dalla sua fucina. E nel 1990 si convinse ad allestire una mostra di sole carte: ne scelse oltre 140 insieme a Rudi Fuchs, e le espose per la prima volta al Haags Gemeentemuseum de L’Aia. Ora quelle carte, con la curatela di Dieter Schwarz, tornano di nuovo ad essere esposte al Museo Novecento di Firenze (fino al 9 giugno) per poi trasferirsi al museo Eremitani di Padova ( dal 27 luglio al 17 novembre).Anche la mostra di 34 anni fa girò in varie città d’Europa. Aveva allora ed ha ora uno strano titolo: La stanza vede. Come se fosse lo spazio l’origine e la culla della visione. Come se fosse il luogo stesso a immaginare l’opera cui poi l’artista darà forma. Infatti molti dei disegni sono schizzi veloci, quasi tutti su piccoli fogli volanti, quasi sempre formato A4, appunti visivi di installazioni che devono ancora nascere. Spesso compare il cubo prospettico della camera che ospiterà l’opera, magari anche con una porta o una finestra: ma quella stanzaè in realtà un teatro mentale, è il palcoscenico interiore dove la creatività di Jannis è colta nell’atto di generare in totale libertà. Quei disegni sono come le tracce di un sismografo delicato e nervoso che registra il pensiero visivo mentre sta nascendo.Ed ecco apparire sulla carta tanti degli oggetti che sono via via venuti ad arricchire il suo vocabolario artistico: come le lampade a petrolio, leitmotiv della sua opera, sospese a lunghe sbarre che si incurvano per il peso e si protendono nella stanza. L’artista ha raccontato a Bruno Corà di esserne rimasto folgorato guardando una foto dell’atelier di Braque: «Su questa foto c’era tutto: dalla lampada a petrolio alle pipe ordinate contro il muro, il mandolino, la brocca d’acqua bianca ecc. ed era bellissimo…».Vestigia cariche di senso di un mondo passato, cui dare nuova vita. Come le vecchie macchine da cucire, a pedale, o le ciminiere di mattoni, che ritornano nei disegni, e stanno solitarie e incongrue nello spazio di una camera: ma è così che Kounellis allestì nel ’76 una sala della galleria Salvatore Ala, a Milano. Il catalogo è molto utile nell’accompagnare i disegni con le foto di alcune installazioni, che mostrano le corrispondenze tra progetto e realizzazione. Così, sfogliandolo, vediamo una nuvola di fumo emergere dal comignolo di mattoni ed estendersi sulle pareti e sul soffitto della galleria.Il nerofumo, l’ombra: un’altra delle ossessioni dell’artista greco, figlia del suo amore per Boccioni e per Munch. La sua devozione perL’urlo è evidentissima: spesso viene citato quel volto spaventato e dolente, mentre i capelli fluenti si trasformano in un’onda oscura che dilaga sulla pagina. Un altro grande amore deve essere stato Sironi: qui appaiono dei veri e propri paesaggi, periferie urbane in cui le ciminiere si moltiplicano, nuvole scure si librano sulle periferie.Ma è in questo scenario che accade l’inaspettato, la rivelazione di un Kounellis imprevisto. Sul cielo di una città dominata dalla fabbrica o dai treni in corsa, ecco apparire un angelo in volo, con le ali spiegate. Su un altro è il profilo di un volto a stare sospeso in aria, come un cherubino in contemplazione, su un terzo infine è una donna nuda, che, lieve, senza peso, sembra essere disegnata dalla nuvola che esce dal comignolo: una Venere contemporanea nata dalla schiuma della città.Che differenza c’è – gli chieseuna volta Giancarlo Politi – tra un lavoro grande e un disegno? «Nel disegno ho sempre calcolato delle cose che erano completamente sognate. Il lavoro è ben diverso», fu la risposta.E infatti, in alcune chine le «cose completamente sognate» diventano fantasie chagalliane, o che evocano atmosfere che sembrano tratte da Il Maestro e Margherita: più volte torna la figura di un uomo con cilindro che cavalca una donna in volo, mentre sotto, in strada, la città assiste attonita a questa scena surreale.Sembra che l’artista, in questa serie, voglia conquistare l’aria, la leggerezza, la liberazione da quella gravità che invece è sempre cosi presente nella sua opera. Pure il segno qui si fa sottile, nervoso, vibrante, come inciso senza peso sulla carta. Sono disegni che si affrancano dalla progettazione di una mostra, in cui Kounellis si permette persino di usare i tenui colori dell’acquerello, o di tracciare il tenero ritratto di una donna assorta, silente, dolcissima. Sognata, appunto.