Corriere della Sera, 27 aprile 2024
La strategia di Salvini per attrarre voti «nuovi»
MILANO Se si deve dar retta ai malumori, dichiarati o tenuti strategicamente coperti, per Roberto Vannacci la vera sfida sarà portare voti nuovi alla Lega, cioè di elettori che di norma indirizzano altrove le loro scelte, perché tra i leghisti duri e puri l’appeal del generale non pare così forte. Dal Veneto al Piemonte passando per la Lombardia, c’è un magma ribollente insofferenza per una candidatura che Matteo Salvini ha voluto a tutti i costi. Compreso quello, visto che i posti saranno pochi vista la discesa dal 34 per cento del 2019 all’8 per cento possibile del 9 giugno, di lasciare a casa un fedelissimo per offrire un diritto di tribuna ad una figura che ha idee e posizioni, per stessa ammissione del segretario, non sempre condivise.
C’è chi lo dice apertamente, come da settimane ormai il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, o come ha fatto ieri, intervenendo a Un giorno da pecora su Rai Radio 1 il presidente del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga: «Voterò gli uomini e le donne del territorio». Un modo elegante per escludere Vannacci dal proprio voto di preferenza. Perché, come osserva il tribunizio assessore regionale veneto Roberto Marcato, «non c’entra niente con la storia della Lega». Luca Zaia non parla, ma il suo silenzio, unito alla scelta di non cimentarsi nella competizione europea, fa più rumore di una dichiarazione. Come potrebbe, lui che da tempo mostra grandi aperture sui temi dei diritti civili sfidando anche alcuni dogmi del primo pensiero leghista, camminare al fianco di un uomo d’ordine come Vannacci che nel suo famoso primo libro ha espresso giudizi oltremodo tranchant su tendenze sessuali e integrazione di cittadini stranieri?
«Vannacci può professare tutte le idee che vuole – osserva uno di quei parlamentari che dissentono a microfoni spenti – ma perché deve farlo rubando un posto ad uno dei nostri? Poteva farsi una sua lista». Proprio l’esatto di ciò che pensa Salvini, convinto che far leva sulla figura del generale possa far arrivare alla Lega voti di elettori moderato-conservatori che altrimenti sarebbero andati a Fratelli d’Italia o a Forza Italia (c’è un tema di concorrenza interna alla coalizione) o magari rimasti nel limbo della astensione. Per attenuare il malcontento, che sicuramente percepisce ma a cui non vuole attribuire peso, il leader ieri ha chiarito che Vannacci sarà capolista solo nella circoscrizione dell’Italia centrale, mentre nelle altre quattro (salvo sorprese dell’ultima ora) sarà candidato in posizioni diverse. Fatto salvo che con il sistema delle preferenze non è fondamentale aprire la lista.
A suo modo, comunque, quella è una indicazione che può far immaginare che Salvini conti di fare il pieno tra Lazio e Toscana (dove pure Vannacci rischia di superare la fedelissima eurodeputata uscente Susanna Ceccardi). Nelle due circoscrizioni del Nord, Est e Ovest, per il generale la raccolta delle preferenze sarà più faticosa se perfino due esponenti di primo piano del vertice leghista come i capigruppo alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, di norma rigidamente allineati, hanno avuto modo di dire in diverse circostanze che il loro voto alle Europee andrà a chi, a differenza del generale che ostentatamente non è interessato ad averla, vanta una tessera della Lega in tasca. «La precedenza ai militanti» è il minimo comun denominatore condiviso da Torino a Venzia, da chi ha cariche istituzionali o ruoli nel partito come dai semplici elettori.
Ora tutti gli occhi sono rivolti a quando si apriranno le urne, il 9 giugno. Lì si vedrà se la sfida, per alcuni l’azzardo, di Salvini avrà dato risultati portando ad una crescita della Lega. O se, nonostante il soccorso vannacciano, il trend discendente non si sarà arrestato. Con tutto ciò che ne potrà discendere per gli equilibri interni.