la Repubblica, 28 aprile 2024
Itervista a Mahmood
Dopo una pasta alla vodka, raggiungiamo l’incappucciato Mahmood, alias Alessandro Mahmoud, in pieno “European Tour”: 17 date nelle maggiori città europee praticamente tutte sold out per il 31enne cantautore italiano. «È una grande energia. Imparo sempre tante cose quando canto all’estero».Per esempio?«È una prova di maturità, di sopravvivenza. Impari a dosare le energie. Serve autocontrollo, soprattutto nei primi concerti: dare sempre il 100% ma senza mai risentirne nei giorni dopo».Il concerto più bello?«Sempre l’ultimo. Perché è quello che mi ricordo meglio. Quelli vecchi non li rivedo mai».E tra poco anche il concertone del primo maggio a Roma.«Sono onorato di parteciparvi per la prima volta. È una grande occasione per sensibilizzare e ricordare i diritti dei lavoratori».L’Italia è in un momento storico particolare. Lei si sente rappresentato?«Non giudico l’Italia, perché è il mio Paese. Le voglio molto bene, perché mi ha dato tutto. Dire che non mi rappresenta sarebbe come sputare nel piatto dove ho mangiato».A luglio e agosto, ci sarà pure il suo “Summer Tour” nei festival italiani e, in autunno, una tournée nei palazzetti, con doppia data al Forum di Milano e tappe anche a Firenze, Roma e Napoli. Ma dopo un simile successo all’estero, scriverà anche in inglese?«Sullo spagnolo ci sto lavorando da un po’. Appena finisce il maxi tour mi ci metterò, sono molto curioso. Ma quest’ultimo album, Nei letti degli altri,dovevo scriverlo in italiano. Vi ho dedicato un anno e mezzo».Disco d’oro, con il singolo “Tuta Gold” triplo disco di platino, è questo il suo album più intimo?«Sì, è quello più empatico. E più maturo a livello emotivo. Al terzo disco, c’è anche maggiore attenzione, per esempio sulla produzione vocale, nei dischi precedenti curata un po’ meno. Bisogna sempre alzare la qualità. E crescere».Lei è cresciuto ancheemotivamente?«Sì».Ossia affronta meglio i sentimenti?«Sì, nel relazionarmi con le persone.Finalmente mi sono aperto. In passato, tendevo a chiudermi molto di più.Nei letti degli altriè stata l’opportunità di raccontarmi in maniera più dettagliata e soprattuttopiù sincera. Prima i lati negativi cercavo di nasconderli. Adesso, invece, butto proprio tutto nelle mie canzoni».Essere più sinceri rende più felici?«Sicuramente. Mentire a se stessi può creare degli scompensi, come mi è accaduto in passato. Uso la scrittura come autoanalisi. Questo disco mi è anche servito a questo: svelo lati di me segreti, scrivo cose che penso ma non dico mai».E si sente meglio?«Sì. Anche se mi vergogno un po’ a far sentire le mie canzoni a persone che conosco. Perché a volte scopronomiei lati nascosti».Difatti le sue canzoni sono intrise di malinconia.«È vero. Ma mi piace sempre lasciare un risvolto positivo, una speranza.TipoStella cadente: si perde un genitore che ti ha insegnato tanto, però alla fine quella cosa ti rende anche uomo. È il succo di quest’album».L’arte arriva con il dolore?«Il dolore aiuta. Per me, la felicità può essere raggiunta solo attraverso un percorso doloroso».Ma questo è il momento più felice della sua vita, o della sua carriera?«Non lo so. Al momento sto bene, sono felice. Ma spero che al momento più felice della mia carriera ci debba ancora arrivare, altrimenti mi sparo».Come si immagina tra 5-10 anni?«Ogni tanto mi immagino morto».Come morto?«Non lo so. È una sensazione. Brutta, ve’? Speriamo di no. Però non mi sento ancora a metà del mio percorso. Ho tanti progetti in mente».«Trasferirmi un po’ in America. Per scrivere lì con produttori nuovi… voglio lavorare con gente e in ambienti diversi». Cosa può trovare in America?«Non ne ho la più pallida idea. Ci devo andare».Che rapporto ha con la fama?«Non ho avuto grandi sbalzi, la vivo in maniera tranquilla. La mia fortuna è che il successo è arrivato a 27 anni, quando hai già una testa diversa, più matura. E poi una figura come mia madre mi ha aiutato moltissimo a gestirmi. Non so se la musica sia un mondo sano oggi: ma io cerco di non farmi influenzare dai cambiamenti intorno a me. La cosa più importante è essere sinceri con se stessi».Quando prova l’ispirazione più alta?«In Sardegna. Lì mi viene sempre da scrivere. È il posto dove rilasso la mente».La regione di sua madre.«Sì. Ma non ci deve essere nessuno per scrivere, la mattina presto, prima di andare al mare».Come cerca di migliorare se stesso?«Dovrei leggere di più. Ma ultimamente mi sto dedicando soltanto alla serie One Piece su Netflix. Però devo finirla. Sono all’episodio 994».E perché le piace cosi tanto?«Ho sempre avuto una grande passione per il mondo giapponese e per i manga. Sono proprio fissato.Eppure in Giappone non ci sono mai stato. Sarà il mio prossimo viaggio».Cosa fa quando non scrive, non lavora e non è in tour?«Mi piace viaggiare, vedere posti nuovi. L’anno scorso ho avuto la fortuna, in un momento di stacco, di andare a Lisbona, e poi in Brasile.Soprattutto Rio de Janeiro mi ha aperto la mente, perché è come un universo parallelo: lo stile di vita rilassato brasiliano, un cielo diverso, un mare diverso… era tutto diverso».Lei si innamora facilmente?«Io non mi innamoro mai. E se sono innamorato, non lo so neanche io.Sono un po’ complicato a livello sentimentale. Sto cercando di capire quali sono i miei dossi, i miei blocchi.Ci sto lavorando».Ma lei non si è mai innamorato?«A 16 anni, o a 18, credo di sì. Poi non più. Perché l’innamoramento si è trasformato in qualcos’altro, e ho iniziato ad avere un diverso approccio al sentimento».Abbiamo parlato molte volte di suo padre che l’ha abbandonata da bambino. Ma a lei un giorno piacerebbe essere padre?«Ammetto che ci sto pensando, da un po’. Forse sì, forse no. Intanto vorrei un cane. Ma sono sempre in giro».