Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  aprile 21 Domenica calendario

Biografia di Heinrich Tessenow

L’incessante e metodica attività dell’architetto tedesco Heinrich Tessenow (1876-1950) è sostanziata dalle sue Osservazioni elementari sul costruire – per citare un suo testo del 1916, reso noto in Italia dalla fortunata edizione del 1974, tradotta da Sonia Gessner e curata da Giorgio Grassi – e dalla conseguente elaborazione tipologica ed espressiva, che lo porta a ricercare dei principi generatori della forma architettonica a fondamento di un nuovo ordine, affine a una archetipica nozione costruttiva più che a un qualsivoglia principio di regionalismo o classicità.
Apprendista carpentiere nell’impresa del padre, completa la sua formazione di architetto alla Technische Universität di Monaco (1902); durante la Repubblica di Weimar diventa membro del Deutscher Werkbund; alla fine degli anni 10 si impegna nell’organizzazione della città-giardino di Hellerau, per diventare poi docente alla Technische Hochschule di Berlino (1926), dove mantiene l’incarico fino al pensionamento (1941), grazie alla protezione, non richiesta – come spiega bene il bel saggio di Hartmut Frank nel volume – del suo ex allievo Albert Speer (1905-1981).
Mentre quest’ultimo celebra col gigantismo fuori scala di un’abbacinante classicità le folli aspirazioni, non solo architettoniche, di Hitler e Ludwig Mies van der Rohe (1886-1969), prima di abbandonare definitivamente la Germania nel 1939, tenta ripetutamente di ottenere delle commesse dal Nazismo, Tessenow, in disparte, continua la sua ricerca che solo episodicamente, e sempre con la mediazione di Speer – il cui sforzo e quello di investirlo del ruolo di precursore – si confronta con il Terzo Reich. È il caso di un capolavoro che rimane sulla carta, antiretorico – come del resto era l’architettura di Tessenow – e seppure sviluppato a scala territoriale, modesto, e dunque neppure preso in considerazione dal Führer. Si tratta del progetto di concorso per la colonia balneare della KdF – Kraft durch Freude (forza attraverso la gioia), un’organizzazione ricreativa controllata dal governo – a Rügen (1936). La proposta di Tessenow prevede una serie di padiglioni immersi nella vegetazione, che si sviluppano lungo il litorale, e una grande sala centrale per le feste, costituita semplicemente da una copertura piana, sorretta da sottilissime colonne libere, senza base e capitello, quasi dei pilotis, alte trenta metri, più fitte sul perimetro e assenti al centro. Un grande portico aperto, con gli esili sostegni che si sarebbero confusi con i tronchi della foresta che lo circondava.
Perduta è anche una precedente opera seminale di Tessenow, questa volta di più piccole ma non trascurabili dimensioni: la casa con atelier realizzata vent’anni prima per Heinrich e Mabel Böhler a Oberalpina (1916-18), presso St. Moritz. Qui il perfetto impianto cartesiano della planimetria interna, con cardo e decumano, è avvolto da un perimetro poligonale irregolare, nel quale sono scavate la loggia di ingresso e quella panoramica sul fronte opposto, sorrette da esili colonne in larice che paiono anticipare quelle per il progetto della colonia Kdf. Anche la copertura a falde si sviluppa in maniera sorprendente, con forti asimmetrie, che concorrono a far percepire l’edificio come un’entità autonoma ma volumetricamente affine al paesaggio che la circonda. E se non è pertinente avvicinarla alle suggestioni espressioniste – Die alpine Architektur di Bruno Taut (1880-1938) uscirà proprio nel 1919 – appare senza dubbio sorprendente non solo nella produzione di Tessenow ma anche nel contesto di tutta l’architettura, tedesca e internazionale, del periodo. La straordinaria opera verrà demolita brutalmente nel 1989 dall’industriale della birra Alfred Heineken, che aveva manifestato la sua intenzione di distruggerla all’inizio degli anni 80, ancora prima di acquistarla, con il precipuo scopo di obliterarla dalla vista della sua attigua abitazione.
E ben poco, quasi nulla, se non degli amabili resti raccolti e fotografati nel volume da Martin Boesch, rimangono della Landesschule di Klotzsche a Dresda (1925-27), occupata dal maggio 1945 dalle truppe dell’Armata Rossa per i successivi quarantasette anni. Periodo durante il quale il grande complesso a padiglioni, anche in questo caso con alti portici retti da sottili pilastri, non solo rimane inaccessibile, ma viene negata la sua esistenza e di fatto, quando finalmente viene sgombrato nel 1992, tre anni dopo la caduta del muro di Berlino, ben poco rimane degli edifici di Tessenow.
Più fortuna avranno la Scuola Dalcroze (1910-12), nella già citata Ellerau, sopravvissuta, seppure alterata, a differenti destinazioni e occupazioni, con lo scarnificato frontone triangolare su pilastri del Festspielhaus – ben noto ad Aldo Rossi – che insieme alla piscina Stadtbad Mitte a Berlino (1930) ci consentono di visitare ancora oggi le opere di Heinrich Tessenow per apprezzare l’apparente semplicità e il rigore senza tempo della sua architettura.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Martin Boesch (a cura di)
Heinrich Tessenow
Mendrisio Academy Press-Silvana Editoriale, pagg. 530, € 90