il Giornale, 27 aprile 2024
Intervista a Lucio Presta
Era il 10 Aprile quando su X è apparso questo post: «Mi sa che è giunto il tempo di dire chi e come sono le persone e come si svolti i fatti. Ho visto tante facce piene di maschere. È tempo di svelare facce e circostanze!». A scriverlo era Lucio Presta. Artista e agente di artisti. Dei più grandi artisti. Considerato senza smentita il numero uno nel suo campo. Sessantatré anni, calabrese con il sangue cosentino, molto autorevole nel mondo dello spettacolo, agente ed ex agente di moltissimi personaggi di primo piano. Anche di Amedeo Umberto Rita Sebastani, in arte Amadeus. Fino a pochi mesi fa.
Ho letto il suo post e gli ho telefonato. «A cosa devo questa chiamata?», mi ha chiesto. «Vorrei una sua intervista» gli ho risposto. Intervallo di silenzio. «Cosa vuole sapere?». Dritta al punto gli ho detto: «Mi svela come si sono svolti i fatti?». Di nuovo silenzio. «Allora?», chiedo. «Venga domani e ne parliamo». Sono andata. Abbiamo parlato molto. Quel giorno e poi a varie riprese nei giorni successivi.
Presta, un suo collega un giorno disse che il manager è colui che all’inizio ti fa guadagnare l’80%, poi un giorno è quello che ti ruba il 20%. È d’accordo con questa dichiarazione?
«Molti anni fa ho avuto il privilegio di essere ricevuto dal presidente Andreotti per il consueto scambio degli auguri natalizi. Erano incontri brevi (massimo 30 minuti) nei quali ho imparato più cose di quante ne ho imparate negli anni successivi. La prima, che esiste una malattia conclamata che si chiama “Sindrome rancorosa del beneficiato”. La seconda che la gratitudine è il sentimento della viglia, e la terza che se tu fai del bene a qualcuno avrai tanti incavolati ed un ingrato».
Dalle sue parole intuisco che si riferisce alla fine del suo rapporto con Amadeus.
«Non sbaglia».
Le va di parlarcene?
«Il mio lungo rapporto con Amedeo Sebastiani potrebbe essere sintetizzato con le profezie di Giulio Andreotti. Non voglio parlare del Sebastiani pre-2020 perché nulla ha a che fare con quello del periodo 2020-2023».
Ci parli allora del successivo.
«Il primo Festival di Sanremo fatto insieme è risultato un capolavoro di complicità. Amadeus non sapeva neanche da dove si potesse iniziare a formulare un regolamento e ciò che ne consegue, quali fossero i diritti e i doveri del Direttore Artistico del Festival. Potrei chiamare a testimoniare Claudio Fasulo (allora Capostruttura Rai) che ha vissuto con me quei giorni. Con Amadeus e la sua famiglia ho trascorso alcuni giorni a La Coruna, in Spagna, per scrivere interamente il regolamento che poi lui ha portato in Rai come opera sua».
Si è interamente intestato il merito?
«Quello per me non fu importante. Ero felice che il Vertice Rai sapesse che Amadeus era preparato e soprattutto che avevano affidato nelle mani giuste il Festival».
Insieme avete costruito la squadra.
«Sì, la squadra autorale, la regia, gli scenografi, il direttore della fotografia, il coreografo, etc...».
La scelta delle co-conduttrici?
«La scelta delle donne che lo avrebbero affiancato è nata durante le ripetute cene che Maria, la mia cuoca, preparava per lui tutte le sere a casa mia. Molte delle donne che avete visto sul palco dell’Ariston, Amadeus neanche le conosceva (Rula Jebreal ad esempio)».
Era lei che faceva le proposte delle donne che lo avrebbero affiancato e gliele presentava?
«Io le incontravo da solo su mandato di Ama, solo in seguito organizzavo una cena o un pranzo, regolarmente offerto e curato dal sottoscritto, per presentargliele. Alcune le ha incontrate per la prima volta direttamente durante i servizi fotografici di Saremo».
Ci può fare alcuni nomi di queste donne?
«Giorgina Rodriguez, Alketa Vejsiu, Sabrina Ferilli, Ornella Muti, etc... Per Giorgina, la moglie di Cristiano Ronaldo, pur di averla, organizzai una sala prove a Torino a mie spese e mandai il coreografo Franco Miseria a preparare il tango che lei portò sul palco. Le evitai così di spostarsi da Torino e allontanarsi da Cristiano e i bambini».
Un bel gesto non dovuto da parte sua.
