Il Messaggero, 25 aprile 2024
IL CASONAPOLI Brand sì, brand no. Gli eredi di Totò, per effetto dell’ordinanza cautelare del Tribunale di Torino, possono bloccare l’utilizzo clandestino del nome e ora arriva l’ufficialità: Totò diventa un marchio registrato che impone a locali, ristoranti e pizzerie di fare dietrofront e cancellare da insegne, menu e tovagliette citazioni e poesie dell’artista
IL CASO
NAPOLI Brand sì, brand no. Gli eredi di Totò, per effetto dell’ordinanza cautelare del Tribunale di Torino, possono bloccare l’utilizzo clandestino del nome e ora arriva l’ufficialità: Totò diventa un marchio registrato che impone a locali, ristoranti e pizzerie di fare dietrofront e cancellare da insegne, menu e tovagliette citazioni e poesie dell’artista. A Napoli la questione è divisiva, il principe De Curtis è l’emblema della città e della sua arte. «Siamo sicuri che lui avrebbe voluto mettere sotto chiave la sua produzione culturale?», si chiede lo scrittore Maurizio de Giovanni. Che aggiunge: «Bloccare i suoi meme, le citazioni, i film è gravemente limitativo dell’espressione della nostra identità. Ovvio che ci sia un discorso commerciale, ma dire a un pizzaiolo di non usare l’immagine di Totò mi sembra una sciocchezza. Significa non farlo arrivare alle nuove generazioni, che già non guardano i film antecedenti agli anni ’90, non vanno a teatro e non conoscono A livella».
ROYALTIES
Totò sui murales della città in cui è nato, ma anche nel resto d’Italia. Totò che ispira dolci, pizze e piatti da un capo all’altro dello Stivale. Totò che diventa l’insegna di ristoranti, trattorie e pizzerie in ogni dove. «Parliamo di un personaggio di dominio pubblico, notorio, la cui evocazione ha un’immediata presa sul pubblico e una corrispondente e potenziale valorizzazione economica. Si profila dunque lo sfruttamento commerciale di un nome che ha assunto rinomanza assoluta, tant’è che il Tribunale di Torino parla di illecito», sottolinea il professor Fabrizio Vismara, docente di Diritto internazionale e responsabile del Contenzioso dello studio Squire Patton Boggs. Più complicato, aggiunge, impedire che circoli il vino A livella, come la sua celebre poesia, o obbligare i gestori dei locali a staccare i suoi poster dalle pareti: «Un conto è l’utilizzo delle immagini di un personaggio pubblico, altro l’uso del suo nome. In questo caso il cliente abbina servizio e prodotto a Totò». Come si risolve il contenzioso con i ristoranti? «Pagando le royalties – spiega Vismara – In questo modo si riconosce la privativa, cioè la proprietà del nome da parte degli eredi». Determinati a tutelare il nome del principe De Curtis. «Sono contenta che Totò diventi un marchio – dice Marisa Laurito, direttore artistico del Teatro Trianon Viviani – perché lo vedevo dappertutto. Non è corretto che il nome di un uomo di spettacolo e, in questo caso, di tale prestigio, venga utilizzato in pubblicità che si vedono ovunque». Per lo scultore Lello Esposito «esistono i diritti d’autore e quindi la famiglia ne ha la responsabilità, tanto più di un uomo straordinario qual è stato lui. Ma vale per ogni forma d’arte». Per l’artista «l’atteggiamento dei familiari serve a moderare l’utilizzo eccessivo di un’immagine che ha raccontato un’epoca e una città e che va tutelata da speculazioni commerciali».
A sostegno della famiglia de Curtis anche Gaetano Liguori, direttore artistico del Teatro Totò, storica sala nei vicoli a ridosso di via Foria: «Premesso che la vicenda riguarda attività diverse dalla nostra, noi ricordiamo Totò da trent’anni. Siamo stati autorizzati da Liliana, che venne all’inaugurazione e, in occasione dei vent’anni di attività, dalla figlia Elena. La loro è una giusta posizione, perché il nome di Totò va abbinato ad attività di alto spessore, non a cotolette e hamburger. La famiglia ha fatto bene – insiste Liguori – a mettere un freno a queste iniziative. Tanto per ricordare invece lo spirito di progetti nel nome di Totò, da trent’anni abbiamo un’accademia teatrale in un quartiere difficile che è un vero avamposto di cultura e legalità, dove recuperiamo tantissimi ragazzi sulle tavole del palcoscenico».
COME EDUARDO
Un parere tecnico arriva da Raffaele Cercola, docente di Marketing all’Università Vanvitelli: «Ciò che hanno fatto i familiari è correttissimo. Totò è un modus vivendi, non va sfruttato ma valorizzato. Oggi non è così: viene usato in tutte le salse. Giusta quindi l’idea che venga tutelato e controllato. Lo stesso vale per Eduardo De Filippo e Massimo Troisi». L’attore Benedetto Casillo propone la soluzione: «La pubblicità sui cartoni delle pizze, con immagini o frasi di Totò, potrebbe essere assoggettata a una quota di diritto, di cui una parte potrebbe andare in beneficenza a chi vive nei vicoli e ai cani che lui tanto amava. Totò resta il principe di tutti e noi siamo i suoi sudditi».