Domenicale, 21 aprile 2024
Come si mangia al Four Seasons di Firenze
I luoghi comuni sui ristoranti degli hotel cinque stelle, sono di piatti lussuriosi, ricchi di caviale, ostriche, di salmone selvaggio, di gambero blu della Caledonia, di granchio reale rosso; insomma di solo fumo negli occhi. Ci sono anche le eccezioni che confermano la regola, come al Palagio, ristorante del fascinoso hotel Four Seasons di Firenze. Di certo il palazzo della Gherardesca, che ha nel parco secolare, il suo cuore pulsante, dentro la città, di primo acchito, può far pensare appunto ad una cucina impreziosita da coriandoli e cotillon. Questi pensieri al Four Seasons svaniscono immediatamente davanti ad un servizio semplice ma professionale e, soprattutto da una prima lettura del menu.
Lo chef Paolo Lavezzini, emiliano di origine, pur avendo esperienze in giro per il mondo (a Parigi con Angelo Paracucchi) ha cercato proprio in Toscana molti prodotti per alcuni suoi piatti importanti, come l’orzotto biologico della Garfagnana, astice (unica concessione al lusso) e nervetti di vitello, il succulento agnello del Casentino (del bravissimo macellaio Fracassi di Rassina) ceci, cime di rapa, yogurt di pecora.
Anche i gustosi spaghetti al germe di grano, ricci di mare, olio aromatizzato al pino e tartare di gambero rosso, sono made in Toscana, del pastificio Morelli.
Lo chef Lavezzini cucina in maniera leggera, piena di sapori armoniosi e delicati e, senza rincorrere la moda del «vegetale», i suoi piatti sono ricchi di verdure: sedano, sedano rapa, carciofo, cime di rapa, offerti in maniera originale come l’eccellente risotto con carciofi, marmellata al limone, aglio e prezzemolo o il carciofo ripieno all’uovo gratinato crema dei suoi gambi e formaggio scoppolato di Pedona.
Così anche il delizioso (e bello alla vista) millefoglie, melograno e mandorle, per cominciare la cena o il cremoso alla cannella sedano e mele cotte e crude per finire sono ricchi di vegetali. Pure l’animella alla milanese è contornata di rapa bianca, mela rossa e radicchio.
Una scoperta poi è stato anche il vino, che mi ha proposto l’attento e preparato sommelier, un pinot nero, elegante e vivace della Tenuta Abraham. non di certo un’etichetta blasonata. Così è se mi piace