Domenicale, 21 aprile 2024
Su Laszlo De Simone
Andrea Oliviero Laszlo De Simone Saccà, autodidatta classe 1986, è il cantautore che aspettavamo, senza aspettarcelo. Poco più di dieci anni di attività fuori dal circuito mainstream (social, tv, radio) gli hanno permesso di mantenersi lucido e creativo. Tant’è che Laszlo De Simone ha vinto il prestigioso Premio César (edizione 49esima) per la miglior colonna sonora originale del film roussoviano The animal kingdom (Le règne animal) di Thomas Cailley, lo scorso anno in anteprima a Un Certain Regard a Cannes. Il film, sostenuto da immagini potenti e da una sceneggiatura all’altezza, è una favola ecologica sulla metamorfosi dell’essere umano nel mondo.
Lui, Laszlo, è il primo italiano ad ottenere il riconoscimento francese. Ascoltando colonna sonora e sound design del dramma fantastico appare con spietata evidenza la differenza tra chi (lui) scrive avendo cultura musicale e chi fa lavorare l’algoritmo, o gli uffici stampa. Per comporre in questo modo – fresco e libero – bisogna saper rischiare. De Simone ha fatto una piccola rivoluzione: non perché la sua musica sia del tutto nuova: nel Règne animal ci sono tre decenni di canzone d’autore francese e italiana (da Battiato alla Scuola romana, fino a Vasco Rossi), la scena berlinese e il French touch dell’elettronica. E tanto altro. La rivoluzione sta nell’approccio alla composizione, che qui non è una somma, ma la moltiplicazione di un unico leitmotiv apparentemente semplice, eppure ricchissimo di colore e atmosfere. C’è qualcosa, in queste atmosfere, che richiama da molto vicino la musica di Satie e Debussy e il variété francese degli anni ’60 (Dalila, Gainsburg). E poi De Simone maneggia con cura quella cosa che fa di un soundtrack – che è una sorta di juke boxe di un film – una vera colonna sonora, ossia il sound design. Che qui è parte dell’architettura musicale e si fonde a sua volta con l’audio ambiente (strepitoso) del film. Il Cabinet des merveilles di De Simone è l’Ecce Homo Studio a Torino, dove il polistrumentista e autore compone, immagina e assembla idee e suoni in cui c’è tutto: pop, folk, beat, doo-wop, ombre psichedeliche, suoni elettronici e cameristici. Musica post-moderna, da fine della storia. Molto francese, molto esistenzialista, molto anni 60 declinato al futuro. Un viaggio ontologico e tridimensionale, scritto e suonato come un piacevole saggio sonoro – non solo questo score, ma anche Uomo Donna del 2017 – da ascoltare leggendo, a titolo di esempio, Métamorphoses (Rivage, 2020, in Italia per Einaudi), l’essai onto-ecologista del filosofo Emanuele Coccia. Stessa provenienza (la provincia), stesso destino (italiani celebrati in Francia e molto meno considerati in Italia), stessi colori, stesse atmosfere e medesimo rifiuto per il rumore generato dal mondo prêt-à-porter del tutto uguale.