il Fatto Quotidiano, 25 aprile 2024
Intervista a Walter Siti
I figli sono finiti, in libreria per Rizzoli, è il nuovo romanzo di Walter Siti, “quello dello Strega sulla finanza, che come sai è frocio” (pag. 135). Due i protagonisti, dirimpettai nella Milano divorata da una “lebbra festaiola e glamour”. Da una parte Augusto Meschiari, professore settantenne, vedovo del proprio compagno e trapiantato di cuore; dall’altra Astore Guidotti, ventenne orfano di madre e figlio di un giornalista, che dopo una notorietà social come “nichilista malinconico” si reclude in casa. Il professore è prigioniero di un “desiderio che sopravvive al corpo” mentre il giovane è convinto che “le macchine saranno la nuova coscienza del mondo”. Due generazioni – l’una in mezzo alle macerie, l’altra nella bolla virtuale – che Siti, convinto che la lingua riveli le nostre miserie, restituisce con orecchio formidabile, suggerendoci che metaverso e inautenticità dei sentimenti siano l’uno il carburante dell’altro.
Il prof. Augusto “non ha mai avuto fame e sete di giustizia”, è insensibile ai bambini sordociechi, prova attrazione per i fratelli assassini Bianchi… Il cinismo è un vizio o una virtù?
Il cinismo è un vizio: più perdonabile quando è privato come per Augusto, più grave se diventa collettivo perché allora è una profezia che si autoavvera. Può essere visto come una virtù solo quando serve a salvarci da un’eccessiva dose di retorica.
Nel romanzo gli ideali franano dinanzi alla realtà. La “sua” sinistra sembra non avvedersene. Alla segretaria Pd Schlein non risparmia punture di spillo.
Con questa destra mi sento quasi costretto a sentirmi di sinistra. Ma talvolta i gesti politici di Schlein mi appaiono oscillanti tra populismo e nostalgia. La stupidità del revanscismo di destra e la sua ansia di censura impediscono anche alla sinistra di cercare strade nuove.
“I figli sono finiti”: chi ha colpe?
“I figli sono finiti” è una boutade che nasce dal sempre più basso tasso di natalità e dall’ipotesi che a breve si potranno ricavare ovociti e spermatozoi artificiali, per cui ci saranno creature umane ma non “figli”. Non penso che “le donne non abbiano futuro” ma che, anzi, siano soggetto di una rivoluzione dagli esiti imprevedibili. Augusto è misogino, ma è un’altra faccenda.
Tra “Europa Rsa del mondo” e i conflitti in Ucraina e in Israele, si legge che il denaro è l’unico valore senza cui non potremmo mantenerci sensibili allo spirito.
C’è sempre voluto denaro per essere “sensibili allo spirito”: aver bisogno dell’immateriale è tipico anche dei poveri, ma la “sensibilità” è per lo più un vanto di classe.
Il professore va a letto con gli escort mentre il giovane fa sesso virtuale al pc: il desiderio non se la passa molto bene in questa che “non è l’epoca della sincerità.”
Il desiderio sta annaspando di fronte alla trasformazione dei corpi in stereotipi virtuali; gli escort 2.0 si considerano “imprenditori di se stessi” e cercano di adeguarsi a standard internazionali; se al corpo si sostituisce progressivamente l’immagine del corpo, allora l’essere “in presenza” diventa secondario anche nel sesso.
Nel romanzo fanno capolino i trapper con testi spesso all’insegna della violenza, così come TikTok è la speranza di chi vuole fare delle “proprie stronzate una professione”.
Ho scelto testi di rapper che sfuggissero al “petrarchismo nero” oggi di moda, mentre effettivamente chi colleziona like sui social è visto come un decerebrato e il mio protagonista attraversa quel mondo per lasciarselo presto alle spalle. Non importa che i giovani siano una speranza per i vecchi, ma che abbiano speranze inaccessibili ai vecchi.
“La letteratura è un mito in scadenza”. E lo Strega? In dozzina c’è Valentina Mira: antifascismo come marketing?
Non ho letto il libro. È un peccato che per giudicare un romanzo le polemiche suscitate contino più del valore letterario. L’antifascismo è una cosa seria: bisogna vigilare affinché la libertà di parola e di pensiero non diventi uno straccio bagnato che ci si getta in faccia in una commedia delle ripicche.
In Rai Scurati non ha potuto pronunciare il suo monologo sul 25 Aprile.
Mi pare un caso in cui i seguaci hanno voluto essere più realisti della regina, facendo diventare virale un testo che avrebbe avuto una diffusione limitata. Non è la prima volta che il ceto dirigente su cui si appoggia Meloni si dimostra poco all’altezza.
Davvero questo è il suo ultimo romanzo?
Sì, davvero.