«Questo mi procurò la stima di Ronaldo che venne ospite gratuitamente al Festival».
Chi si occupava della parte musicale?
«Fin dal primo giorno gli incontri con la discografia li facemmo insieme. Per tutti i nove Festival (e mezzo) che ho fatto, non si iniziava senza che prima mi incontrassi con la mitica Caterina Caselli, una donna meravigliosa e preparata. Stessa cosa accadeva con le sigle industriali della discografia ed i loro Presidenti. Insieme preparavamo i dettagli del regolamento in modo che potessero condividerlo con noi e la Rai».
Dal suo racconto emerge fra lei e Amadeus un rapporto solido e di fiducia incondizionata.
«Questo che le ho raccontato accadde per quattro Festival. Quasi tutti gli ospiti furono proposti ad Ama, contattati da me e Gianmarco Mazzi, per trasferire il tutto all’Ufficio Scritture Rai per la trattativa economica. Il tutto in perfetta armonia con Amedeo. Ogni suo desiderio cercavamo di esaudirlo».
In effetti siete riusciti a portare ospiti straordinari su quel palco.
«Basti pensare a Checco Zalone. Gianmarco Mazzi lo corteggiò per molto tempo e poi un giorno, non scorderò mai quella telefonata, mi chiamò dicendo: Corri, prendi un aereo e vieni a Verona che pranziamo con Checco! Credo sia la volta buona che ci dirà di sì. Stesso discorso con Dua Lipa. Riuscimmo a portare Cesare Cremonini per la prima volta su quel palco e poi Roberto Benigni. Insieme a moltissimi altri artisti che Amedeo ha incontrato solo a Sanremo il giorno dello spettacolo. (Con Lorenzo Jovanotti addirittura organizzammo tutto a sua insaputa io, Lorenzo e Dalia Garberscick)».
Come non ricordare il festival più difficile della storia: quello in piena pandemia...
«Vorrei saltare la faccenda Covid dove attaccai pubblicamente il Ministro Dario Franceschini per difendere il Festival, visto che avremmo dovuto farlo senza pubblico come suo volere, in contrasto con il mio. Le direttive in quel periodo permettevano la presenza di pubblico in uno studio televisivi. E in quei giorni l’Ariston era uno studio televisivo».
Alla fine il festival si è fatto anche senza pubblico.
«Nonostante ciò ogni giorno davo la forza ad Ama per resistere. Così avvenne e fu un altro straordinario successo. Basterebbe riguardare il docufilm realizzato da Rai produzione per capire lo sforzo».
Se non sbaglio fu sua l’idea di affidare ad Amadeus anche la direzione artistica di «Area Sanremo».
«Sì, fu mia e di Mazzi. Visti gli ottimi rapporti che avevo con il Sindaco di Sanremo iniziai a scrivere il regolamento, compreso quello dell’ultima edizione».
Sembrava tutto perfetto fra di voi.
«Questo era il clima che si respirava nei quattro Festival fatti insieme. Le dico di più, la fiducia era tale che con Gina Cilia, sua bravissima ufficio stampa, per sollevare Ama dalla fatica della conduzione, chiedevamo ai giornalisti di inviare le domande scritte delle interviste».
Questa è comunque una prassi giornalistica.
«Certo, però rispondevo io personalmente alle domande e dopo averle fatte vedere ad Ama le inviavamo ai giornali come se le avesse scritte lui. Stesso discorso valeva per i promo, gli annunci che giravamo con il mio telefono e portavamo al Tg1, dopo aver realizzato anche le grafiche per svelare i nomi degli ospiti che tenevamo segreti a tutti. Potrei continuare così nel racconto di tutti e quattro i Festival senza che nessuno possa smentire quanto io sto affermando».
Mi racconta come siete riusciti a portare all’Ariston il presidente Sergio Mattarella?
«Nell’edizione 2023 a me venne l’idea di invitare il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Festival, in occasione dell’anniversario della Costituzione. Ne parlai con Amadeus che ricordo guardarmi come se il mio sogno fosse irrealizzabile».
Non ci credeva potesse accadere. E invece?
«Ama desiderava tanto che ci provassi ed accettò di venire con me a proporre al consigliere Grasso la mia idea. Volevamo dare un forte segnale all’industria discografica che aveva un ruolo importante nel nostro Paese. Quella fu l’unica volta che Amadeus venne al Quirinale»
Come ha fatto a convincere il presidente Sergio Mattarella? Ce lo svela?
