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 2024  aprile 30 Martedì calendario

Schiavi a meno di un euro l’ora


Il villaggio turistico La Caravella era un luogo di relax, poi è diventato un bacino per attingervi gli schiavi. «Due passi dal mare», «una delle zone più belle della Costa Est», «80 appartamenti», «due piscine», «solarium», «un campo da tennis e un campo di calcetto», si legge nell’annuncio dell’asta giudiziaria seguita alla messa in liquidazione, nel 2016, di questa struttura sull’Aurelia Sud, fuori Piombino, in provincia di Livorno. Una gara che andò più volte deserta, finché il resort fu acquisito da una coop e trasformato in un Cas, ovvero un centro di accoglienza straordinaria per migranti.
«Sfruttando lo stato di bisogno degli ospiti», «turni di oltre 10 ore al giorno, che si protraevano dall’alba al tardo pomeriggio senza pause», «con retribuzioni inferiori a quanto previsto dai contratti collettivi, senza versamento di contributi, e paghe che in un caso arrivavano addirittura all’importo di 0,97 euro all’ora», ma soprattutto, «caporalato», è quel che si legge invece nel documento con cui, ieri, i Carabinieri hanno annunciato l’operazione «Piedi Scalzi».
Tutti uomini e stranieri le vittime. Tutti uomini e stranieri gli indagati. Sessantasette, per la precisione, sono le persone che quotidianamente e per settimane i militari dell’Arma e l’ispettorato del lavoro di Livorno e Piombino, hanno ripreso coi droni mentre veniva affidata loro, per esempio, una zappa negli orti del grossetano o un troncarami e un trattore negli ulivi e le vigne del livornese. Sempre «con sistematica violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene», nonché senza formazione. A insospettire gli investigatori, è stato quello che hanno descritto come «uno strano via vai alle porte del Cas». Da lì è nata tutta l’inchiesta. Tenevano sotto controllo il posto perché, tempo addietro, si erano susseguiti episodi criminali: l’accoltellamento di un operatore da parte di un rifugiato. L’ingresso abusivo di un irregolare e la pretesa, con minacce, di disporre di un alloggio.
I nomi iscritti nel registro degli indagati sono dieci. Si tratta di pakistani che agivano in tre gruppi separati. Sei di loro avevano aperto una partita Iva, per operare in ambito agricolo. Gli altri quattro erano i caporali veri e propri: ogni mattina andavano al Cas, reclutando a discrezione i braccianti. Sono stati tutti arrestati, tranne uno che è latitante all’estero. Dai conti correnti delle aziende sono stati sequestrati 45 mila euro e l’Inps potrà disporvi per rifarsi delle tasse non pagate.
Sempre secondo i Carabinieri, il prezzo di uno schiavo nel Sud della Toscana, oggi, «poteva variare tra i 3 e i 9 euro l’ora circa», cifra che in un caso era scesa a 97 centesimi. I salari venivano corrisposti «con oltre 3 mesi di ritardo e in alcuni casi neanche versati». Secondo la Cisl, la retribuzione media di un bracciante agricolo regolare, in orario di lavoro ordinario, è di 12 euro e può arrivare a 16. Per lo straordinario, che ovviamente in questo caso non veniva preso in considerazione, la media è 14 e il massimo 18.
La vicenda ha suscitato notevoli polemiche tra i politici, che si sono scontrati sui temi dell’immigrazione e dello sfruttamento del lavoro. Da un lato, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, si è complimentato con gli inquirenti e ha sottolineato «l’impegno del governo Meloni per combattere lo sfruttamento dei lavoratori nel settore agricolo». A Lollobrigida, si è unita la sottosegretaria all’Interno, Wanda Ferro, per cui «dietro alla retorica dell’accoglienza, si nasconde una realtà di sfruttamento e di degrado che nulla ha a che fare con la solidarietà».
Dall’altro lato, l’onorevole Marco Simiani, del Pd ha detto dell’esecutivo che «chi dovrebbe governare i flussi migratori per assicurare manodopera alle imprese, finanzia i lager in Albania con i soldi dei contribuenti. Chi dovrebbe verificare la legalità e l’umanità nei Cpr e nei Cas, si volta dall’altra parte», e che «chi dovrebbe garantire il lavoro dignitoso, affossa in ogni modo il salario minimo».
Un report pubblicato dalla Cgil nel 2022, identifica l’agricoltura come il settore più soggetto al fenomeno del caporalato e tra gli stranieri la maggior parte delle vittime. Nel reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, recentemente introdotto, con pene da uno a otto anni e multe fino a 5 mila euro (di questo sono accusate le persone coinvolte nell’operazione di ieri), compaiono però sempre più spesso anche minorenni e italiani. —