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 2024  aprile 28 Domenica calendario

Ex Ilva, il pizzino del governo ad Arcelor

Probabilmente è un pizzino per gli ex partner di ArcelorMittal, un invito a non mettersi di traverso, oppure la situazione che i tre commissari governativi hanno trovato dentro la fu Ilva è disperata, se – come ha scritto ieri Il Messaggero – il governo Meloni accarezza l’idea di procedere con un’azione di responsabilità contro gli ex vertici di Acciaierie d’Italia, la società, ora in amministrazione straordinaria, controllata da ArcelorMittal (in maggioranza) e dalla pubblica Invitalia.
Nel mirino c’è in particolare l’amministratrice delegata Lucia Morselli, che fu scelta nel 2019 dal colosso franco-indiano proprio per fare la guerra al governo: c’era il Conte 2 all’epoca, ma gli scontri sono proseguiti anche sotto Draghi e Meloni. Il risultato è che la fabbrica oggi è moribonda. L’ex Ilva di Taranto, dicono i numeri e i sindacati, è praticamente ferma e, di conseguenza, lo sono anche gli impianti ex Ilva del Nord Italia, a partire dai due in Liguria: si va avanti con robuste dosi di cassa integrazione e iniziative estemporanee come la lettera che l’azienda ha spedito qualche giorno fa ai responsabili dei reparti chiedendogli di ridurre “al minimo indispensabile” il personale tra il 25 aprile e il 1° maggio, “gestendo le relative assenze mediante l’utilizzo di ferie, permessi o altri istituti applicabili”.
Al momento a Taranto è in funzione solo l’altoforno 4, ma viaggia a scartamento ridotto: proiettato sull’anno, l’attuale ritmo della produzione a Taranto – ha scritto (non smentito) Il Sole 24 Ore una settimana fa – porta a un risultato di 1,3 milioni di tonnellate di acciaio prodotte in 12 mesi, il 20% dei 6 milioni di tonnellate necessarie al sistema ex Ilva per viaggiare a pieno regime.
Per il futuro, tutto è appeso al piano che i tre commissari governativi (Giancarlo Quaranta, Giovanni Fiori e Davide Tabarelli) hanno stilato dopo essere effettivamente entrati negli impianti: una delle lamentele del governo, infatti, rispetto alla gestione Morselli era anche l’opacità nella gestione delle informazioni finanziarie e industriali. Ora serve in tempi brevi il via libera Ue al prestito-ponte da 320 milioni, poi circa il doppio in investimenti sulle fabbriche, ovviamente tornando a produrre di più: aumentare la ghisa in uscita dall’altoforno 4, poi riaccendere nell’ordine gli altoforni 2 e 1 per arrivare a cinque milioni di tonnellate di acciaio prodotte nel 2025 e a sei entro il 2027.
Non è finita. Nel frattempo va pure portata a termine la gara per individuare il socio industriale: nella data room del ministero sono entrati la cremonese Arvedi, gli ucraini di Metinvest, gli indiani di Vulcan Green Steel (Jindal) e di Steel Mont.
È con loro che Ilva dovrà avviarsi alla produzione di acciaio da forno elettrico, meno inquinante: 4 milioni di tonnellate, che in prospettiva si aggiungeranno ai due milioni da produrre con altoforno tradizionale. Questo sempre che la “grave violazione dell’accordo di investimento”, denunciata da Mittal quando il governo ha messo Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, non trovi udienza in un tribunale. Forse per questo arriva il pizzino dell’azione di responsabilità contro Morselli & C. Qualche risposta potrebbe arrivare domani: i sindacati sono convocati a Palazzo Chigi per fare il punto della situazione.