«Non chiedetemi come sia potuto accadere ma quel sogno da me accarezzato si realizzò. A questo si aggiunse il grande regalo di Roberto Benigni che parlò della nostra Costituzione e Gianni Morandi che cantò l’Inno di Mameli. Credo, senza nessuna protervia, che è stato il momento più alto della storia del Festival di Sanremo».
Tutto continuava a filare liscio.
«Prima di arrivare al quinto Festival, quello di quest’anno, a Settembre, io e Amadeus facemmo la terza edizione di Arena Suzuki ’60-2000, prodotta dalla società Arcobaleno tre».
La sua società.
«Una volta mia. Con l’entrata in vigore della circolare redatta dalla Commissione di Vigilanza che impedisce al manager di essere produttore dell’artista che rappresenta, ho ceduto le quote a terzi e svolgo solo il mio lavoro di manager».
È da qui che iniziano ad incrinarsi i suoi rapporti con Amadeus?
«Terminato il programma Arena Suzuki iniziammo i lavori per il quinto Festival e quindi le prime riunioni Rai per definire la campagna Promo, la scenografia e i claim. Iniziai a scrivere il regolamento di Area Sanremo e lo ratificai con il Comune. Naturalmente tutto lavoro fatto gratis che non era di mia competenza».
Perché lo ha fatto?
«Per rispetto alla città di Sanremo e al Direttore Artistico (Amadeus, ndr)».
Nulla faceva presagire che qualcosa sarebbe andato storto...
«Incontrai Amadeus durante la presentazione del calendario dei Carabinieri, ci sentimmo per gestire le varie richieste degli artisti che volevano essere ospiti al Festival e a quel punto mi accorsi che qualcosa non andava: Ama diceva sempre no e declinava ogni proposta».
A quel punto lei cosa ha fatto?
«Chiesi di avere un incontro con lui e la risposta fu che aveva molto da fare e che a dicembre sicuramente ci saremmo visti per chiarire alcune cose».
Qualcosa si era incrinato.
«Non poco sorpreso ripercorsi il passato in cerca di eventuali errori da parte mia».
Ne ha trovati?
«Per quanto mi sia sforzato non ho trovato fatti e circostanze che abbiano in alcun modo giustificato questo atteggiamento».
Andiamo avanti.
«Mi accorsi che due miei stretti collaboratori, accolti da anni non solo nell’azienda ma anche nella mia vita, iniziarono un rapporto diretto e segreto con Amadeus, parlando male del sottoscritto ed indicandogli delle strade professionali che avrebbe potuto sfruttare, violando i segreti dell’azienda per cui lavoravano. Le dico solo che uno dei due lo proposi ad Antonella Clerici prima e ad Ama dopo, di farlo diventare autore dei programmi The Voice e Sanremo. La mia stretta collaboratrice invece, la proposi nella gestione degli artisti (gestione pratica, non scelte)».
A questo punto cosa succede?
«Amadeus chiese un appuntamento a me e a mio figlio in qualità di produttore di Arena Suzuki. Era Giugno 2023. Durante questo incontro Ama fece una richiesta: che gli venisse pagato dalla società la direzione artistica e che gli fossero riconosciuti il 100 per cento dei diritti della titolarità del format. Richiesta non raccoglibile. Direzione che era già pagata dalla Rai che aveva stretto un accordo con Arcobaleno Tre, titolare del format. Io ricordo ad Amadeus che non solo non può vantare quei titoli, ma che la Commissione di Vigilanza Rai ha vietato la possibilità che gli artisti possano prendere del denaro dai produttori di programmi che loro conducono».
Lei cosa ha fatto difronte a questa richiesta?
«In qualità di manager abbandonai la riunione».
Poi...
«Amadeus rimase con mio figlio che cedette alle sue insistenze fino a riconoscergli una quota in qualità di Direttore artistico del programma e per aver collaborato all’ideazione del programma. Ribadisco: cosa non vera perché se così fosse stato sarebbe stato obbligato a dare il format alla Rai come da suo contratto con l’azienda».
Perché suo figlio lo fece?
«Per non rompere il rapporto che c’era fra me e Ama e per il grande affetto che mio figlio nutre per lui. Gli riconobbe 90mila euro, oltre quelli versati negli anni precedenti ed anch’essi non dovuti. Denaro che Ama ha fatturato regolarmente con la dicitura direzione artistica, contravvenendo così alla circolare della Vigilanza Rai. Inoltre l’acquisto del programma avvenne negli anni, da parte della Rai, come acquisto diritti di ripresa, quindi il format, di fatto è di Arcobaleno Tre».
