Il Messaggero, 26 aprile 2024
Diabolik torna in liberia
Un giallo mai risolto, un assassino a piede libero. E un libro “maledetto”, che di quell’omicidio fu (presunta) ispirazione, scomparso dalla circolazione e diventato per anni introvabile. Almeno fino a oggi, con il ritorno in libreria grazie a Nova Arte in una versione rinnovata, con appendici e approfondimenti – di Diabolic (uccidevano di notte) del romano Italo Fasan, giallo del 1957 che si porta dietro, a distanza di oltre sessant’anni, più di un mistero. Il primo, più “pop”, riguarda il nome “Diabolic”, ovvero lo pseudonimo con cui l’assassino del romanzo firma le lettere inviate alla polizia: un nome che, leggermente cambiato (la “k” al posto della “c” finale) tornerà nel 1962 a battezzare il protagonista del famoso fumetto delle sorelle Giussani trasformato di recente in una trilogia cinematografica dai fratelli Marco e Antonio Manetti (stasera su Rai 2 il primo capitolo, Diabolik, alle 21,20). LA POLIZIA«Il personaggio del fumetto, come il serial killer immaginato dal nonno, è un criminale intelligente e ambizioso», ricorda il nipote di Fasan, Gabriele, «ma non è possibile provare in alcun modo l’ispirazione. Nonno non disse mai nulla delle Giussani, ed essendo anche un vignettista sicuramente conosceva il loro fumetto. Ma era una persona schiva, per nulla interessata al successo personale. Invece raccontava con gusto, ridendo, quando fu chiamato dalla polizia per il “caso” di Torino». Il “caso” di Torino, ovvero l’omicidio dell’operaio Fiat appena ventenne, Mario Gilberti, trovato morto il 15 febbraio 1958 nel capoluogo piemontese. Steso nel suo letto, il volto sfigurato dai colpi di un trincetto, un lembo del cappotto schiacciato in bocca. Appesa al pomello della porta di casa una lettera con una frase, “Riuscite a trovare l’assassino?”, e una firma a siglare l’atroce delitto: “Diabolich” (con l’acca finale). «Sia nonno che l’editore, Gianni Boselli, vennero interrogati dalla polizia», racconta Fasan. IL TORMENTONEL’assassino aveva letto il libro: ne prendeva in prestito lo pseudonimo, il movente (la vendetta: disse di essere un ex commilitone di Gilberti), il vezzo di scrivere lettere alla polizia piene di indizi (ne spedì otto). Battezzato dalla stampa “Il Fantômas degli operai”, non fu mai arrestato: il delitto di via Fontanesi però diventò un tormentone di cronaca nera che certo non sfuggì alle sorelle Giussani. Le due donne, del resto, attribuirono fin da subito l’ispirazione per il loro famoso criminale proprio al Fantômas francese: Angela Giussani raccontò di averne trovato in treno una copia dimenticata su un sedile, e di aver cominciato a pensare da quel momento a suo un omologo italiano. Mancava solo il nome.IL SUCCESSOIl libro di Fasan, che in prima edizione pubblicato con lo pseudonimo di Bill Skyline – non aveva raccolto particolari consensi, fu ristampato: subito dopo l’omicidio “Il giallo di cui si è parlato in occasione del delitto di Torino”, recitava la nuova copertina. All’interno c’era un commento del curatore Dino De Rugeriis, “L’assassino non ha letto l’ultimo capitolo”, in cui un po’ come avviene oggi con le serie o le fiction “crime” – si difendeva il romanzo giallo, allora popolarissimo, dall’accusa di “traviare” le menti dei lettori.IL FENOMENODel libro di Fasan, fino a oggi, esistevano solo due copie, appartenenti alla collezione di un privato novantenne. Gialli come Diabolic erano prodotti di consumo, firmati con pseudonimo anglofono e pubblicati in fretta e furia dalle piccole case editrici romane – dal 1955 al 1960 solo a Roma nacquero 55 collane poliziesche – che avevano fiutato l’interesse del pubblico per il genere. Al ritmo di due romanzi al mese (il più prolifico, Renato Carocci, ne pubblicò 126 in sette anni), schiere di scrittori si cimentavano con il genere, in cambio di una paga di circa 50.000 lire a romanzo. Lo stesso Fasan dopo Diabolic pubblicò altri quattro gialli, prima di dedicarsi alla scrittura di sceneggiati Rai e film, oltre che alla carriera di cronista di nera e vignettista per Paese Sera e Il Tempo. IL CINEMADi quell’ondata del “giallo romano” restano le tracce nel cinema di genere che prodotto dagli anni Sessanta in poi in Italia, con molti dei giallisti “riconvertiti” a sceneggiatori: lo stesso Fasan firmò la serie tv Rai anni Settanta All’ultimo minuto, girata da quel Ruggero Deodato che avrebbe dato vita, nel 1980, al cult Cannibal Holocaust. Altri tempi. «Il serial killer di Torino sparì senza commettere altri omicidi, e il caso, dopo un po’, si sgonfiò», ricorda il nipote. «Mio nonno passò a scrivere altro e non se ne parlo più. Quando ci ha chiamati la casa editrice, nessuno di noi parenti aveva una copia del libro. Però in famiglia si diceva da sempre, come una specie di leggenda: “Lo sai che il nonno ha ispirato Diabolik?"».