Si e’ saputo dare una risposta sul perché Amadeus avesse agito così?
«Sinceramente credo sia stato spinto a farlo, non riconosco lui in questo gesto. Dopo avere incassato la fattura di cui sopra, il 3 Dicembre 2023, Ama chiese un nuovo appuntamento, fissato per il 14 Dicembre dove mi annunciò la sua intenzione di voler interrompere il rapporto dopo la fine del Festival».
Rapporto che però si è interrotto prima del Festival.
«Alcuni giorni dopo quell’incontro mi scrisse un messaggio dicendo che preferiva interrompere subito il nostro rapporto perché la mia presenza lo avrebbe messo a disagio al Festival».
Lei come reagì?
«Ho detto e scritto che per qualunque problema legato al contratto sarei stato disponibile, ricevendo il suo grazie. In quella circostanza mi ha confermato che avrebbe onorato il pagamento delle mie spettanze fino a fine contratto (Agosto 2024) salvo che a gennaio mi ha comunicato, attraverso il cognato (suo commercialista), che intendeva pagare solo fino a dicembre. Per questo è stata data disposizione all’ufficio legale di tutelare i miei interessi».
Non ha ricevuto altra spiegazione oltre al fatto che la sua presenza l’avrebbe fatto sentire a disagio?
«Altro appunto che mi ha fatto è stato che secondo lui, io avrei organizzato con il direttore del day-time Rai Angelo Mellone, la presenza di un corner all’interno del teatro Ariston, per gli inviati dei vari programmi Rai. A tal proposito mi inviò un messaggio vocale duro che riporto testualmente: Nessun programma di day-time sarebbe mai dovuto entrare all’Ariston, tranne la Vita in Diretta. Nessun inviato di nessun programma sarebbe potuto entrare all’Ariston fatta eccezione della signora Giovanna Civitillo. Tutti gli altri inviati degli altri programmi devono stare fuori dall’Ariston».
Il ruolo di direttore artistico ricoperto da Amadeus comprendeva la possibilità di tali richieste?
«No. Il direttore artistico del Festival ha un potere decisionale immenso sul Festival come da contratto, ma nessun diritto sui programmi della Rai che trattano il Festival. Inoltre quella richiesta era stata fatta dal direttore Mellone alla vicedirettrice Lentini ed io non ne ero assolutamente a conoscenza».
La partecipazione di John Travolta al festival ha suscitato non poche polemiche. Lei ne sapeva qualcosa?
«Nel mese di ottobre il manager di Travolta (Oscar Generale) mi scrisse se eravamo interessati alla presenza dell’artista ad una cifra molto bassa perché lo sponsor delle scarpe era disposto a pagare la differenza del suo cachet».
Lei cosa fece?
«Ho informato Amadeus sconsigliandogli di fare l’operazione».
Accettò il suo consiglio?
«Amadeus si è detto subito d’accordo a non avere Travolta al Festival».
Alla fine le cose non sono andate così perché Travolta è stato ospite al Festival.
«A novembre, un mese dopo, il manager di Travolta ha rilanciato l’offerta. Io non ho risposto ma ho condiviso con Alessio De Stefani, mio collaboratore e autore del Festival che si erano offerti di nuovo. Sono certo che una volta arrivati a Sanremo il manager abbia contattato De Stefani riproponendo il tutto. Sta di fatto che al Festival, quanto dal manager proposto si è poi avverato e le uniche persone che sapevano della proposta erano Amadeus e De Stefani. Nel frattempo con De Stefani e Dal Bello il rapporto di collaborazione con Arcobaleno tre ed anche con me si era interrotto per comportamento scorretto e violazione di segreti industriali. Tutt’ora la Dal Bello collabora con Amadeus in qualità di assistente, di De Stefani non ho riscontri, terminato The Voice».
Presta, perché ne ha voluto parlare solo ora?
«Questa la vera storia di come sono andate le cose tra Amadeus e il sottoscritto. Naturalmente ho tutte le prove documentali e testimoni di quanto a lei dichiarato. Ho voluto chiarirlo perché Amadeus in conferenza stampa ha detto: Presta sa quello che ha fatto, lasciando intendere chissà cosa. Altrimenti, come mia abitudine ben conosciuta, non avrei mai parlato della fine del nostro rapporto».
Cosa le resta di tutta questa vicenda?
«Il triste finale è che Giulio Andreotti aveva ragione. La gratitudine è il sentimento della vigilia e la sindrome rancorosa del beneficiato è una sindrome ascrivibile ai nostri giorni ed anche ai grandi personaggi».